Nòvas d'Occitània    Nòvas d'Occitània 2025

invia mail   print document in pdf format Rss channel

Nòvas n.257 Desembre 2025

Nòvas n.257 Desembre 2025

“Scrivere è come cantare in macchina”: Berta Dávila, la lingua galiziana e l’onestà.

“Escriure es coma chantar en màquina”: Berta Dávila, la lenga galiciana e l’onestat.

di Andrea Fantino

italiano

Il Premio Giovani 2025 si rivela un’autrice matura, raffinata, con un pensiero politico libero dalle ipocrisie.

Buona parte dei tre giorni del Premio Ostana li passo nel salottino dell’amico Carlo Zoli, che ogni anno accoglie nella sua casa di Sant’Antonio un piccolo set che allestisco con l’amico Yalmar Destefanis. Di fronte alle nostre due videocamere si susseguono i premiati per delle interviste in cui raccontano il loro essere autori e autrici e il proprio rapporto con la lingua madre. È questa la ragione per cui mi perdo gli incontri pubblici del Premio Ostana, le conversazioni che si hanno qualche decina di metri più in là, presso Lou Portoun. Ed è questa quindi la ragione per cui non ho seguito l’appuntamento dedicato alla poetessa e scrittrice in lingua galiziana Berta Dávila, presentata dal suo tutor Guglielmo Diamante, presidente dell'associazione culturale DeVulgare, amico del Premio Ostana. A riprendere quell’incontro è stato Luca Percivalle, e prima o poi recupererò il girato perché Berta Dávila è una di quelle autrici che bisogna assolutamente conoscere, e approfondire.

Affermata e matura nelle sue scelte e consapevolezze artistiche, Berta Dávila ha un percorso tracciato e una strada di fronte a sé quasi inevitabile: scrivere per lei è come respirare, “è un’attività gioiosa”, non è un “processo tormentato legato alla retorica del genio solitario, isolato, che soffre davanti alla pagina”. “Per me scrivere un romanzo è una delle cose migliori che si possono fare nella vita. Come cantare in macchina, andare al mare con le amiche o viaggiare. Scrivere un romanzo è un’esperienza che consiglio”. Berta si allontana da una concezione elitaristica della letteratura, e arriva così a voler includere tutti in un possibile processo di scrittura, di creazione. Quando Mariona Miret, che ha condotto l’intervista, le chiede “lo stato di salute” del galiziano, la scrittrice sostiene di non avere le carte della sociolinguista per poter rispondere al meglio, ma rivela una posizione politica forte, accendendo un faro sulle condizioni politiche e sociali che influenzano la vitalità della sua lingua madre: “Il galiziano, se lo confrontiamo con altre lingue minoritarie del mondo, non si trova nella stessa situazione: è lingua ufficiale, è insegnata a scuola, è ancora molto parlata. Certo, ci sono conflitti trasversali che ne condizionano la vitalità: questioni di classe, di capitalismo e globalizzazione, di orientamento politico dei governi e del loro modo di concepire la lingua di un popolo. Persino le questioni di genere possono incidere sui contesti in cui si parla una lingua”. La lingua per lei non è qualcosa di accessorio, ma è così profondamente radicata nella società da essere influenzata dalla classe, dal capitalismo, dalla globalizzazione, dal genere. Se la questione della globalizzazione è una delle questioni che non si possono evitare quando si va a parlare delle lingue madri e di come sia cambiato il loro stato di salute negli ultimi anni, non è per niente scontato sentire parlare di classe e di capitalismo. Generalmente una critica al sistema economico in cui viviamo può apparire sotto traccia, come implicita, ma è un bene che qualcuno sia qua a ricordarcelo con più chiarezza, con più fermezza. Berta Dávila è chiara e non ammette ipocrisie. “Accettare un certo racconto sul conflitto linguistico – nei paesi in cui convivono due lingue e dove c’è diglossia – non significa sostenere che la convivenza sia pacifica o equilibrata. In realtà, sono pochissimi i luoghi al mondo in cui due lingue convivono in armonia senza tensioni. In Galizia ci sono molti castiglianofoni che sentono il castigliano come la loro lingua. Ma questo non vuol dire che sia una lingua propria della Galizia: la lingua propria della Galizia è il galiziano. E il processo per cui il castigliano è arrivato qui e ha iniziato a sostituirlo rapidamente non è un fenomeno naturale o meteorologico, ma un conflitto con radici storiche e politiche, molto doloroso per tante persone […] Nessun popolo ha una predisposizione naturale ad abbandonare la propria lingua. Quando un galizianofono inizia a parlare anche castigliano perché pensa che sia la lingua del progresso e del futuro, si tratta di un processo doloroso e complesso”. La scrittrice galiziana va dritta al sodo. È stufa di narrazioni semplicistiche, è stufa di vedere le lingue senza stato produrre opere solo di un certo tipo, e infine è stufa di una politica poco coraggiosa, incapace, impotente: “il problema è che quando la politica dice “vogliamo fare qualcosa per il galiziano, siamo orgogliosi del galiziano”, bisogna chiarire: lo si vuole relegare a lingua da museo? A simbolo identitario per cantare l’inno? Oppure si vuole una politica linguistica efficace, che aumenti davvero il numero dei parlanti? Credo che la questione richieda più franchezza e una politica linguistica onesta, con obiettivi chiari e dichiarati”.

