Ma tu non credere
che appena s'alza il mare
gli uomini senza idee
per primi vanno a fondo.
Un vento inarrestabile di modernità sta soffiando verso un futuro diverso. In un mare pieno di barche, gli uomini, con le loro lingue, culture e tradizioni, lido dopo lido, stanno andando verso un mondo nuovo, con orizzonti sempre più sconosciuti. Da giovedì 27 giugno, l’applicazione online Google Translate ha aggiunto 110 nuove lingue. Alcune di esse, nazionali o meno, come il basco e il corso, erano già presenti. Ora, con il bretone, altra importante lingua minoritaria appartenente allo stato francese, esperto di mari, anche l’occitano seguirà questo vento e potrà usufruire di uno strumento dato, di una risorsa per tenere il timone e vivere nel presente. L’integrazione dell’occitano, come del bretone, pur tardiva, testimonia l’importanza del suo uso su internet. Infatti, coma ha spiegato il portaparola francese di Google Costantin Foniadakis, la selezione delle lingue è stata operata seguendo tre criteri: il numero di richieste ricevute per l’inserimento della lingua; il numero di locutori; la quantità di dati disponibili per formare l’intelligenza artificiale che potrà fare le traduzioni. Il vento aliseo della modernizzazione e dell’automatizzazione, tuttavia, non è senza turbolenze, investendo l’umanità e colpendola con folate gelide che scuotono la barca e deviano il timone, sostituendo le persone e privandole del lavoro in molti settori, da quello industriale a quello culturale.
Ah, non credere,
non metterti a sognare
lontane isole
che non esistono.
L’intelligenza artificiale. La questione, come inesorabile, simbolo stesso del pensiero di una parte del mondo contemporaneo, è complessa e delicata da affrontare. Limitando lo sguardo all’ambito geopolitico, nel mare, invito il lettore-navigatore a consultare il numero 12/2022 della rivista Limes “L’intelligenza non è artificiale – La Cina sfida il primato tecnologico Usa, ma l’algoritmo non decide per le potenze. L’Italia cerca posto nella filiera dei chip”. Restringendo il campo visivo all’ambito linguistico, il traduttore automatico, se da un lato rappresenta un’opportunità, facilitando la traduzione, permettendo la lettura di testi, articoli e la visione di prodotti sullo schermo ormai in buona parte delle lingue del mondo, presenta lo stesso problema di fondo. La macchina, in altri campi funzionante e migliorativa, perfino vitale, come in quello sanitario, quando si tratta di dire, di raccontare in parole, di esprimersi, si scontra con la sua naturale incapacità, impossibilità di pensare e di guardare, con la mancanza di creatività, emotività e empatia che le sono proprie e la distinguono da un essere considerato vivente. Facoltà e stati dell’essere che apparentemente non possono essere dati, immessi artificiosamente dall’uomo. Sarà difficile interloquire, capirsi con le macchine.
Non devi credere,
no, non invidiare chi
vive lottando invano
col mondo di domani.
Per molte lingue minoritarie, frammentate in vari dialetti e microdialetti, prive di un’unità linguistica, la questione della traduzione automatica è una sfida di difficile risoluzione. Come nel caso dell’occitano, formato da sei macrodialetti: provenzale, linguadociano, guascone, limosino, alverniate e vivaro-alpino. Di matrioska in matrioska, in Guascogna esistono due principali aree linguistiche, la guascone propriamente detta e l’aquitana. Il guascone, a sua volta, comprende cinque dialetti, fra i quali l’ariegese, suddiviso in più parlate, come il bigorrese, fino alle diatribe su una parola, una lettera o un accento fra i linguisti e le considerazioni fra la gente su quanto la lingua cambi da questo a quel paese, con la tipica istintiva conclusione “non si dice così”. Per non parlare del nostro vivaro-alpino, di valle in valle, fino al Rodano, uno dei più frammentati e parlato da una popolazione divisa fra due stati con una scarsa propensione ad accettare l’utilizzo di un dialetto comune che vada, in alcuni casi, anche solo oltre i confini della propria borgata – al contrario del Lengadòc, del Limosino o della stessa Guascogna, che sembrano più convinte nel voler proporre una lingua sempre più condivisa, referenziale, come lo è stato per i catalani e agli albori per la cività occitanica medievale –, che questa volta sarà costretta a vivere un sogno – o un incubo, secondo i pareri – a occhi aperti, inedito e avvenieristico. Nelle sole Valli Occitane “una volta” si può dire un bòt, un viatge, una vetz, na vira, na vinca; “zio” barba o oncle, “zia” danda o manha; escriure-eicrire, díser-dire, tramolar-tramblar, a drecha e a manchina, a dreita e a gaucha, o a senestra. Molti termini sono locali – a parte il condiviso ramassilha, “spazzatura” a Elva si dice bordolum, oltre il colle, a Bellino, bornier, in Val Chisone bordís, in quasi tutto il resto dell’Occitania bordilha – o assumono un significato diverso, come beal, bedale, canale, ma in molti luoghi contrapposto a bealiera con il significato di rivo, ruscello, torrente, se in pianura anche fiume. Lo disnar? Per alcuni è la colazione, derant-disnar vuol dire nella prima mattinata, il pranzo si dice merenda (o brenda), prima di pranzo derant-merenda. Volendo garantire la presenza dei sei macrodialetti occitani su una piattaforma importante come Google, anche per il vivaro-alpino sarebbe necessaria, o immaginabile, una normalizzazione linguistica non solo ortografica, ma lessicale, una coinè, accogliendo termini e sfumature, arricchendo la lingua? Un altro mare inesplorato.
Nel suo orizzonte, la barca del popolo occitano non è così in tempesta. Il nuovo lido, la nuova tappa raggiunta, obbligata dal vento, non è così sconosciuta: stagni, terreno fertile e da vigna, fiumi, boschi, valli, montagne, il paesaggio assomiglia a quello lasciato. Un paesaggio dove si continuerà a comunicare e a discorrere fra gli uomini e le società, con le loro lingue, culture, tradizioni... E nel mare, in futuro, nel suo viaggio d’Ulisse, se sarà capace di capire il vento e seguire le vele, governare il timone e domare le onde, non affonderà, non andrà alla deriva, ma verso un mondo, seppur diverso, dove, in lingua d’oc, nutrirà le sue radici, continuando a raccontare il suo vissuto.
Ragazzo mio,
un giorno ti diranno che tuo padre
aveva per la testa grandi idee,
ma in fondo poi non ha concluso niente.
Non devi credere,
no, vogliono fare di te
un uomo piccolo,
una barca senza vela.
Ma tu non credere
che appena s'alza il mare
gli uomini senza idee
per primi vanno a fondo.
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