(Le parti di testo in grassetto sono scritte di mia mano; il resto è opera degli autori dei testi ed è stato riprodotto integralmente).
"Ousitanio Vivo" ha iniziato ad essere pubblicato nel 1974 ed è tutt'ora regolarmente edito.
Il problema di quale grafia adottare attraversa tutta la storia della letteratura e della lingua delle valli occitane (non solo, lo stesso dibattito è ancora aperto anche nel territorio dell'Occitania d'oltralpe) e si può affermare che non si è ancora arrivati ad una soluzione definitiva (1).
Nel corso di oltre trent'anni il periodico ha quindi optato per scelte grafiche diverse, guardando alle diverse soluzioni proposte da studiosi e associazioni nell'arco di questi ultimi decenni. Qui di seguito ripercorrerò le tappe fondamentali di questo percorso, citando quanto pubblicato dalla redazione a proposito delle proprie scelte ortografiche nel corso degli anni.
Si possono sommariamente delineare quattro fasi principali:
1-grafia dell'Escolo dóu Po o concordata (1974, N.1/1976, N.16)
2- grafie personali italianizzanti
3-grafia semifonetica o fontaniana (1981, N.61/1986, N.115)
4-grafia dell'Escolo dóu Po e grafia normalizzata o concordata (dal 1989 in avanti) (2).
1-GRAFIA DELL'ESCOLO DÓU PO (1974, N.1-1976, N.16)
Sulla prima pagina del primo numero di Ousitanio Vivo (aprile 1974) compare la seguente premessa, seguita dallo schema della grafia che il periodico si propone di seguire:
Dalla primavera del 1971 all'inizio del 1972 lavorò, presso l'Istituto dell'Atlante linguistico Italiano dell'Università di Torino, una commissione formata da alcuni valligiani di diversa provenienza e docenti universitari, al fine di elaborare una grafia che potesse adattarsi alla rappresentazione di tutte la varie parlate nei loro svariati tipi di suoni delle valli occitane d'Italia.
Crediamo che si debba tener conto di questo lavoro (l'unico) compiuto e per questo adotteremo la grafia (peraltro non completamente definita) elaborata dalla suddetta commissione.
La nostra vuole essere una scelta tutt'altro che definitiva e indiscutibile.
Riportiamo le caratteristiche principali di questa grafia facendo presente che una trattazione più completa dell'argomento è stata pubblicata dal giornale «Lou Soulestrelh» dell' 8-8-1973.
ë = e semimuta
u = u (francese)
ou = u (italiana)
oe opp.eu = eu francese
qu = ch di chilo davanti a: i, e, ë
c = c di cane davanti a: a, o, ou, u, oe e in posizione finale
ch = c di cena, circo davanti a: a, o, ou, oe e in posizione finale
g = g di gatto davanti a: a, o, ou, u, oe e in posizione finale
g = g di girare davanti a: i, e , ë
j = g di gioco davanti a: a, o, ou, u, oe e in posizione finale
gu = g di ghiro davanti a: i, e, ë
lh = gl di figlia
nh opp.gn = gn di ragno
s = s di sopra (può anche essere doppia)
z = s di casa (può anche essere doppia)
sh = sc di scimmia
zh = j (francese) di jeu
ts = z di nazione
dz = z di zanzara
La commissione linguistica, nominata a Coumboscuro nel dicembre del 1970 e composta da alcuni dei fondatori dell'Escolo dóu Po e da docenti dell'Università di Torino (3), diede vita alla grafia ad orientamento fonematico denominata appunto dell'"Escolo dóu Po" (d'ora in avanti abbreviato in EDP), pubblicata per la prima volta sul giornale "Coumboscuro" nel giugno 1972 e successivamente su "Lou Soulestrelh" nel 1973.
Nonostante l'intento dichiarato di seguire tali norme, nella pratica l'uso di tale grafia è limitato ai primi numeri, sino al N.16 del 1976.
Già nei numeri precedenti a quest'ultimo si incontrano tuttavia alcuni testi scritti in grafie personali: in essi gli autori fanno in generale riferimento alla grafia dell'EDP, ma apportano alcune modifiche, in alcuni casi per rendere suoni particolari del proprio paese d'origine, altre volte semplicemente per errore.
