italiano

I popoli nativi sono sotto attacco in tutto il mondo e dove lo sono in misura più forte, anche l'ecosistema che li circonda è in grave pericolo. Nel loro caso, difendere una cultura e una lingua significa difendere un ecosistema. Valentina Musmeci ha condotto alcune ricerche fotografiche sui popoli nativi, sull'alimentazione delle renne e sul rapporto degli allevatori Sami con questo animale speciale, sulla pastorizia nelle valli dolomitiche e nelle riserve dei nativi americani. Per il Premio Ostana racconterà i suoi viaggi e le storie che ha incontrato.

I popoli nativi sono sotto attacco in tutto il mondo, dove lo sono in misura più forte, anche l'ecosistema che li circonda è un grave pericolo.

Dozzine di renne sono morte congelate quest'inverno nei boschi della Finlandia, la causa del congelamento non è stato il freddo ma la mancanza di cibo. Da diversi anni la deforestazione avanza a ritmo insostenibile e imprevedibile: si prendono alcune aree tracciando dei rettangoli sulle mappe all'interno di foreste antiche e si disboscano completamente. L'industria del legno rappresenta l'economia più importante della nazione, capace di passare sopra ai diritti dei popoli nativi Sami, unico popolo indigeno d'Europa, i veri allevatori di renne dell'artico europeo. Le loro conoscenze legate a tradizioni millenarie frutto dell'ascolto del territorio sono state discreditate e umiliate nei decenni. Il loro diritto alla pesca è stato sotto attacco negli ultimi tre anni, con un tentativo da parte del governo di cancellare la pesca tradizionale con le reti a nidi, più rispettosa, in realtà, della riproduzione dei salmoni nei fiumi artici.

Tutt’oggi in Messico i nativi indigeni della regione di Puebla vanno ad ascoltare ogni giorno il vulcano Popocatépetl e poiché il vulcano potrebbe preferire rivolgersi a uno solo di loro, vanno in quattro o in cinque. Ascoltano e attendono: generalmente con un anticipo di qualche giorno riescono a prevedere quando questo erutterà. L'abilità di percepire attraverso il corpo, come farebbero dei macchinari rilevatori, è più sviluppata in queste persone, che mettono a disposizione della comunità le loro capacità. Ma la cultura occidentale li snobba e li considera dei ciarlatani.

Valentina Musmeci negli ultimi anni ha condotto alcune ricerche fotografiche sui popoli nativi, sull'alimentazione delle renne e sul rapporto degli allevatori Sami con questo animale speciale, sulla pastorizia nelle valli dolomitiche e nelle riserve dei nativi americani.

Porto nel cuore lo sguardo fiero di Ruby – ci racconta Musmeci – nella mia lotta personale contro il sistema predatorio cerco ispirazione nella profondità dei suoi occhi nobili e nel cielo dell’Arizona che le ha modellato lo sguardo. Ammiro la sua certezza di non avere più certezze e di non rinunciare. L'anno scorso ho trascorso alcune settimane presso la Nazione Navajo, raccogliendo informazioni sulla pastorizia e sulle connessioni con i cambiamenti climatici, presso le allevatrici di pecore Churros”. Nella riserva Navajo l’acqua è un privilegio, poiché il 50% dei Navajo non ha acqua corrente in casa, per lo più a causa delle contaminazioni da uranio del dopo guerra. L’elettricità, seppure la Nazione sia attraversata da 4 compagnie elettriche che non concedono l’uso ai nativi, è un sogno, la salute è un miraggio e infatti il popolo Navajo è stato il più colpito in tutti gli USA dalla pandemia Covid19. I popoli nativi sono aggrediti dal sistema economico dei paesi colonizzatori, spesso gli artefici del disequilibrio dell'ecosistema con perdita di biodiversità e inquinamenti irreversibili.

Sulla neve a -5°C sopra il lago ghiacciato di Båtvannet, in Norvegia, resto colpita dal gesto di scrivere sulla neve di Inge Randa, allevatore Sami di renne, azione che ho visto fare solo ai tuareg sulla sabbia nel Sahara molti anni fa. Quest’uomo alto e pacifico mi prende da parte e, parlandomi con apprensione dei cambiamenti climatici e degli effetti che poi hanno sui suoi animali, mi muove dentro una forte commozione. Sono soprattutto i pastori nomadi, di pecore o renne, che devono fare i conti quotidianamente con uno sfruttamento del territorio di stampo predatorio”.

Seguire queste persone e testimoniare con rispetto e umiltà le loro storie attraverso la forza comunicativa della fotografia ha portato Valentina Musmeci a vivere a contatto con gli effetti drammatici dei cambiamenti climatici.

Spesso dietro una conseguenza del cambiamento climatico nell'ambiente appare la mano dell’uomo: l’azione iniziale che ha attivato il processo ha sempre origini antropiche, può assumere varie forme come la cementificazione, l’accaparramento dell’acqua o della terra, la costruzione di una diga, ma l’effetto si potenzia e si amplifica.

Lo squilibrio in natura è ciclico e fisiologico: ogni 100 anni arriva una pandemia, pare. Che non sia più possibile vivere secondo schemi capitalistici è l'insegnamento che ci portiamo dentro dopo la “pandemia da Coronavirus Covid19. Siamo più interconnessi e uniti gli uni agli altri di quanto possiamo pensare.

La struttura, intesa come sistema antropologico e antropizzato in cui viviamo, dichiara tutta la sua fragilità. Passare ad una visione condivisa e collaborativa, che valorizzi le conoscenze dei popoli nativi, come peraltro stabilisce l'ONU, dove vi sia una attenzione più ampia alle parti vulnerabili della società, è la sfida che la pandemia ci ha lasciato”.


Link: https://www.premioostana.it/popoli-ambiente-e-lingue-indigene/