Questo vuole essere il primo di una serie di articoli che presentano il francoprovenzale secondo la sua declinazione territoriale e le sue caratteristiche linguistiche. Si tratta di un contributo che partendo proprio dalla sua trattazione scientifica, desidera diventare uno strumento divulgativo, facilmente fruibile e di agevole comprensione. Il primo obiettivo sarà quello di parlarvi in modo chiaro di questa parola, giustappunto il “francoprovenzale”, che risulta essere ancora piuttosto sibillino e dai labili confini semantici.
Che cos’è dunque il “francoprovenzale” e dove si estende?
Il francoprovenzale è un gruppo linguistico, ovvero un insieme di parlate locali, che si estende dal Massiccio Centrale francese a una vasta porzione della Svizzera orientale per scendere verso la Valle d’Aosta e alcune valli situate nella Regione Piemonte, per infine richiudersi in Francia con il dipartimento della Savoia, il Delfinato settentrionale e il Lionese. Per quanto riguarda l’Italia, esso è attestato sulle Alpi Occidentali che muovono dalla Valle d’Aosta alla Valle di Susa. Di fatto lo troviamo nel Piemonte alpino con i 43 comuni delle Valli Orco e Soana, delle Valli di Lanzo, Ceronda e Casternone, della Val Cenischia con la media e bassa Valle di Susa e della Val Sangone. La Valle d’Aosta è interessata nella sua interezza ad esclusione dei tre comuni di parlata valser di derivazione germanica della Valle del Lys. Non vanno dimenticate in territorio italiano le due isole linguistiche di Celle di San Vito e Faeto che si trovano in provincia di Foggia e sono a pieno diritto di matrice francoprovenzale. La maggior parte dell’area linguistica francoprovenzale si estende in territorio transalpino, in effetti troviamo in territorio francese parte dei dipartimenti della Loira e del Rodano, i lembi meridionali del Doubs e del Jura, la totalità dei dipartimenti Ain, Savoia e Alta Savoia, la maggior parte dell’Isère e i lembi settentrionali della Drôme e dell’Ardèche. La Svizzera, dal canto suo, è interessata dai cantoni di Neuchâtel, del Vaud e della zona ginevrina così come da una parte dei cantoni di Friburgo e del Vallese.
Chi ha coniato la parola “francoprovenzale”?
Il primo che ha l’ha usata è stato il glottologo Graziadio Isaia Ascoli, fondatore della scienza dialettologica italiana, il quale nel 1873 ha riconosciuto come peculiare proprio un gruppo di parlate galloromanze situate in un’area compresa tra Francia e Italia. Le basi di questa sua scoperta poggiano sullo studio dell’evoluzione della vocale A accentata del latino, la quale segue strade differenti a seconda delle lingue considerate. Essa infatti si trasforma sempre in E nel francese (PRATU* diventa “pré” e CAPRA* “chèvre”), così come rimane invariata in occitano (PRATU* resta “pra” e CAPRA* “cabro, chabro”). Il nuovo gruppo linguistico individuato da Ascoli presenta un trattamento differente per questa vocale: il francoprovenzale infatti a volte la trasforma (CAPRA* diventa “cévra”), a volte la conserva (PRATU* rimane “pra”). Per spiegare il perché di questa definizione consideriamo le parole dello stesso Ascoli: “Chiamo franco-provenzale un tipo idiomatico, il quale insieme riunisce, con alcuni suoi caratteri specifici, altri caratteri che parte sono comuni al francese, parte lo sono al provenzale, e non proviene già da una tarda confluenza di elementi diversi, ma bensì attesta la sua propria indipendenza istorica (…)”. Ecco dunque come è nata la parola “francoprovenzale”, parola che tuttora usiamo e che accomuna popolazioni geograficamente distanti ma che hanno condiviso, anche solo linguisticamente, un tratto di cammino comune. Si potrebbero addurre molte ragioni per argomentare questo sviluppo autonomo ma considerando l’area geografica per come sopra l’abbiamo descritta, non si fatica a comprendere l’importanza di quel territorio. Esso infatti possiede alcune caratteristiche che ci consentono di meglio comprendere la reale rilevanza della sua ubicazione, basti pensare alla presenza di città notevoli quali Lione e Ginevra, così come di altri centri che hanno segnato la storia e le vicende di tutta l’area quali Chambéry, Annecy, Aosta e Susa. Non bisogna dimenticare la presenza dei grandi valichi alpini del Moncenisio, del Piccolo e del Gran San Bernardo, di corsi d’acqua quali il Rodano e di arterie stradali che hanno contribuito allo sviluppo europeo. Non stupisce dunque che in questa situazione geografica ed economica, anche la lingua abbia seguito una sua evoluzione specifica rispetto alle parlate del nord della Francia, segnatamente il francese di Parigi, e alle parlate occitane del sud.
Dunque il francoprovenzale ha statuto giuridico?
Il francoprovenzale non è mai coinciso con una struttura politica, ad esclusione dei domini della dinastia sabauda che in parte insistevano proprio su quest’area, così come non ha mai conosciuto un’uniformazione intorno a una lingua principale al di sopra delle singole varietà locali, come è accaduto con il francese in rapporto alle parlate del nord della Francia. Proprio perché afferente a più entità nazionali, il francoprovenzale trova interessi e tutele differenti.
Da qui partiremo per il prossimo articolo che, calandosi nella realtà di ogni singolo territorio, cercherà di analizzarne la situazione linguistica e politica. Con tali riflessioni intendo delineare una definizione piuttosto complessa, così come spero di poter veicolare a coloro che avranno la pazienza di leggere, informazioni basilari che hanno l’obiettivo di radicare, geograficamente e culturalmente, all’interno dell’immaginario collettivo l’idea dell’esistenza di questa lingua.
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