Ad esempio Jean Luc Bernard - emigrato in Francia e originario di Bellino in val Varaita -, in Coumo i'es jolio ma vallà (N.8, 1975), segue sostanzialmente le regole dell'EDP ma introduce il grafema <ï> (mèïzoun, chèïnès, malèïrouzo, suï).
Giovanni Richard (Gargaveo, N.6, 1875) e Claudio Civalleri (Lou sarvanot senso chanso, N.10, 1976) adottano sostanzialmente l'EDP senza tuttavia distinguere tra <s> ([s]) e <z> ([z]); il primo introduce inoltre il grafema <ç>, oltretutto a sproposito, preso in prestito dalla grafia mistraliana (çiviltà).
Un caso a sè stante è quello di Tavio Cosio, il quale, mentre in una poesia pubblicata nel N.5 (Na pichoto paraoulo, N.5, 1975) aveva usato l'EDP, in O bella ciao, bella ciao, bella ciao (N.9, 1975) si cimenta con la grafia normalizzata proposta da Franco Bronzat su Lou Soulestrelh nel 1974 (nella quale <ò> si pronuncia [ɔ] oppure [o], <o> si pronuncia [u], <u> si pronuncia [y], <a> finale si pronuncia [ɔ ] , [a] e [ə], <ç> si pronuncia [s]. In seguito saranno spiegate nei particolari le regole della grafia normalizzata); passerà poi alla grafia mistraliana in Silicosi (N.17, 1976).
2-GRAFIE PERSONALI ITALIANIZZANTI. (1976, N.16-1979, N.45)
A partire dal N.16 del 1976 si assiste ad un cambiamento generale, che riguarda sia la redazione sia gli autori che inviano i propri scritti per la pubblicazione.
Per quanto riguarda la redazione, nell'articolo intitolato Semano Usitano (N.16, 1976) vengono introdotti i grafemi <û> e <u> in sostituzione rispettivamente di <u> e <ou> dell'EDP. Il resto rimane sostanzialmente fedele all'EDP.
Nel numero successivo (N.17, 1976), nell'articolo intitolato La stangata, l'allontanamento dall'EDP si fa più consistente:
EDP > Grafia utilizzata in La Stangata:
ou > u
u > ü (cumünes, mürir, tüci, carcüno, etc.)
qu > ch (che, achel)
j > gi (burgià)
Persistono: <ch> (chalìo) e la distinzione tra <s> sorda e <z> sonora.
I cambiamenti che abbiamo osservato in quest'articolo, e che diventeranno progressivamente sempre più frequenti, rivelano un allontanamento dalle norme dell'EDP e un avvicinamento all'italiano come lingua scritta di riferimento. Gli autori si allontaneranno più o meno dall'EDP, scegliendo di volta in volta di mantenere alcuni tratti e di lasciarne altri, con decisioni spesso incoerenti anche all'interno dello stesso testo (4).
In generale, quindi, la grafia di riferimento è sempre più spesso quella dell'italiano. Si trovano ad esempio, nell'articolo di Dario Anghilante L'abaio 1977 (N.18, 1977), Varacio, cial (EDP: Varacho, chal); giurn (EDP: jurn); achesto, che (EDP: aquesto, que); carcün (EDP:carcun); cumo, curo (EDP: coumo, couro). Queste sono in generale le scelte grafiche più frequenti sino al 1979 (5), quando, come vedremo, inizierà ad emergere un'altra grafia.
È imputabile invece a scelte personali dei singoli autori l'introduzione di grafemi quali ad esempio<ë>, <ö>, <ä> (6), <â>, <ê>, <ç> (7); in Rocio Ciaburel, ad esempio, Bruno Civalleri utilizza <ê> (e aperta: ex.: Ciaburêl, sê, furnêl), ü (in EDP <u>: ex.: süs, pastüral, slüssi), <ö> (in EDP <œ> oppure <eu>: ex.: endörm), <ë> (come nell'EDP: ex.: pënsen, vëien).
L'autrice di Calo es la lëngo ousitano quë nou poiën prenne? (N.39, 1979) sceglie, come spiega, di adottare la grafia mistraliana - "perché non esiste ancora per noi una grafia sulla quale tutti convergano" - apportando alcune modifiche per rendere le sfumature della varietà della Valle San Martino, ovvero: <ë> (uguale all'EDP); â, ê, î sono vocali lunghe (come nell'EDP, sceglie di adottare l'accento circonflesso per indicare l'allungamento delle vocali).
