italiano

Non è facile parlare di una borgata del proprio paese d'origine, saperne la storia e dire “tutto” in poco spazio. Comunque proveremo.

La Ruata (chiamata “La Ruhà” in Oncinese) come posizione geografica è situata a ridosse della cresta spar­tiacque fra il Rio Giuliano ed il Rio Daina, ad un'altitudine di mt. 1139, è rivolta a est ed è la borgata che si trova dopo la Ruera salendo verso Oncino.

Anticamente per raggiungerla, ci si serviva della vecchia strada comuna- le che partendo dal Boschetto, passando il vecchio ponte sul Po (a val­le dell'attuale], toccava la Madonna del Bel Faggio, Oncino, il cimitero e ridiscendendo verso il Serre, l'attraversava secondo la sua diagonale. D'inverno ogni borgata aveva un tratto di strada ben definito da sgomberare dalla neve. Il compito degli abitanti della Ruota era di spalare fino ad Oncino.

Per collegamento con le altre bor­gate c'erano dei sentieri (per la Ruera ad esempio), e delle strade paragona­bili a mulattiere tipo quella che sale alla frazione Fantone.

Esiste un'altra traccia di sentiero, chiamato in Oncinese “vio miano” con origini ancora più remote. Dalla sua posizione si può rilevare ancor oggi che collegava la borgata con l'antico capoluogo Annego (Infatti solo dopo il Marchesato di Saluzzo. Oncino divenne capoluogo, verso il 1565). All'inizio di questo sentiero, nella zona conosciuta come “I Bialot” nei prati circostanti esistevano degli sta­gni artificiali, dove veniva posta a macerare la canapa (“Lou tzarbu”). Si seminava come il grano e cresceva anche oltre il metro e mezzo. (Le sementi si chiamavano “lou tzanabù”). Quando era matura veniva sradicata e si facevano dei fasci, poi siste­mati nell'acqua con dei massi sopra per tre settimane circa. Quando era asciutta, gli steli si rompevano la­sciando sfilare la canapa greggia, che raccolta a mazzetti, veniva lavorata su dei pettini in ferro di diverse dimensioni. Veniva poi filata dalle donne, all'incirca come la lana. Il filo era poi portato a Ostana o addirittura a Sam­peyre per essere tessuto.

Le coperte miste di canapa e lana, le lenzuola o i pantaloni di “telo 'd rap” una volta nascevano cosi. La Ruata, come tutta la valle, ha vissuto i suoi anni migliori nel periodo precedente la prima guerra mon­diale. A quel tempo vi risiedevano venti famiglie, ed è doveroso citarle tutte perché pure loro hanno dato vi­ta al corso della storia del nostro Paese. Per seguire un certo ordine inizieremo da quelle più a monte: sopra il Pilone (Posa dei Morti) c'erano due famiglie “Giachin” (Barreri Ghiaffredo e Barreri Gioacchino). Del primo, suo figlio Gioacchino conosciuto col nome di “Gildo” commerciava e lavorava “cavei dël pentu”, che poi spediva a Parigi per le confezioni di parrucche. Il secondo acquistava burro e uova nella nostra vallata e li rivendeva a Paesana.

Sotto il Pilone viveva la famiglia “Bertun” (Peirasso) che vide costruire la strada attuale al posto dl una loro casa. Per citare un po' di storia, in precedenza il Pilone non esisteva, e la “Pausëtto” che si trovava tra la bor­gata e il Rio Daina sulla strada per il Serre, ne faceva le veci.

Allora, quando il Prete portava l'Estrema Unzione (“lu Santissim”) ad un ammalato al Serre, era accompagnato da tre o quattro uomini che portavano i “Lanternun” e li precedeva il suono ad intervalli di un campatelio. Udendo­lo, gli abitanti della borgata si univano al corteo e lo accompagnavano fino alla “Pausëtto) Qui ci si inginocchiava con un certo rito e il corteo iniziale riprendeva il triste cammino.