“Una politica linguistica onesta”: lo sappiamo tutti, forse è proprio quello di cui hanno bisogno le lingue madri, le lingue senza stato. Ma uno stato-nazione può essere sempre veramente onesto verso le proprie minoranze? Sarebbe bello poter iniziare a pensare a nuovi sistemi democratici, in cui le minoranze smettano di essere schiacciate, oppresse, ma partecipino attivamente alla vita politica di un paese, di qualsiasi paese si tratti. I curdi, schiacciati dai regimi e frammentati in almeno 4 stati-nazione hanno dato vita al “confederalismo democratico” e nella Siria del nord-est portano avanti una vera e propria rivoluzione democratica, dove c’è spazio per ogni espressione, sia essa espressione linguistica, religiosa, culturale, politica. Si tratta di un esperimento potente, che dobbiamo continuare a osservare, perché contiene in sé strumenti e metodi che dovremmo apprendere. Iniziamo con l’essere onesti e pretendere una politica onesta, così come suggerisce Berta Dávila. Andate a leggervi i suoi libri, la sua penna sa essere profonda e delicata, poetica e evocativa, ma sempre precisa, puntuale, a volte forse anche chirurgica. In italiano troverete il romanzo “L’ultimo libro di Emma Olsen”, edito da Aguaplano. La casa editrice sostiene che sia “un romanzo breve, vitale e dolente. Un gioco metaletterario di proiezioni, simmetrie e punti di fuga sullo sfondo delle sterminate pianure americane, della polvere, delle cicatrici che ciascuno reca con sé”. Un libro scritto in galiziano e ambientato negli Stati Uniti, con una protagonista statunitense. Perché una lingua può e deve vivere anche al di fuori dei propri confini.

Intervista a Berta Dávila, Premio Ostana 2025, Lingua Galiziana, Spagna

https://youtu.be/K7oTLq7XfKM

Berta Dávila riceve il Premio Ostana 2025, Premio Giovani

https://youtu.be/vUvb_4TJZ2Y

occitan

Lo Prèmi joves 2025 se revèla un’autritz maüra, rafinaa, abo un pensier polític libre da las ipocrisias.

Una bòna part di tres jorns dal Prèmi Ostana lhi passo ental pichòt salòt de l’amís Carlo Zoli, que tuchi lhi ans acuelh dins sa casa de Sant Antòni una pichòta scèna que preparo abo l’amís Yalmar Destefanis. Derant a nòstras doas videocàmeras se seguisson lhi premiats per d’entervistas ente còntion lo èsser autors e autritz e de lor rapòrt abo la lenga maire. Es pr’aquò que me pèrdo lhi encòntres públics dal Prèmi Ostana, las conversacions que avenon a quarque desena de mètres pus enlai, a Lou Pourtoun. E aquela, donca, la rason per la quala ai ren seguit l’apontament dedicat a la poetessa e escriptritz en lenga galiciana Berta Dávila, presentaa da son tutor Guglielmo Diamante, president de l’associacion culturala DeVulgare, amís dal Prèmi Ostana. A reprene aquel encontre es istat Luca Percivalle, e derant o après recupararei lo virat perquè Berta Dávila es una d’aquelas autritz que chal absolutament conóisser e aprofondir,