L'autore di Usitanio müsico 1978 (N.34, 1978) utilizza alcuni grafemi prendendo come base la grafia italiana, ma apportando alcune modifiche con lo scopo di rendere, come spiega l'autore in nota, "alcuni tratti fonetici particolarmente interessanti presenti in alcune zone delle nostre valli occitane. Es.: ts al posto della c dolce (tsansun al posto di ciansun); dz al posto della g di gent (quindi dzent) entrambe presenti ad es. a: Limunt/Limone (Val Vermenagno), a Selos/Celle (Val Mairo), a Pradzalà/Pragelato (Val Clüzun)".
Due casi isolati sono quelli di Jean Luc Bernard (Pruverbi a nosto modo, N.23, 1977) e di Giovanni Antonio Richard (Tra pratico e gramatico, N.23, 1977), che restano sostanzialmente fedeli all'EDP, pur commettendo qualche errore.
Andrea Vignetta usa, in Ël malatte (N.28, 1978) e nella raccolta di racconti Laz istorja ëd Barbu Giuanin, una grafia di propria invenzione per rendere la varietà dialettale di Fenestrelle (Valle Chisone):
ä = suono di a ristretto verso la o (mèinä, grän)
ö = suono di eu francese (öli, lögn)
ü = suono di u francese (brüt, dilüns, tüne)
ë = indistinta, iniziale di monosillabo (ël, ëm, ët)
e = indistinta in fine di sillaba (le, tole, demun)
e = suono normale nella congiunzione e (mi e vu, pan e vin)
é, ê = suono acuto, stretto (manét, él, fêtre)
è = suono grave, largo (sèn, lèire, el pè)
e = seguita da due consonanti - suono grave, largo (elle, erbe, mente)
c = suono dolce (cialenda, cèire, toc, baboc)
k = suono di c dura (tarok, bakan)
s = sorda (burse, saume, basin, panäs)
z = sonora (duze, Roze, bazin, razun)
j = consonante (bräja, fürje, poju pä)
Alcuni autori usano inoltre la <j> con due valori - e comunque non nel modo previsto dall'EDP (in cui essa si pronuncia [ʤ] davanti ad <a, o, ou, u, oe> e in posizione finale) - per indicare nel primo caso uno iato, nel secondo caso la semivocale nei dittonghi. In alcuni casi il grafema viene utilizzato con entrambi i significati all'interno dello stesso testo, come ad esempio in A tü, miu fij (N.28, 1978): fij (iato, in EDP: fihi); viej (dittongo) (8).
A partire dal 1979 la <j> per indicare la semivocale nei dittonghi sarà sostituita dalla <y>, come ad esempio in Art.5-6-7 (N.40, 1979: neysü, cayre, may, etc.), in Na vira sal chiöt röza (N.42, 1979: vey, travàyàa, etc.), in A François Fontan (N.47, 1980: üey, aspirasyun, cunuysies, etc.) e in En jurnal per nuosto gent (N.58, 1981).
L'introduzione dellla semivocale <y> preannuncia l'utilizzo della grafia semifonetica, che inizia ad essere usata da alcuni autori a partire dal 1979.
3-GRAFIA SEMIFONETICA (1981, N.61 / 1986, N.115).
Il primo ad usare la grafia semifonetica, anche detta grafia fontaniana dal nome del suo promotore (9), è M.Tucino nelle traduzioni Puemos d'edzil (N.45, 1979) e Salvador Espriu (N.46, 1979); seguono l'articolo redazionale 50 nümre de lu dzurnal (N.50, 1980) e L'noste patuà di Aurelio Monaco (N.61, 1981). Tuttavia, la nuova grafia fonematica sarà annunciata soltanto sul N.61 del 1981:
K e G sono sempre occlusive velari come in casa e in gatto
CH e J sono sempre occlusive palatali come in cibo e in gioia
S è sempre sibilante dentale sorda come in sera
Z è sempre sibilante dentale sonora come in rosa
Ü indica la palatalizzazione (u francese)
NH utilizzato per rappresentare GN di gnomo
Y i di iena
W u di uovo
La grafia sarà usata sistematicamente dalla redazione e dai principali autori di "Ousitanio Vivo" a partire dal N.64 del 1981: si vedano ad esempio nel N.64 del 1981 Akey düi u tres mes ente tut bowjo di Dario Anghilante e Film d'usitanio di Ines Cavalcanti; di Dino Matteodo Per gardà les eskoles dins les valades (N.67, 1981) e Ke kapito ental P.C.I. (N.69, 1982); Giacomo Bellone, che aveva già pubblicato alcune poesie sui primi numeri di "Ousitanio Vivo" usando la grafia dell'EDP, scrive nella nuova grafia semifonetica Limun (N.66, 1981), Fijatta (N.67, 1981), Tatta(N.68, 1982) e Gazülar (N.72, 1982), per poi cambiare ancora grafia nei numeri successivi (A Magalì, N.118, 1987) (10).
