In edicola il mensile dell’Avvenire offre uno speciale dedicato alle lingue e alle culture minoritarie in Italia.
Se c’è un quotidiano italiano che nel tempo è andato affermandosi come vera e propria “cassa di risonanza” del Premio Ostana, ebbene, quel quotidiano è L’Avvenire. Da anni le sue pagine culturali offrono ritratti e interviste degli autori che vengono premiati davanti al bel Monviso per le attività e l’impegno che dedicano alla propria lingua madre. Nel 2020, in piena pandemia, un articolo aveva segnalato la conferenza online di Maurizio Gnerre dedicata ad autori sudamericani premiati in passate edizioni, come Maria Clara Sharupi (lingua shuar) e Davi Kopenawa (lingua yanomami). Nel 2021 il titolo era “Se parlarsi è “partatge”” e le interviste erano a Oliver Loode e Davith Hicks, attivisti della diversità linguistica, ospiti della 13.ma edizione della manifestazione. Nel 2022 gli articoli erano dedicati ai premiati Bhuchung D. Sonam e Paulina Kamakine, rispettivamente di lingua tibetana e lingua occitana. Nel 2023 le pagine del giornale cattolico erano state dedicate alla lingua tamajaght di Hawad e al basco dello scrittore Bernardo Atxaga. Nel 2024 l’attenzione era focalizzata su Daniel Petrila, giovane poeta rom. Lo scorso anno la voce è stata data a Kristian Braz, Premio speciale, lingua bretone.
Dal breve elenco fatto si può notare la costanza e la dedizione verso un tema, quello della difesa e della promozione delle lingue madri, che non si è ancora affermato del tutto nell’immaginario e nella sensibilità dell’opinione pubblica italiana e internazionale. Il breve elenco può dare un’idea della costanza, come detto, ma non della qualità degli interventi, che si possono ben apprezzare anche a distanza di anni. Ma perché tutta questa attenzione? Sicuramente il merito va a Greta Messori, responsabile dei rapporti con la stampa del Premio Ostana, capace di far “risuonare” l’eco del Premio Ostana al di là dei confini valligiani-provinciali-regionali. Ma in questo caso specifico, il merito è giusto darlo anche al giornalista Eugenio Giannetta, che ad Ostana è venuto anche personalmente, ha compreso appieno gli obiettivi e la natura della manifestazione e ha deciso di raccontarla ogni anno, con passione. Forse è per questa ragione che Ines Cavalcanti non si è così sorpresa quando Giannetta l’ha chiamata al telefono informandola della futura pubblicazione di un vero e proprio speciale dedicato alle lingue minoritarie d’Italia. Oggi quello speciale è uscito, lo si trova in edicola, si tratta del mensile dell’Avvenire, si chiama “Luoghi dell’Infinito” e questo mese ha in copertina una bella fotografia di un costume walser di Valsesia. All’interno il titolo dello speciale “piccoli popoli, grandi anime” si accompagna alla fotografia di tre ragazze avvolte da una bandiera occitana, ritratte di schiena, probabilmente ad una manifestazione. Un testo spiega come “il nostro Paese ha una visione di sé monolitica” anche se in realtà “è costellato da minoranze che raccontano storie diverse”, “esempi di una biodiversità culturale spesso ignota ma soprattutto incompresa”.
Ilaria Fiorentina, docente di sociolinguistica all’università di Pavia, traccia un quadro generale delle “lingue altre” sul territorio italiano, con attenzione ai dialetti e alle minoranze linguistiche storiche e un discorso generale sullo stato delle lingue oggi. A seguire l’articolo di Ines, il cui titolo “Il difficile cammino della coscienza d’oc” sicuramente permette al lettore di Nòvas di immaginarsi i contenuti, una carrellata storica che parte dalla scoperta dell’ “essere occitano” negli anni ‘60 alla presenza sul territorio di tante iniziative culturali (compresa il Premio Ostana) senza dimenticare l’abbandono delle istanze politiche nate negli anni ‘70.
Alcuni di voi ricorderanno Anna Maria Bacher, poetessa in lingua walser, Premio Ostana nel 2019. A lei il compito di tuffare il lettore nella cultura walser, con particolare attenzione alla dimensione religiosa. Stefano Fabris racconta il mondo dei cimbri, dalla prospettiva di chi è arrivato da lontano ed è stato accolto in una piccola comunità di cui presto ha sentito la necessità di apprenderne la lingua. “Incensi e murales. Ecco la Calabria albanese” è il viaggio di Massimiliano Rella nella Calabria Arbëreshe, alla scoperta della storia della minoranza albanese a partire dall’arte pubblica e religiosa. Chiude lo speciale lo stesso Eugenio Giannetta, con un’intervista al musicista Santino Spinelli, di lingua e cultura rom. Un nome importante, autore di libri e grande divulgatore, recentemente ha suonato anche al Teatro alla Scala come solista, in un concerto che ha avuto un forte senso simbolico per una minoranza da sempre oggetto di discriminazioni sociali e razzismo. Discriminazioni che non l’hanno risparmiata neppure quando è stata concepita e poi approvata in parlamento la legge 482/99 che tutela le dodici minoranze linguistiche storiche in Italia. Con malincuore scopro sulle pagine de “Luoghi dell’infinito” che la lingua romanì era la tredicesima lingua prevista, “eliminata dal testo finale per soddisfare le richieste dei partiti di opposizione dell’epoca (Forza Italia e Allenza Nazionale), evitando così di comprometterne l’approvazione”. Credo che sia un’ingiustizia nel senso più stretto del termine, mi pare assurdo che la lingua romanì (per chi non lo sapesse è lingua che appartiene al gruppo neoindiano, come il punjabi o il kashmiro) non possa avere la tutela e la promozione che merita. Come tutte le altre lingue madri. Come tutti gli altri “piccoli popoli, grandi anime”.

commenta