Riprendendo il discorso sugli abitanti, si trovava poi la famiglia “Po­sta” (Barreri Giacomo) che ebbe questo soprannome dall'incarico pubblico che ricopriva. La sua casa era una tappa per icarrettieri in transito per Oncino, infatti gestiva “l'Osteria del Giardino”.

A valle della strada c'era una delle quattro famiglie “Mlin” (quella di Barreri Vincenzo) e la famiglia “Curunel” (Bonardo Sebastiano) che d'inverno comperava nella zona la paglia di segala giàconfezlonata in mazzetti, e la inviava alla lavorazione dei famosi cappelli di paglia a Firenze. Scendendo fra le case si trovava le famiglia “Turba” (Peirasso) dove at­tualmente si sono insediati i fratelli Reinaudo, la famiglia “Borda” (Pei­rasso Giuseppe) dove ora c'è la fami­glia Peiretti e la famiglia “Giardini” (Mattio Matteo).

Nella parte centrale c'era il gruppo di case abitate dalle famiglie Peirasso: “Riunda”, “Tana” che era falegname, “la Luvo”, “lu Zorgn” e suo fratello “Madama” che poi si trasferì al Saret di Oncino.

Proseguendo verso il Serre si travavano tre famiglie “Mlin” (Barreri Pietro e Barreri Giacomo) commercianti in bestiame, il secondo già in quell'epoca fece costruire la casa su tre plani piu piano terra. Suo figlio Giuseppe commerciava i “cavei dël pentu” per le parrucche francesi. C'e­ra poi la famiglia Barreri Carlo. nell'ul­tima casa prima del tornante.

Nella parte più bassa (dove adesso c'è il bivio con la strada per il Serre) vi abitò pure una donna particolare, la “Cafeo” considerata una delle “masche” che condizionavano la normalità della vita di quei tempi. Ci sarebbero da riportare parecchi episodi capitati all'incirca un secolo fa con protagonista questo personaggio, ma ritorniamo all'epoca considerata, l'anteguerra.

C'era la famiglia Bergia Maddalena, la famiglia “Sause” (Peirasso Mad­dalena) alla quale la strada tolse una casa, e la famiglia “l'Abà” (Peirasso Chiaffredo) che deve il soprannome da un'usanza di quel tempo. A carnevale, oltre alle maschere e alla rac­colta delle uova. c'era l'abitudine di riunirsi nei cortili delle case per un ballo improvvisato. ed il ballerino più bravo veniva innalzato dai presenti e considerato “l'Abà” dell'anno.

Le meire di tutte queste famiglie ai trovano ai piedi di Pian Paladino, e sono le Sagnere e gli Adritti. Vi si trasferivano per il pascolo nei mesi estivi.

Dopo la prima guerra mondiale, nella borgata si aggiunsero altre fa­miglie: “Gop” (Peiretti Pietro) che era cantoniere, e “Savoia” (Fantone Giuseppe) che in seguito alla costruzione del canale e all'elettrificazione, verso il 1923, costrui il mulino ed apri il negozio di commestibili sulla strada commeciale.

Intanto anche la famiglia “Posta” trasferì al fondo della borgata l'oste­ria, con annessi il forno del pane e commestibili. La costruzione della strada del Serre, iniziata nel 1937 e terminata non molti anni fa, è stata l'ultima novità che la borgata ha vis­suto.

In seguito gradualmente i negozi cessarono l'attività, le case si svuotarono, parecchie famiglie scomparvero, ed ecco la borgata attuale.

Abitata da un massimo di diciotto famiglie durante l'estate, nell'inverno rimangono lassù tre persone: le sorel­le Anna e Maria Barreri “Posta” e Vincenzo Barreri “Mlin” reduce della guerra libica e della prima guer­ra mondiale, forse il più anziano testimone di quanto è scritto in queste pagine sulla Ruata.