Non tutti si adeguano alla grafia semifonetica. Pietro Antonio Bruna-Rosso, che nel 1980 pubblica il Piccolo dizionario del dialetto occitano di Elva redatto in grafia mistraliana, mantiene tale grafia anche negli articoli e nelle poesie che scriverà successivamente (Presentasioun de lou diciounari. La parolo a Toni et l'Auro, N.55, 1980; Fai fitou, N.82, 1983).
Ugo Flavio Piton, abituato a scrivere sul periodico "La Valaddo" con la grafia dell'EDP, pubblica su "Ousitanio Vivo", adottando appunto la concordata, il racconto Lou calinhaire (N.57, 1981) (11).
Pietro Dao (Peyre d'Lizan) propone invece una grafia personale che utilizza in tutte le sue pubblicazioni su "Ousitanio Vivo" (M'quntavo mun payre qe venio d'Elvo, N.68, 1982; M'quntavo mun payre, N.81, 1983) e nella grammatica Occitano alpino pubblicata nel 1983:
û = u francese (ex.ajûte, aûro)
u = u italiana
ñ = gn di gnomo (ex.corñ, ulañes)
j = è sempre palatale (ex.jo, ja, Jwan)
c = è sempre palatale (ex.carju, corñ si leggono: ciargiu, ciorgn)
w = indica la semivocale u ei dittonghi (ex.awte)
q = c di chiesa, casa (ex.qarqûn, qe, qunfidenso)
y = idica la semivocale i nei dittonghi (ex.vyei, frayre)
Antonio Bodrero scrive nella grafia proposta da Pietro Dao la poesia Ünfern (N.69, 1982), sostituendo <û> con <ü> (ex.ünfern, püs); Dario Anghilante, che continua a scrivere nella grafia semifonetica, accoglie il grafema <q> che sostituisce il grafema <k> precedentemente usato e previsto dalla grafia demifonetica (ad esempio in Na targo per la novo qazo de Ezio, N.112, 1986; Qar üniversitari, N.70, 1982;Besé-Paris enqüy, N.79, 1983) (12).
Nous ò counto Chafrìin dë Bers e A nuste gënt (N.75, 1982) sono scritti nella grafia dell'EDP.
Aurelio Monaco si ispira all'EDP ma usa alcuni grafemi con diverso significato, come ad esempio la <j> che indica la semivocale <i> nei dittonghi (in EDP <j> è [ʤ]): si veda ad esempio La nosta minouransa, N.80, 1983; L'üniun fai forso, N.95, 1984;Ousitan 's nais, N.107-108, 1985).
Sono invece scritti in grafia mistraliana I caviè d'Elva (N.76, 1982) , l'Esperanço (N.86, 1983) e le poesie di Tavio Cosio (Oubriè pendoulaire d'oucitania, N.90, 1984; Draio tres martres, N.93, 1984; I biei nom di nuesti endréit, N.97, 1984) ad eccezione di Dar nais de Forrivaut, scritta in grafia normalizzata (N.91, 1984).
Infine, molti autori continuano ad utilizzare una grafia italianizzante, adottando soluzioni di volta in volta diverse, anche se nella maggior parte dei casi troviamo i grafemi <ü> (EDP = <u>), <u> (EDP = <ou>) e il digramma <ch> (EDP = <qu>); si veda ad esempio Lu carlevar es mort (N.90, 1984), Düi ladre ube 's mon din lu sac (N.110, 1986), Uspizi (N.113, 1986), Minuransa brigasca e R ëmigrant (N.86, 1983, nei quali troviamo anche i grafemi <ë> e <y>), A la fiero de Barseluneto (N.98, 1985), Ousitanio Vivo N.100 (N.100, 1985), Carcoso se reveio (N.104, 1985), Peyre Rous nous a leisà (N.106, 1985).
L'ultimo articolo scritto nella grafia semifonetica compare sul N.115 del 1986 (Na targo per la novo qazo de Ezio).
