GLI ALBERI DEL BOSCO

Il territorio di Giaglione ha un’estensione di 33 km2 ed è quasi interamente coperto da boschi. La diversa altitudine nel territorio giaglionese, la presenza o meno di acqua, il tipo di terreno, la maggiore o minore esposizione al sole determinano specie di alberi, di arbusti e piante molto varie.

Dai 600 ai 900 metri, i boschi che circondano l’abitato di Giaglione sono costituiti prevalentemente da:

castagni

Tsatinhie

pioppi

Arberoès

roverelle

Rouro

frassini

Frèisoen

ciliegi selvatici

Gratíe

Nelle zone più umide e lungo i corsi d’acqua crescono:

saliconi

Saouzo

betulle

Boeila

salici

Vorza

Nella fascia che si trova tra i 900 e i 1500 metri si estendono grandi boschi costituiti principalmente da

pini silvestri

Pin

faggi

Fou

larici

Malezó

Inoltre tra questi alberi crescono esemplari di:

aceri

Plaioen

abeti

Sap

maggiociondoli

Aborc

noccioli

Doulanhíe

ontani

Vèrna

sorbi montani

Alíe

sorbi degli uccellatore

Timèla

Una zona particolarmente interessante per le specie di piante ed alberi è la Val Clarea (1200 metri) dove troviamo nella zona più bassa e umida boschi di tiglio- tilh, mentre nella zona più alta più rocciosa crescono in mezzo agli alberi citati precedentemente, molti esemplari di tasso- diiz E di agrifoglio – grivo.

Oltre i 1500 metri troviamo ancora boschi di larici e di faggi, poi cespugli di ontano bianco- drozoes sempre più radi, cespugli bassi di ginepro strisciante- dzenèivro e infine macchie di rododendri- brouséi e i verdi pascoli.

ALCUNI CENNI STORICI

Le montagne intorno a Giaglione in passato erano coperte di folte foreste; il legno aveva modico valore e la scarsa popolazione non aveva ancora intrapreso vasti disboscamenti allo scopo di ottenere nuove terre da sfruttare.

Le specie principali erano, come al giorno d’oggi il larice, l’abete, la quercia, il pino, il faggio e il castagno.

L’opera rinnovatrice dei monasteri favorisce, a partire dall’XI secolo, il dissodamento delle terre; l’incremento della popolazione richiede legname per le case e per i lavori agricoli: inizia il taglio incontrollato dei boschi. Ma il patrimonio forestale non era ancora in pericolo; furono le ininterrotte guerre dei secoli seguenti a dargli un duro colpo. E impressionante constatare, scorrendo i libri dei sindaci ed i parcellari, l’enorme quantità di pali e legna da ardere richiesta alla Comunità dagli eserciti che, specie nei secoli XVI-XVIII, avevano scelto la valle di Susa quale teatro delle loro gesta.

( da B. Molino- Giaglione Storia di una comunità- Melli 1975)

I NOMI DEL BOSCO

bosco

Booc

Bosco di montagna (piccolo appezzamento)

blatsa

Bosco di montagna (appezzamento più grande)

bousquina

cespugli

boueisounâ

Bosco di pini

Bousquina de pin

Bosco di larici

Bousquina de malezó

Bosco di abeti

Booc de sep

frutteto

verdzíe

Bosco di castagni

tsatinher̈èi

Bosco privato

Booc di particulíe

Bosco comune

Booc dou coemuu o coemounaal

Bosco demaniale

Booc dou demanho

Il terreno destinato a frutteto si chiama verdzie e si trova più vicino alle case del paese.

I DISBOSCAMENTI DEGLI ULTIMI ANNI

Dall’anno del 1941 fino all’anno 1948 è avvenuto un grande disboscamento in Val Clarea dalla località Maddalena fino alla località Tiraculo. Furono tagliati ben 220000 quintali di legna.

Dopo la guerra, il bosco occupava il 21% del territorio comunale; oggi poiché molti terreni non sono più coltivati il bosco si è allargato e si presume che occupi il 35% del territorio comunale. Pochi anni fa è avvenuto, nella zona del Mulino, un vasto disboscamento quando SITAF ha iniziato i lavori dell’Autostrada Torino-Bardonecchia: sono stati tagliati molti castagni. Attualmente lungo la strada della Val Clarea dalla S.S. 25 fino al fondo valle sta avvenendo un massiccio disboscamento per i lavori dell’A.E.M. (Azienda Elettrica Municipale).

