L’exillese Luigino Bernard (1928-) è vigile urbano a Torino, prima di ritirarsi a Susa negli anni della pensione. Direttore de Il Bannie per molti anni, scrive versi in piemontese ed è un convinto sostenitore delle tradizioni e della lingua locale che promuove, con Genesio De La Coste, attraverso le pagine del giornale parrocchiale, vera cronaca del paese, con i concorsi letterari e le raccolte di ricordi, fotografie, ricette e proverbi. Partecipa alla stesura di San Colombano di Exilles. Il borgo, la chiesa, la gente, con la traduzione in patois de I giorni del “grande fuoco”.
La grafia adottata dal Bernard, è quella dell’Escolo dou Po con alcune varianti su lezione del De La Coste: la vocale ä ha suono intermedio tra a ed e (lä, la). L’allungamento vocalico è reso con accento circonflesso (bô, bosco; dounâ, dare). La e finale non accentata è da intendersi semimuta (guere, guerra), mentre a inizio o in corpo di parola è resa con la dieresi (ël, il; për, per). La vocale ö indica il corrispondente suono francese eu (manövre, manovra). Le vocali ou e u sono pronunciate alla francese (oucupâ, occupare; ecloupe, scoppia; russìe, riuscita).
Il segno g indica il suono g dolce o aspro (tragique, tragica; garnìe, munita) seguito da u per rendere il suono aspro davanti alle vocali e ed i (guidà, guidato; guere, guerra). I grafemi ch e j indicano i corrispondenti suoni alla francese (chaté, castello, forte; anrajé, arrabbiato). Il gruppo qu indica c aspra davanti a vocale (quëllou, quelli; anquâ, ancora; quoque, qualche). Il digramma lh ha suono intermedio tra quelli italiani gl di figli e i di ieri (issilhonta, exillesi; pioulhìn, abitanti di Poi, antico nome della Frazione San Colombano). Con nh è reso il corrispondente suono italiano gn (senhour, signore). Non è evidenziato il particolare suono quasi impercettibile della r, articolata tra alveo e palato, caratteristico della parlata locale (istouere, storia). Inoltre non è segnalata alcuna differenza grafica tra i suoni duro e sonoro della s (fransesa, francesi).
In una poesia scritta in piemontese, Luigino Bernard, racconta l’antica usanza di Capodanno, quando i bambini correvano di casa in casa ad augurare il Buon Anno e a chiedere in cambio un dono, e riporta la formula di augurio in lingua occitana che costituisce anche il titolo della poesia: Boujoù boun an! ‘M dounè pa ran? (Buongiorno, Buon Anno!)182.
Una tragica pagina di storia.
I giorni del “grande fuoco”
Nel 1590 la Lega cattolica è in guerra contro gli Ugonotti. Il generale francese Lesdiguières, condottiero di questi ultimi in Delfinato, investe Exilles, il cui forte è tenuto dal signore di Ponsonnas, fautore del partito cattolico. All’Ambournet le milizie exillesi, comandate dal loro sindaco Claudio Bernard, sostengono l’urto dei piemontesi di Carlo Emanuele I, avanzanti da Susa, li arrestano e danno così tempo al generale Lesdiguières di rinforzarsi e respingerli fino alle barricate di Gravere. Il governatore del forte cede, senza combattere, la munitissima piazza al suo avversario.
Nel 1593 la guerra riesplode furiosa. Ad Exilles le truppe francesi e piemontesi si scontrano, saccheggiando, uccidendo. Il 4 maggio i piemontesi attaccano San Colombano per impadronirsi dell’Infernet, stringere il forte in una salda morsa e darvi l’assalto. I francesi passano al contrattacco. Molte case del Poi180 sono date alle fiamme ed altre sono diroccate dagli aspri cannoneggiamenti, si narra.
Il villaggio è devastato spietatamente e i combattenti razziano ciò che il fuoco non ha distrutto. Gli abitanti si salvano nei boschi e si rifugiano ai piedi dell’Ambin e del Niblé con i loro armenti e greggi. La battaglia nel borgo si fa vieppiù furiosa e cruenta. Con una manovra ben riuscita, i francesi rintuzzano i piemontesi e depredano il poco che il fuoco aveva risparmiato.
Qualche giorno dopo i piemontesi rioccupano il Poi, ricacciandone i francesi, mentre nel fondovalle il forte apre le porte al Duca di Savoia. Ma prima di ritirarsi, il comandante La Forest Blaccons fa incendiare Exilles, diroccandola completamente. Per rappresaglia, i piemontesi appiccano le fiamme al Deveys, al Chambons e alle altre borgate: è il 17 maggio. Resteranno, quei giorni, tristemente famosi per gli Exillesi come: i giorni del “grande fuoco”.
An 1590 lä Lingue Catolique i l’é an guere countre lous Ougonot. Ël general fransé Lesdiguières, cap ëd quëllou-icì an Dophiné, ataque Issilha, ël «chaté» dla quelle ou l’é tongù dou senhour de Ponsonnas, qui soustòn lë partì catolic. A l’Ambourné la milissia issilhonta, guidà dë soun sendìc Clode Bernâ, la souténan lä pressioun dou Piemountai ‘d Charle Emmanuel proumìe qui avansàvan dë Seouze, lous aréstan e dounan parìe ‘l ton ou general Lesdiguières ëd s’ranfoursâ e lous arpoussà fin a la bariquâ ‘d Jërasse. Ël coumandàn dou «chaté» ou sedde la plasse bion garnìe a soun aversere, sonse coumbatte.
An 1593 lä guere ecloupe anquâ furiouse. An Issilha la trouppa fransesa e piemountaisa is rancoùntran, sacajàn, tchuàn. Ël 4 dë mâi lou Piemountai atàquan Sen Cloumban për s’ampadrounì dl’Anfërné, sarâ ‘l “chaté” din un etoc bion solide e i dounâ l’assaou. Lou Fransé pàssan ou countratac.
Bion ëd mesoun dou Poi la soun dounè a la flamma e d’autra la soun dirouchà dl’âpre canounade, i countìan. Ël vieraje ou l’é rouviné sonse picié. Lou coumbattàn rapasséan icon qu’ël fioc ou l’à pa detruì. Lou pioulhìn i s’arfùjan din lou bô où pé dl’Ambin e dou Niblé ve soun troupéou ‘d fea e ‘d vacha. Lä batailhe din ël bourg is fai plu anrajé e sanhouse. Ve une manövre bion russìe, lou Fransé i arpoùssan lou Piemountai e pilhan la mesoun qu’ël fioc ou l’avìe risparmié.
Quoque jou apré, lou Piemountai i tornan oucupâ ‘l Poi, fàsan filâ lou Fransé; dou meme ton, idavà aval, ël «chaté» ou l’ebbre la porta ou Duc ëd Savoie. Ma dran ëd s’artirâ ël coumandàn La Forest Blaccons ou fai brulâ Issilha, lä ravajàn coumpletamon. Për vanjanse lou Piemountai brùlan ël Devai, ël Chamboùn e las aoutra bourjà: i l’é ‘l 17 ëd mâi.
Quëllou jou i restëràn tristemon famoù për lous issilhon coumme lou jou dou «gran fioc».181
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