Afermaa e maüra dins sas chausias e consciença artística, Berta Dávila a un percors traçat e un chamin derant a nilhi esquasi inevitable: escriure per nilhi es coma respirar, “es un’activitat jaiosa”, es ren un “procès tormentat liat a la retòrica dal gèni solitari, isolat, que sòfr derant a la pàgina”. “Per mi escriure un romanç es una de las causas melhoras que un pòl far dins la vita. Coma chantar en màquina, anar al mar abo las amisas o viatjar. Escriure un romanç es un’experiença que conselho”. Berta s’aluenha da una concepcion elitarística de la literatura, e arruba parelh a voler encluire tuchi dins un possible procès d’escrichura, de creacion. Quora Mariona Miret, que a menat l’entervista, lhi demanda “l’estat de sandat” dal galician, l’escriptritz sosten de ren aver la conoissença d’una sociolinguísta per poler respónder al mielh, mas revèla una posicion política fòrta, en aviscant un far sus las condicions políticas e socialas que influençon la vitalitat de sa lenga maire: “Lo galician, se lo confrontem abo d’autras lengas minoritàrias dal mond, se tròba ren dins la mesma situacion: es lenga uficiala, es mostraa a escòla, es ençà ben parlaa. Segur, lhi a de conflicts trasversals que ne’n condicionon la vitalitat: questions de classa, de capitalisme e globalizacion, d’orientament polític di governs e de lor maniera de concéber la lenga d’un pòple. Bèla las questions de genre pòlon incíder sus lhi contèxts ente se parla una lenga”. La lenga per nilhi es ren quarquaren d’accessòri, mas es parelh profondament enraïsaa dins la societat da èsser influençaa da la classa, dal capitalisme, da la globalizacion, dal genre. Se la question de la globalizacion es una de las questions que se pòlon pas evitar-se quora se vai a parlar de las lengas maires e de coma sie chambiat lor estat de sandat enti darriers ans, es pas ren escompat sentir parlar de classa e de capitalisme. Generalment una crítica al sistèma econòmic ente vivem pòl aparéisser dessot traça, coma implícita, mas es un ben que quarqu’un sie icí a navisar-nos lo abo pus de claressa, pus de fermessa. Berta Dávila es clara e admet ren d’ipocrisias. “Acceptar un cèrt racònt sal conflict linguístic – dins lhi país ente convivon doas lengas e ente lhi a de diglossia – vòl ren dir sostenir que la convivença sie pacífica o equilibraa. En realtat, son gaire lhi luecs al mond ente doas lengas convivon en armonia sensa tensions. En Galícia lhi a un baron de castilhanòfons que senton lo castilhan coma lor lenga. Mas aquò vòl ren dir que sie una lenga pròpia de la Galícia: la lenga pròpia de la Galícia es lo galician. E lo procès per lo qual lo castilhan es arrubat icí e a encomençat fito a sostituïr-lo es ren un fenòmen natural o meteorològic, mas un conflict abo de raïtz estòricas e políticas, pro dolorós per un baron de personas […] Degun pòple a una predisposicion naturala a abandonar sa lenga. Quora un galicianòfon encomença a parlar decó castilhan perquè pensa que sie la lenga dal progrés e dal futur, se tracta d’un procès dolorós e complèx.”. L’escriptritz galiciana vai drecha al fach. Es estófia de narracions semplicísticas, es estófia de veire las lengas sensa estat produire d’òbras masque d’un cèrt tipo, e enfin es estófia d’una política gaire coratjosa, incapabla, impotenta: “lo problèma es que quora la política ditz “volem far quarquaren per lo galician, siem orgolhós dal galician”, chal clarir: se vòl relegar-lo a lenga da musèu? A símbol identitari per chantar l’imne? O se vòl una política linguística eficaça, que aumente lo numre di parlants? Creo que la question demande pus de franquessa e una política linguística onesta, abo d’objectius clars e declarats”.

“Una política linguística onesta”: lo saubem tuchi, benlèu es çò que sierv a las lengas maires, las lengas sensa estat. Mas un estat-nacion pòl èsser sempre da bòn onest vèrs sas minoranças? Saria bèl poler encomençar a pensar a de nòus sistèmas democràtics, ente las minoranças quiten d’èsser esquichaas, oprimuas, mas partécipen activament a la vita política d’un país, de qual se sie país se tracte. Lhi curds, esquichats da lhi règims e fragmentats dins almenc 4 estats-nacion an donat vita al “confederalisme democràtic” e dins la Síria dal nord-est pòrton anant una vera e pròpia revolucion democràtica, ente lhi a d’espaci per qual se sie expression, que sie linguística, religiosa, culturala. Se tracta d’un experiment potent, que devem continuar a observar, perquè conten dins nele d’instrument e de mètods que nos chalaria aprene. Encomencem abo l’èsser onests e preténder una política onesta, parelh coma suggerís Berta Dávila. Anatz-vos a léser si libres, sa pluma sa èsser profonda e delicaa, poètica e evocativa, mas sempre precisa, pontuala, de bots bèla quirúrgica. En italian trobarètz lo romanç “Lo darrier libre d’Emma Olsen”, editat da Aguaplano. La casa editritz sosten que sie “un romanç brèu, vital e dolent”. Un juec metaleterari de projeccions, simetrias e ponchs de fuga sal fons de las immenses planes americanas, de la possiera, de las cicatritz que chascun se pòrta darreire. Un libre escrich en galician e ambientat dins lhi Estats Units, abo una protagonista estatunitensa. Perquè una lenga pòl e deu viure decó defòra de si confins.

Entervista a Berta Dávila, Prèmi Ostana 2025, lenga galiciana, Espanha

https://youtu.be/K7oTLq7XfKM

Berta Dávila receb lo Prèmi Ostana 2025, Prèmi joves

https://youtu.be/vUvb_4TJZ2Y




Condividi