TOPONIMI GIAGLIONESI LEGATI AL BOSCO

Boysonatis -Bwyusunà

Località caratterizzata dalla presenza di cespugli. Fra S.Chiara e il rio Supita

Brignun- Berňü

Dal nome dialettale del Susino selvatico. Pendici N della Cappella Bianca

Boysona- Bweysun

Da cespuglio, albero del bosco, che sussiste tutt’ora attorno alla Chiesa. Pendio fra la località Catena e la Chiesa parrocchiale. Dal latino buxetum: luogo dove abbonda il bosco, o più semplicemente dal francese buisson: cespuglio

Caffanello- kafanèl

Bosco composto da cassano-quercia. Fra i Balloni e le case Bufferant

Drora- drosës

Bosco di antano verde

Barotto- barot

A ovest di San Rocco, sotto il Malloio in corrispondenza del primo castagneto. Estremità boscosa, paesaggio dalle vigne ai castagneti e ai boschi

Bochaceys-

Oltre Deruine, salendo verso Santa Chiara; attuali case Buciasse.

Da bu=bosco e chassagne, chasseigna, chassaing, forme romanze equivalenti a quercia

Bosco abbatis- balabà

A nord della Verna e fino al Pian Deruine sopra le attuali vigne. Bosco in possesso dell’abate di S. Giusto

Bosco albo- butteblan

A Sud-Ovest dell’Excarena, sotto la strada da Deruine a Chiauri. Bosco di betulla dalla caratteristica corteccia bianca

Bosco castagni- buzatan

Oltre il castello superiore, a lato della mulattiera per i Grandi Campi prima di “Petra Chaura”; attualmente si nota ancora il ceppo di un castagno delle dimensioni eccezionali, al punto che prima del suo abbattimento una parte del tronco era stata intaccata affinchè non ostacolasse il transito lungo la mulattiera

Fontana faggi o fou- funtanafu

Significa fontana del faggio, albero sacro a Giove. Odierna Fontanafu a nord di Busignera

Gravis- grives

Localmente era un bosco di agrifoglio. Fra il bosco Abate e il Pian Deruine, a lato della mulattiera

Magna Cotia- Val Clarea

Cotia significa bosco o gran bosco.

In Chiauri.

Melezeto- Male Sot

Bosco di larice in zona mulattiera. Pendici della Mulattera, sopra Santa Chiara

Nohereto- pra muyè

Zona a Santo Stefano, dove abbondano gli alberi di noce

Bosco Ferrandi- bufaran

Bosco di proprietà dei Ferrandi (famiglia giaglionese). Attuali case Bufferant, fra Deruine e il piano delle Cappelle.

Bosco leodi- Buliù

Bosco di proprietà di un antico proprietario terriero. Presso le attuali case Boliù, al margine W del pian Deruine

Bosco Noyreti- Deruine

Luogo dove abbondano i noci. In località Deruine.

Bosco Sofflardo- Basuflart

Luogo battuto dal vento. Oltre i ballori, presso l’antica mulattiera per la Vardeta

Pineto- Pinot

Luogo folto di pini. Saliente della strada per Clarea, all’inizio della discesa dei mulini. Vi sorgeva la Torre dei Santi, punto di forza delle barricate di Clarea.

Savina-Savinó

Salla parola sapin= abete, o sap= radice. Pascoli e grange nell’alta val Clarea

Tagliatis- Taglià

Selva disboscata, bosco ceduo. Sopra S.Antonio, presso il terzo tornante della statale

Verna-Verna

Bosco dell’ontano verde. Sotto il Bosco Abate, a levante della Comba Folleto

Vinateriis- Venatiye

Dal termine ven= denominazione dialettale del salice. Tratto iniziale della “comba”, a valle di Deruine

GLI INCENDI

In passato ci sono stati degli incendi.

A volte qualcuno lasciava il fuoco incustodito mentre ou deilivrave (puliva) il prato sotto il bosco. A Giaglione ancora oggi quando si verifica un incendio, i pompieri volontari e tutta la popolazione accorre per isolare, circoscrivere e spegnere il fuoco.

UTILIZZO DEL LEGNAME

I tronchi più grossi di abeti, larici, pini (sap, malezó, pin) venivano usati per le costruzioni delle travi dei tetti e per i pavimenti.

La legna serviva per riscaldare le case; anche i rami più piccoli (la rama9 che oggi vengono lasciati a marcire sul posto, venivano raccolti in fascine (feisinóes) e portati a casa per accendere il fuoco nel camino o si portavano al forno.

I tronchi più piccoli del castagno selvatico (boutsàs) venivano usati per fare i pali (li paal) e le pertiche (le pertsetoes) per formare i filari nelle vigne.

La legna di ciliegio (gratíe) e di castagno selvatico (boutsás) veniva utilizzata per la costruzione dei mobili.

Con il legno di rovere (rouro) si costruivano borri e tini.

La legna veniva utilizzata per la costruzione di attrezzi agricoli: manici (meindzo) di martelli, zappe, vanghe, rastrelli costruzioni di slitte (leioes), costruzione di trapoun.

UTILIZZO DELLE FOGLIE

In autunno con la leia e la couverta d terlò (coperta di canapa) i contadini andavano nei boschi e facevano le patinaa di foglie secche, in particolare di faggio e di castagno che sarebbero servite per preparare la lettiera alle mucche nella stalle.

