Modi di dire a Bellino - Val Varaita

Era un parlare spesso colorito e divertente per sottolineare i difetti e le virtù, la gioia e il dolore dell' uomo.

 

La nostra parlata occitana si è talmente annacquata e appiattita sotto il peso delle interferenze italiane e piemontesi di questi ultimidecenni al punto da diventare estranea ad un nostro antenato che potesse tornare dall'aldilà per riprendere il discorso interrotto a suo tempo. Prendendo ad esempio Bellino nell'alta valle Varaita, che sovente viene indicato come luogo dove il nosto-modo ha saputo resistere meglio alle insidie delle lingue ora dominanti, vediamo come in effetti ancora molto rimanga dell'antica parlata ma notiamo pure subito il suo penoso impoverimento dovuto alla scomparsa dei termini più genuinini e significativi. E' un vero peccato perchè,scoltando, ormai di rado, risuonare parole e frasi che occasionalmente riemergono durante la conversazione con persone anziane, ci si rende conto di quanta ricchezza di espressioni e di termini contenesse questo linguaggio semplice e modesto, di quanta saggezza e arguzia sapesse far uso per descrivere i fatti della vita. Era un parlare spesso colorito e divertente che si sbizzarriva soprattutto nei modi di dire comparativi, nei proverbi, nelle espressioni più svariate per sottolineare efficacemente e prontamente i difetti e le virtù, la gioia e il dolore dell'uomo, il suo eterno confronto con le piccole e grandi cose di ogni Sono molte centinaia i proverbi e i paragoni usuali nel nosto-modo bellinese del passato ma qui vorremmo soffermarci un'istante nella analisi di una piccola parte di essi per renderci conto della divertente efficienza con cui descrivono "l'ome" e il suo comportamento. Dunque, l'uomo può essere "fort coumo en turc" oppure malinconicamente "n'aze vestì de drap", il chè non rappresenta certo un complimento, specie se l'interessato è pure "de mal tratar coumo na cavalo bioncho dedin la bonzo", ossia da prendersi con le molle a causa del carattere non proprio facile. E' certamente meno grave "esse coumo na jalino per stagieres", cioè estremamente maldestro e grossolano, mentre è meglio non confidare cose riservate a chi "es segret coumo lou troun"; discreto come il tuono, figuriamoci! "Prene en cafè da preire" rappresenta un breve ma sublime piacere: meglio però "aver na tripo coumo en vicari", segno evidente di benessere e sazietà che non potrà mai raggiungere chi "a pa en soldi da far balar en jari", ancor più meschino del poveretto a cui mancano sempre "desnoou soldi per far na liro". L'avarizia gioca brutti scherzi: "ei mijariò pa per pa chiar", è colui che non vorrebbe mai... tirar fuori niente, mentre si comporta meglio chi si limita a "esse larc ei brens e strech a la farino", ossia generoso nel consumare ciò che costa poco. Ai tirchi e agli sprovveduti può succedere "de vende lou soulei per chatar la lupo" oppure "desvestir Son Piere per vestir Son Paoul": in entrambi i casi, convinti di risparmiare, si privano del meglio per avere lo scadente o, addirittura, tolgono inutilmente da una parte per mettere dall'altra. Può succedere invece, per inesperienza, di ricorrere ad un rimedio inefficace: in tal caso si avrà il medesimo risultato che si ottiene mettendo "en papin sus na chombo de bouosc", sempre meglio comunque che costruire o riparare una cosa destinata a "durar da Deineal a Sont Steve", ossia veramente poco. Un imprevisto per la rammendatrice è quello di "couze istà e uvern enssemou" per cui sarà impossibile infilare il braccio in una manica o addirittura indossare la camicia. E sì! L'uomo (o la donna) possono fare tante cose! :"Poussar coumo n'aze sei guias" è impresa faticosa e difficile, quasi come procedere nel buio più completo dove "en lei vei pa a se betar i dé dedin i uei", ma sempre meglio che "tramoular coumo na fueio d'albro", tremare di freddo o di paura da far pensare alle foglie del pioppo....tremulo. Il colmo però è "troubar lou mar e pa saber nadar", lasciando sfuggire la fortuna o non sapendola sfruttare. "Se taiar l'erba dessout i pè" è un passo falso che può compiere il distratto o l'imprudente, specie se ha "de lengo coumo en chon a de penas" e parla a vanvera tradendo i suoi segreti. Il chiacchierone, si sa, può anche "tirar fouoro les paroles coumo i aze i pet" e fare lui stesso la figura del somaro: pazienza! "Parolo d'aze jougn pa ei sel" e non persuade chi ascolta, ad esclusione dei grandi creduloni, disposti perfino "a creire que les looure pounoun" cioè fandonie madornali. Del resto esiste pure chi capisce tutto all'incontrario, ossia sovente "pren na soco per en chooussier" che è come prendere lucciole per lanterne o fischi per fiaschi. Chiacchiere, parole. A volte le parole offendono più dei fatti e creano situazioni difficili, odio e risentimento: in questi casi capita "de minjar merdo e dir que i es bouono" facendo buon viso a cattiva sorte, e rassegnarsi a "lei betar sus lou pon de Deineal", ossia perdonare e dimenticare. E, per concludere, ecco come può "andare" e dove può "andare" una persona tra le tante: è molto lento colui che "vai gadin gadeno"; cammina forte se "ei vai coumo n'ours" ma deve arrendersi di fronte a chi "vai coumo lou soulei per coumbes" e vola sul terreno sfiorandolo appena, tipo fantasma.

"Anar pissar sus la luno" o "se far encadrar dreire na laouzo", succede a chi si fa mandare decisamente al diavolo ed è più fortunato di chi "vai a gardar les jalines dei preire" rimanendoci per sempre, lontano da questa valle di lacrime.