Come dice il titolo stesso del periodico, lo scopo dell'Associazione, più volte ribadito nelle introduzioni dei vari numeri, è quello di ricordare:
Il Voù Rëcourdàou vuole suscitare curiosità, essere stimolo alla lettura di quei racconti di vita vera che siamo andati a cercare, abbiamo ascoltato con estremo rispetto e ora divulghiamo. Il nostro desiderio è quello di riscoprire e salvaguardare la cultura di un paese, tentando di analizzarla nei suoi molteplici aspetti (...). Ci siamo limitati ad ascoltare, trascrivere, ricercare: i protagonisti veri sono gli Oncinesi che con queste testimonianze ci consegnano un patrimonio di ineguagliabile valore (N.2, p.1).
La trascrizione delle testimonianze degli anziani oncinesi cerca infatti di sottrarre alla forza distruttiva del tempo e dell'attuale società omologatrice di massa qualche frammento del passato che sopravvive nella memoria di pochi superstiti: "Con questa stessa lingua, parliamo di piccole cose, ma si tratta delle piccole cose di una comunità che, avendo voce, è ancora viva e che difende con le unghie le sue ricchezze affettive, culturali, di memoria" (N.5, p.1), pur nella lucida consapevolezza che il passato rievocato nelle interviste "è stato e mai più ritornerà" (N.1, p.7); è tuttavia importante, ribadisce la redazione nell'introduzione al sesto numero, continuare a cercare
quel bene che con le mani non si tocca, che è sfuggevole ad ogni percezione fisica ed immediata: è un bene che ci viene consegnato, trasmesso, raccontato e che noi abbiamo il dovere , oltre che il piacere, di custodire, archiviare per tutelare e preservare dal naufragio, se non altro del ricordo.(...) Anche noi custodiamo un patrimonio che trasmesso di generazione in generazione, ci procura un sentimento di appartenenza e di continuità. L'omologante globalizzazione in cui viviamo ci defrauda di quelle diversità/ricchezze che cessano pericolosamente di vivere anche nella memoria (N.6, p.1).
Ne risulta un'interessante raccolta di etnotesti su temi diversi proposti di volta in volta dal gruppo di ricerca dell'Associazione Voü Rëcourdau: le lose, ovvero le lastre di pietra usate per la copertura dei tetti; la scuola; la casa; la leisìo, ovvero il bucato delle lenzuola; la veglia; la lana; la cabaçço, ovvero la gerla, usata per trasportare materiali diversi; la transumanza; il pane; le reuide, prestazioni d'opera collettive e gratuite.
Per quanto riguarda la lingua, il periodico rigetta sia la definizione di "occitano", sia quella di "provenzale", preferendo la dicitura "a nosto modo", come spiegato nel N.5:
"Le popolazioni di Oncino e Ostana non usano pronunciare abitualmene la parola «occitano» o «provenzale», bensì quando vogliono riferirsi all'occitano dicono semplicemente «a nosto moddo» o «ën patouà»" (N.5, p.14)
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