Far̈e la foelhia- fascine di rami con foglie

Verso settembre si pulivano i cespugli (boueisounaa) dai rametti eccessivi e si facevano le fascine di foelha (fascine di rami ancora ricoperti di foglie).

Si lasciavano seccare per qualche giorno rivoltandole ogni tanto, poi si portavano nel solaio e, durante l’inverno, si davano alle pecore e alle capre affinchè brucassero le foglie secche.

UTILIZZO DELLA RESINA

Quando si tagliavano dei larici che di solito servivano solo per fare i tetti delle case, vicino ai tronchi si trovavano screpolature piene di resina. Questa, raccolta in un contenitore e poi filtrata, era e lo è tuttora una buona medicina per le ferite superficiali.

UTILIZZO DEI FRUTTI

Le ghiande venivano raccolte e date in pasto ai maiali.

Le castagne erano un alimento essenziale per i nostri nonni. In inverno erano presenti tutti i giorni sulla tavola.

Ai Santi ancora oggi si cena con castagne abbrustolite e insalata d’indivia.

MINESTRA DI CASTAGNE

Ingredienti:

castagne secche

acqua

latte

riso

sale

Procedimento

Si pestano le castagne nel “Pitò” per togliere la buccia e la camicia. Si fanno lessare nell’acqua. Quando le castagne sono cotte si aggiunge un litro di latte. Quando bolle si aggiunge una manciata di riso, un po’ di sale e si cuoce per 15 minuti circa.

L’OLIO DI NOCI E DI MANDORLE

Il nonno Berbnardo della borgata S. Giovanni, di anni 90, racconta che da giovane si recava a Chiomonte per fare l’olio di noci e di mandorle. Racconta che era una festa, quando un gruppo di borghigiani, di notte, con la gerla piena di noci e di mandorle, con la lanterna in mano, partiva cantando.

Portavano anche la pinta di vino per pagare il proprietario del frantoio, delle latte in cui mettere l’olio e della legna per accendere il fuoco.

Per fare l’olio si rompevano le noci o le mandorle con un martello, si toglieva il gheriglio con l’aiuto della “leina” poi si macinavano. Il ricavato si metteva in una padella sul fuoco e quando le noci erano ben calde le si avvolgeva in una pezza di tela tipo sacco e si metteva a torchiare. Nelle latte si raccoglieva l’olio che usciva dal torchio. L’olio di mandorle era usato come medicinale per i bambini, contro la stitichezza, mentre l’olio di noci veniva usato per condire.

LE TSARBOUNHÌEROES

Le carbonaie - le tzaarbounhíeroës

Sono parecchi i luoghi a Giaglione dove si faceva il carbone di legna ; bastava uno spazio pianeggiante anche abbastanza limitato per costruire una tzarbounhíera.

Si tagliava la legna di nocciolo (doulanhíe), di faggio (foû), di rovere (rour̈o) e la si ammucchiava in verticale o quasi fino a formare un grosso cono alto 2 metri o più e largo alla base alcuni metri. Questo mucchio di legna veniva poi ricoperto di terra ben pressata, avendo però cura di lasciare alla base degli spazi vuoti che collegati ad uno spazio vuoto centrale del cono dovevano servire per il tiraggio. Si dava poi fuoco alla legna che quasi soffocata dalla terra “cuoceva” lentamente trasformandosi in carbone. La cottura del carbone durava parecchi giorni e necessitava di assistenza continua (giorno e notte). A cottura ultimata il carbone veniva spezzettato e messo in sacchi di juta per essere venduto o comunque portato nelle abitazioni.

Oggi non conosciamo delle persone che costruiscano delle carbonaie. Mio nonno si ricorda di un signore che nel 1947 faceva questo lavoro in località Bocciassero vicino al pilone votivo.

La mia prozia Emilia si ricorda di un certo Vincenzo du Fun che faceva il carbone in Val Clarea. Altre carbonaie esistevano tra il Greisone e il Rivoira (per andare a Santa Chiara); sopra Santa Chiara, prima di arrivare all’acqua delle Bueisounà; nei prati sopra la strada a Venaus (un po’ più giù del ponte).

Alessia Martina

LA SAPIENZA POPOLARE

Una volta, a S. Giovanni, la gente andava a tagliare un rametto di noce, ancora bagnato di rugiada e lo appendeva davanti alla porta di casa per far scomparire gli spiriti malvagi.

Can c lhi tzatinhìe soun voèrt a tuì sèïa vente tenìe da coènte la palhia e lou fèn.

I toponimi dei luoghi dove raccogliamo la legna sono:

Santa Chiara: le Boueisounà, Pourtounie, Plan dou truc, Courbeut, Pitò

Val Clarea : Eisarteut, Piera Pourcera, Boutsednin, le Cors

Giaglione : la Vartò, Canfanel, Baleu, Gran Tsan, Boulabà, Pradzuva