4-GRAFIA EDP E NORMALIZZATA (DAL 1989).
Il passaggio all'uso esclusivo dell'EDP e della grafia normalizzata è graduale.
Inizialmente gli autori usano una grafia italianizzante adottando di volta in volta soluzioni diverse, anche se nella maggior parte dei casi troviamo <ü>(EDP = <u>), <u> (EDP = <ou>), ch (EDP=qu): si veda ad esempio A Magalì, I a parlà coumo nous (N.118, 1987) e 2me rescuntre usitan, nei quali prevale la grafia italianizzante ma persiste ancora la <y> della grafia semifonetica.
La <y> scompare e il digramma <ch> inizia progressivamente ad essere sostituito da <qu> dell'EDP (si veda ad esempio Abu na cusienso autunumisto din i aministrasiun usitane, N.129, 1988); la soluzione non è comunque ancora definitiva, in quanto gli autori sono diversi e non ci sono indicazioni precise a cui essi devono attenersi (13).
A partire dal 1987 iniziano ad essere pubblicati alcuni articoli in grafia normalizzata, i quali diventeranno progressivamente più frequenti; di solito, e soprattutto all'inizio, gli autori scrivono in grafia normalizzata quando si rivolgono agli occitani francesi o quando parlano dell'occitania d'oltralpe.
Il primo scritto in grafia normalizzata è infatti il bando di Concorso Poësia d'Oc 1987 (N.119, 1987), rivolto a poeti di tutta l'Occitania, dalle valli occitane piemontesi fino alla Val d'Aran; ogni partecipante può scrivere nella grafia che preferisce, "en barba a l'eslarjament dal desordre de grafia", come recita il bando. A parte i poeti dell'Occitania francese che scrivono abitualmente in normalizzata, la maggior parte degli autori sceglierà delle grafie personali - come si può vedere sui N.123 e 124 del 1987 sul quale sono state pubblicate alcune delle poesie premiate - per lo più italianizzanti (Mirèio di Claudio Salvagno) o ispirate alla mistraliana (La pouesio e Ritrat ed Barbou Tanou di Piero Raina; As reis d'la vido di Lucia Abello)(14).
Gli articoli scritti in grafia normalizzata aumentano a partire dal 1988, segno di una maggiore apertura all'Occitania francese (2 Concors Idea d'Oc, Nòva Creacion Pròsa e Una licència d'Occitan a l'Universitat de Montpelhier, N.128, 1988; Concors Idea d'Oc, N.131, 1988; Ammassada generala de l'Institut d'Estudis Occitans, N.133, 1988; Concors Idea d'Oc 1989, N.135, 1989; Viage en Occitania, N.140, 1989, etc.).
Parallelamente all'incremento dell'uso della normalizzata, si assiste anche ad una progressiva diminuzione delle grafie personali e all'uso sempre più frequente della grafia dell'EDP, soprattutto a partire dal 1989.
All'alba del nuovo decennio, la scelta degli autori si è ormai quasi stabilizzata sulle due grafie, l'EDP e la normalizzata. Sul N.193 del 1995 la redazione pubblica la tabella con le regole delle due grafie, premettendo che
si tratta di due grafie lontanissime nella concezione che le ispira e nelle finalità. La grafia I.E.O. (legata all'occitano classico dei trovatori) è oramai largamente affermata nell'Occitania d'oltralpe, e risulta quindi indispensabile per la comunicazione tra studiosi e occitanisti delle diverse regioni, essendo concepita per riassorbire le differenze dialettali formatesi attraverso secoli di frammentazione culturale e politica. La grafia EDP invece, pur mantenendo un rapporto con la grafia mistraliana, è tendenzialmente fonematica (un suono = un segno) e dunque più vicina alle abitudini grafiche derivate dall'italiano. La nostra scelta non riflette in alcun modo giudizi di valore, e non vuole entrare nel merito della "querelle" linguistica che tante inutili divisioni ha portato tra gli occitanisti. Essa si attine a un criterio strettamente pragmatico e non fa che registrare una situazione di fatto, nel tentativo di semplificare l'attuale caotica frammentazione delle grafie, fino al limite, purtroppo sempre più diffuso, delle "grafie personali" e di restringere l'uso a queste due opzioni.
