In alta val Varaita, nel comune di Sampeyre, nella parrocchia del Villar, è presente una parola che sembrerebbe utilizzata solamente in questa parte del comune. Si tratta della voce sulestrej che significa: farò ( Val Vermenanha, Jourdan, Macario et Alii; Elva, Bruna Rosso, Dao; Val Germanasca, Pons-Genre ), che è la parola più diffusa nelle Valli. Il vocabolario di Cima di Crosa ( Chiaffredo Rabo) dedicato alla parlata di Sampeyre riporta sia farò/ falò che sulëstrëi.
sulestrej è pure presente nel comune di Bellino: Bernard ( 1996), soulestrei “falò che si accende un po' ovunque nel giorno di S.Giovanni (24 giugno) con <uch>, canti e danze, forse nell'evocazione di un rito lontano rivolto alla fioritura dei pascoli e alla vita pastorale.” La voce non è più in uso nella valle di Ponte Chianale ma è conosciuta (inf. Lena Gertoux).
Tra il Villar di Sanmpeyre e il vallone di Bellino vi è il comune di Casteldelfino, l’antico Sant Eusebi. Qui la parola è conosciuta ma non utilizzata. La forma locale è: füek da ʤoje > fuec da jòias, calco sul francese feu de joie (inf. Alfredo Philip)
Dunque questa parola, nelle Valli, sembrerebbe essere presente solamente in alta val Varaita.
Nella vicina val Maira abbiamo in qualche località la voce fulastret “fuoco artificiale” [L’Arma, inf. Piero Demino]
Al di fuori dell’alta val Varaita la voce sembra completamente sconosciuta, tuttavia ebbe una discreta eco poiché adoperata come titolo di un giornale occitanista “ Lou Soulestrelh”, in seguito denominazione di una Associazione che editava la rivista Novel Temp, in seguito Lou Temp Nouvel.
La parola era stata proposta da Barba Tòni Baudrier, poeta occitano, che utilizzò la voce per il titolo del suo libro di poesie Solestrelh òucitan (1971) nella poesia La reis… nello stesso volume e nelle poesie Tot reven6 e Abrilanda7 .
Non sappiamo su quale base fonetica sia nata la forma in grafia alibertina solestrelh < sulestrej, che in val Varaita la fase λ < LJ lat. palja < PALEA , è ormai passata a j (y) = pajo < palha
La parola non è presente nei principali vocabolari occitani.
Barba Tòni ci disse che secondo lui la parola era il frutto dell’unione di due parole, sule [solem] + astre che darebbe origine ad una forma del tipo sulastre> sulestre. Restava tuttavia da spiegare la parte finale della parola– j (lh).
La formante -astra è conosciuta in lingua occitana. Tuttavia G.B. Pellegrini, Appunti.. sembra non conoscerla. Alibert, Gramatica.., pj 365 § 22 -Astre. -astra. Dal latin -ASTER. Suffisso di senso peggiorativo. Ex.: Filhastre, filhastra, mairastra, mentastre, pairastre, sorrastra.
Barba Tòni Baudrier pensava piuttosto alla parola aster = oc./fr.astre, it. astro. Decisamente una visione poetica.
Bisogna anche dire che la suffissazione in -estre esiste pure in lingua occitana, rara ma la troviamo Nella Drôme (Arnaud 1968), dove abbiamo aiguestre “ luogo umido dove l’acqua ristagna ”; in alta valle della Dora dove abbiamo kanejtre “ canestro”; in val Maira chabèstre “ capestro” ( Elva, Bruna Rosso) , pjanestre “ grande spazio pianeggiante ” (P. Demino, L’Arma ); val Cluson ʧabè:tre “capestro”, aná ën ʧampe:tre “andar per luoghi impervi”, prov. / it. campestre., fr. champêtre.
Tuttavia non possiamo considerare solestrelh un neologismo poiché nel Vivarés8 ritroviamo una forma praticamente uguale: solestre [ sulestre] che come a Sampeyre e Bellino è il fuoco di San Giovanni.
A Sant Pierre-Ville, nell’Ardeche, cittadina che si trova a monte di Privàs, vi era l’abitudine di preparare il solestre per San Joan: “ Mi ricordo che per san Giovanni una volta, a Villa, noi i ragazzi, ci pensavamo per tempo. Bisognava preparare il solestre, e questo era il nostro compito. Il giorno prima, andavamo a prendere dei rejanjes9, su per la montagna.10”
Il solestre corrisponde al nostro solestrelh, in tutto e per tutto. Questa parola in base all’Atlante del massiccio Centrale ( ALMC) 1667 Feu de berger, feu de la Saint- Jean è presente, sempre col senso di fuoco, al punto 7 St-Martin de Valamas e al Cheylard, St Jean-Roure, St Julien-la-Brousse, Arcens (P. Charrié, 1968). Come a Bellino vi era l’abitudine di saltare sul fuoco e in qualche luogo di far passare gli armenti sulle ceneri per proteggere gli animali dalla malattia dello zoccolo, delle unghie che nel mio parlare è definito la limaçòla, il javart ( Dufaud 1986) nel Vivarés. Le ceneri potevano combattere le cavolaie. I tizzoni del solestre, conservati nel camino, proteggevano la casa dagli incendi e dai fulmini. La notte di San Giovanni aveva qualcosa di magico e il giorno della festa era quello giusto per raccogliere le erbe medicinali.
Sicuramente si tratta di un rito solare ma a St Martin de Valamas il fuoco che si accende per bruciare il Carnevale porta lo stesso nome, chiaro segno che in questa località la parola solestre ha il valore generico del nostro solestrelh della val Varaita. Per tutti gli altri villaggi del Vivarés, tutti non lontani da San Martin de Valamàs, non sappiamo se per dei fuochi accesi in altre occasioni civili o religiose si utilizzi pure la parola solestre.
Sia solestrelh che solestre sono dei piccoli soli, accesi per aiutare quello del cielo a riprendersi.
P. Charrié ( pg 108), segnala che nelle “ Boutières, facevano rotolare dalla sommità delle montagne la sera della vigilia di San Giovanni delle ruote guarnite di paglia infiammata, simbolo del sole che percorre il cielo per cadere nel mare.”
Dal punto di vista fonetico, la nostra forma alpina presenta questa j < lh ? Finale, difficile da spiegare, forse dovuta all’influenza di sulej> solelh.
Una parola della nostra antica lingua, rimasta in due piccole aree dell’Occitania alpina.
Franco Bronzat
3 Lo Vivarés es la part auta dal despartiment de l’Ardecha, en faça praticament a Valença, adont la se parla una varietat de l’Occitan alpin.
5 Morcel de un conte de l’òbra de Loís Lextrait taut de la publicacion de l’Associacion “ Les amis de St-Pierreville”.
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