La losa è una lastra di pietra, generalmente utilizzata in edilizia come tegola o per la pavimentazione.
È una parola “strana”: secondo il linguista Pierre -Yves Lambert il termine “losa” deriverebbe dal celtico “lausa”. Nel “Dictionnaire de la langue française” del 1867 il termine “lause” è fatto derivare dall'antico termine provenzale lauza, «lastra, pietra piatta».
Nelle aree alpine viene utilizzata per la copertura dei tetti delle case. Ma come mai è così diffuso questo utilizzo? I nostri avi iniziarono a costruire tetti in pietra poiché era sicuramente più conveniente, infatti era più semplice ed economico estrarre la materia prima dalle montagne dei dintorni, piuttosto che rifornirsi di laterizio lontano e costoso.
La pietra utilizzata non doveva essere massiccia e compatta, ma una pietra che “sfoglia”. Infatti le rocce dalle quali vengono ricavate le lose sono di natura scistosa, ovvero fratturabili lungo il piano orizzontale o verticale e quindi relativamente facili da tagliare in lastre. Questa la ragione per cui la sua lavorazione avveniva attraverso la sfogliatura del blocco in lastre irregolari, dello spessore di 3-6 cm per le abitazioni e di qualche centimetro in più per fabbricati di minor pregio e per la pavimentazione. Il contorno di ogni losa veniva lavorato e adattato nel momento della posa.
Tra i pregi del manto di copertura in pietra c’è quello di avere una maggior durata nel tempo: l’assenza di coibentazione e impermeabilizzazione e il conseguente passaggio d’aria, unite a una corretta manutenzione (per evitare infiltrazioni d’acqua), permette ai tetti tradizionali delle nostre valli una durata di qualche centinaio d’anni.
Prima degli anni ’50 del secolo scorso le lose venivano posate sui tetti senza alcun sistema di ancoraggio: infatti venivano semplicemente appoggiate al tavolato ligneo del tetto. Inoltre venivano utilizzate tutte le pietre, anche i piccoli pezzi: nulla veniva sprecato. La funzione più importate del tetto era, ed è ancora oggi, la protezione dall’acqua piovana: quindi i posatori dovevano fare in modo che l’acqua scorresse da una losa all’altra senza permettere all’acqua di filtrare all’interno. E proprio in questa operazione si trova la bravura del louzadoù.
La copertura di un tetto di questo tipo avviene tradizionalmente in tre fasi distinte: posizionamento, squadratura e fissaggio. L'artigiano sceglie le pietre più grandi per coprire le file più basse, risalendo poi verso l'alto sugli spioventi del tetto con le lastre di dimensioni minori. Dopo essere stata posizionata in modo che risulti sovrapposta alle pietre sottostanti per almeno una quindicina di cm la pietra viene squadrata con una mazzetta da muratore in modo da smussarla lateralmente. Infine vengono posti dei ganci di ferro, fissati al legno della travatura, in modo da mantenere le lose fissate per mezzo del gancio stesso. Seguendo la tradizione, invece è necessario aumentare l'area di sovrapposizione tra le lose contigue.
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