Escolo dóu Po:
oe = eu francese
ë = e muta francese
ou = u italiana
u = u francese
aou, oou, ecc = dittonghi composti da a, o, ecc più ou
ch = c(i) italiana, davanti a tutte le vocali e in posizione finale
c = c(h) italiana, davanti ad a ,o , oe, ou, u, e in posizione finale
qu = c(h) italiana, davanti ad e, ë, i
j = g(i) italiana, davanti ad a, o, oe, ou, u, e in posizione finale
g = g(i) italiana, davanti ad e , ë, i
g = g(h) italiana, davanti ad a, o, oe, ou, u e in posizione finale
gu = g(h) italiana, davanti ad e, ë, i
s = s aspra italiana, come nella parola sole. Può essere semplice o doppia
z = s dolce italiana, come nella parola casa. Può essere semplice o doppia
nh = gn italiana, come nella parola gnomo
lh = gl(i) italiana, come nella parola figlia
zh = j francese, come in jeu
ts = z italiana, come nella parola azione
dz = z italiana, come nella parola zebra
sh = sc italiana, come nella parola scena
nn finale = n di nano. Sarà an (hanno) e ann (anno)
Grafia classica o normalizzata:
VOCALI:
o / ó = u italiana (lop = lupo)
ò = o italiana (devòt = devoto)
u = u francese
a finale) si pronuncia generalmente o: ceba (sebo) (cipolla)
a, o, è, é, i, ì = come in italiano
ai = come in italiano ma in molte zone passa ad ei, e: paire (padre)
au, el, òu = come in italiano
uè = si pronuncia üè / ö / è: nuèch (notte)
CONSONANTI:
c = c(h) italiana davanti ad a, o, ò, u, uè: es.calinhar (corteggiare)
c = davanti ad e, i ha il suono della -s italiana: ceba (sebo) (cipolla)
ch = c(i) italiana, davanti a tutte le vocali e in posizione finale
qu = c(h) italiana, davanti ad e, i
j, gj, tg, tj = g(i) italiana, davanti ad a, o, ò, u, uè: es.minjar (mangiare), jòia (gioia), jurar (giurare-bestemmiare),atge (età), encoratjar (incoraggiare)
g = g(i) italiana, davanti ad e, i
g = g(h) italiana, davanti ad a, o, ò, u, uè, in posizione finale passa a k
gu = g(h) italiana, davanti ad e, i
s = s aspra italiana nella parola sole
s dolce italiana, in posizione intervocalica, come in rosa
ss = s aspra italiana, in posizione intervocalica, senza far sentire il raddoppiamento
ç = s aspra italiana, es.esfòrç (sforzo)
lh = gl(l) o i italiana es.palha (paglia)
nh = gn italiana, come nella parola agnello
z = usata in pochi casi, ha il suono della s dolce italiana. Es.azur (azzurro), azard (azzardo)
x = corrisponde al suono s aspra italiana; es.explicar (esplicà) (spiegare)
NOTE.
(1)Per approfonodimenti si veda il capitolo dedicato alla Storia delle grafie.
(2)Per approfondimenti sulle singole grafie rimando al capitolo Storia delle grafie.
(3)La commissione fu nominata nella riunione tenutasi a Coumboscuro (Monterosso Grana in Valle Grana) nel dicembre del 1970 per esaminare i dieci anni di attività dell'Escolo dóu Po. La commissione linguistica, composta da studiosi locali come Sergio Arneodo, Remigio Bermond, Antonio Bodrero, Gian Piero Boschero, Franco Bronzat, Gustavo Buratti, Sergio Ottonelli, Giuseppe Rosso, e da docenti dell'università di Torino quali Giuliano Gasca Queirazza, Arturo Genre e Corrado Grassi, si riunì a Torino a partire dal 27 marzo del 1971 sino all'aprile del 1972.
La grafia dell'Escolo dóu Po doveva essere "un sistema grafico in grado di servire alla trascrizione di tutte le parlate provenzaleggianti delle valli alpine del Piemonte, tale che ogni suono in una data posizione sia rappresentato da un solo segno", che "rinuncia, nella scelta dei segni, a qualsiasi criterio etimologico"; "una grafia di tipo fonematico piuttosto che fonetico e comunque non strettamente fonetico, che tenga conto, cioè, dei suoni avente carattere distintivo all'interno dei vari sistemi delle nostre valli", avente come base di lavoro la grafia mistraliana, modificata e arricchita "là dove essa sia insufficiente o inadeguata a rappresentare il maggior numero di elementi presenti in quest'area".
(4)Si veda ad esempio la poesia Lu Pelvu di Tiziana Raina (N.22, 1977), in cui l'autrice utilizza il grafema <ü> ([y]) per distinguerlo da <u> ([u]): tuttavia la distinzione non è mantenuta per tutto il testo. Si veda anche Lou sarvanot senso chanso (N.10, 1976), in cui Bruno Civalleri utilizza il grafema <j> prima per indicare lo iato (sourtijo), poi, come vuole la regola dell'EDP, per indicare il fono [ʤ] (jo).
(5)In particolare nei testi: Travai pulitic MAO, N.2, 1977; Pruverbi a nosto modo, N.22, N.24, N.25, N.26, 1977; Tero d'Usitanio, N.25, 1977; Barzellette, N.21, 1977; negli scritti di Dario Anghilante e di Alfredo Philip: Festo e cültüro, N.22, 1977; I dizìen Elvo, N.33, 1978;Pranou giurnal di giuve usitan (N.36, 1978); La viesteto, N.37, 1979; Parlare occitano, N.40, 1979; L'es dor dir vuì, N.48, 1980;François Fontan n'an apres, N.56, 1980; Art.5-6-7 (N.40, 1979) e altri ancora.
(6)Ma fà a parlà usitan, Gianni Giraudo di Roccavione, N.29, 1978 utilizza i grafemi <ë> ed <ö>; in Proverbi sulla vita, N.37, 1979, troviamo <ä> (da leggersi, come spiega l'autore, a stretta tendente ad o), <ë>, <ö>.
(7)Üno suarèo u li brandè, N.35, 1978.
(8)Ritroviamo il grafema <j> per segnalare la semivocale nei dittonghi, più spesso, o la iato, in pochi casi, oltre al testo sopra citato, in: Lou sarvanot senso chanso (N.10, 1976: sourtijo); Ma fà a parlà usitan (N.29, 1978: vej, parej, öj, etc.); Benvengü dins i pais Usitans(N.54, 1980: giaj, travaj, batajo, tradisjunal, etc.); Lu cian e la lüna d'istà (N.45, 1979: grij); Usitanio müsico 1978 (N.34, 1978: ensaj; cajre; trabajen; nasjunalo, etc.).
(9)François Fontan fu il teorico dell'etnismo, dottrina centrale dell'autonomismo occitano. "La lingua, secondo Fontan, rappresenta l'elemento identitario più importante e di conseguenza di ciò egli teorizza il diritto dei popoli del mondo a riscoprire la loro identità. Fontan sarà anche il promotore di una nuova grafia detta appunto fontaniana di tipo fonetico, ideata negli anni settanta in contrapposizione alla grafia etimologica alibertina, che non ha però trovato seguito né in Francia né in Italia", in Luisa Pla-Lang, Occitano in Piemonte: riscoperta di un'identità culturale e linguistica?, Peter Lang, Frankfurt, 2008, p.57.
(10) Si veda di Dino Matteodo: La CGIL se bowjo süs le minuranse (N.74, 1982); Na bono novo da la Katalunho (N.87, 1983); N'esfors per tyene düberte i noste eskole (N.88, 1983); Na butièo de speronso (N.94, 1984); Una festa dal sapore di un tempo (N.96, 1984);En vüyt din lu muviment awtonomisto (N.104, 1985).
(11)"La Valaddo" adotta la grafia dell'EDP proposta e modificata successivamente da Arturo Genre in La Bouno Nouvèllo sëgount Marc; sceglie tuttavia di adottare il grafema <ö> in sostituzione dei grafemi <eu> / <œ> previsti dall'EDP (ad esempio: blagöret, aböllbo, cölhî etc.).
(12)E ancora, di Dario Anghilante, La scomparsa dell'amico Ezio (N.112, 1986); Qumprensori mal fach e la festa del Piemonte (N.82, 1983); Ousitanio Vivo à 10 ann (N.92, 1984
(13)Ad esempio nel numero successivo si torna a <ch> invece di <qu> dell'EDP (3 rescuntre usitan, N.130, 1988)
(14)Le altre poesie che hanno partecipato al concorso si possono leggere su Poësia Occitana, nella sezione Poesia del Corpus Testuale. Le poesie degli autori dell'occitania francese sono state escluse dal Treòr de lenga-Corpus testuale.
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