italiano

Soulama Maténé Martine è nata il 4 marzo 1974 a Toundoura, nella regione detta “delle Cascate”, nel sud-ovest del Burkina Faso.

Ha trovato la via artistica in primo luogo frequentando le associazioni culturali promosse da organismi cattolici, poi sviluppandola in modo professionale alle diverse discipline che oggi le permettono di vivere la sua vita artistica. Nel campo musicale è autrice, interprete, compositrice ma è anche conosciuta come drammaturga, attrice e scrittrice.

In seno all’Associazione culturale femminile “Les Amazones de Santa”, di cui è segretaria generale, confeziona il tradizionale pagne, perizoma della tradizione kokokunda, e dei braccialetti realizzati con materiali locali. Il suo strumento preferito è il n’goni, con il quale interpreta le sue composizioni.

Maténé Martine, in arte Téné Tina, è impegnata nell’ambito delle arti, della cultura e dell’impegno sociale in difesa della donna. È Commissaria Generale del Festival “Arts et Enfance” FARENI di Niangoloko, che opera per l’educazione della prima infanzia.

Presidente dell’Associazione degli Artisti Musicisti di Niangoloko, membro del Comitato dell’organizzazione del Festival “La Thérapie de l’Art”, è diplomata per l’alfabetizzazione in lingua cerma.

MOTIVAZIONE

Téné Tina è scrittrice impegnata. Mette insieme cultura, tradizione e modernità per dare alla sua scrittura un carattere unificante. Gran parte dei suoi testi difendono le cause della donna rurale, delle giovani ragazze e denunciano con forza le violenze nei loro confronti. Temi come i matrimoni forzati, l’escissione, l’assenza di scolarità per le ragazze, la stigmatizzazione della donna, le violenze coniugali, sono al centro della sua scrittura e l’essenza della sua ispirazione.

Ha deciso di scrivere in cerma, la sua lingua madre, perché in questa lingua si sente più a suo agio e sa farsi capire. Molto attiva nel promuovere le lingue madri, organizza conversazioni-dibattiti e sprona i bambini a esprimersi in lingua madre. Conversazioni e dibattiti sono effettuati nell’ambito dell’associazione culturale femminile “Les Amazones de Santa”.

Nei Paesi africani francofoni scrivere in lingua madre resta una sfida, l’eredità del colonialismo ha lasciato forti tracce. La lingua dei colonizzatori ha espropriato i popoli delle loro lingue madri per un pregiudizio illegittimo. Oggi le lingue madri rivendicano il loro statuto nelle pratiche di ciò che l’Occidente definisce “Cultura”.

Téné Tina si è distinta anche in altre discipline: è drammaturga, attrice e musicista, padroneggia il canto e diversi strumenti.

Il Premio Speciale Ostana le viene conferito per la dedizione nella difesa dei diritti delle donne e nella promozione delle lingue madri. La speranza è che tale riconoscimento internazionale possa aiutarla a raggiungere un pubblico sempre più ampio, nella sua lotta per l’eliminazione di ogni violenza e discriminazione.

PER SAPERNE DI PIÙ:

https://lefaso.net/spip.php?article130668

https://wangolamedias.com/7e-edition-de-niangoloko-en-fete-le-comite-dorganisation-annonce-une-programmation-riche-et-electrique-avec-les-artistes-nationaux-et-internationaux/

https://www.infosculturedufaso.net/musique-tout-a-commence-a-la-chorale-saint-pierre-de-banfora-tene-tina-artiste-musicienne/

https://www.infosciencesculture.com/en/node/108

https://ritlames.com/

INTERVISTA A SOULAMA MATÉNÉ MARTINE “TÉNÉ TINA”

a cura di Oliviero Vendraminetto

Lingue madri, diritti delle donne e culture materiali

  • Soulama Maténé Martine, chi sei? Quali sono le tue attività?

Soulama Maténé Martine è il mio nome allo stato civile, ma il mio pseudonimo d’artista è Téné Tina. Sono interprete musicista, autrice compositrice, attrice, drammaturga, confeziono i perizomi tradizionali kohodunda, fabbrico collane e braccialetti con materiali tradizionali. Sono presidente del festival FARENI e segretaria generale dell’associazione culturale femminile “Les Amazones de Santa”. Per il resto scrivo in lingua cerma testi di sensibilizzazione sui problemi sociali.

  • Di quale lingua si tratta?

Il cerma è la lingua dell’etnia ciraamba, etnia chiamata gouin dalle altre etnie. Questa lingua fa parte della famiglia linguistica nigero-congolese, classificata lingua gur sud-centrale (le lingue gur erano anticamente chiamate voltaiche). Il cerma è parlato nel sud-ovest del Burkina Faso e nel nord della Costa d’Avorio. In Burkina Faso, il paese da cui provengo, esistono tre grandi centri, Niangoloko, Banfora e Soubakaniedougou. Ognuno è un diverso polo dialettale.

  • Come va la lingua cerma adesso?

Cinquecentomila persone parlano il cerma, secondo i rilevamenti fatti nel 2018. L’etnia ciraamba è molto vicina a quelle dei karaboro’, dei turka, dei senufò e dei dioula. Queste hanno influenzato il cerma al punto che molte parole derivano dal dioula.

Ciò nonostante possiamo dire che la lingua sta piuttosto bene. Dal 1981 esiste in Burkina Faso una sottocommissione nazionale cerma e la lingua è insegnata scolasticamente nella regione del Tierla. Esistono associazioni e strutture che promuovono la lingua: abbiamo materiali didattici come il sillabario, la guida all’ortografia, il lessico, il manuale dei calcoli, libri di storie, racconti e fiabe, libri di alfabetizzazione per adulti, libri religiosi. Persino dei film.

  • Il cerma è lingua amministrativa?

Dal 6 dicembre 2023 si usa il termine “lingua di lavoro” per indicare il francese. Le tre lingue nazionali sono il mooré, il dioula, il fulfuldé. Il cerma figura tra le dieci lingue ufficiali. Tuttavia, la realtà linguistica del Burkina Faso è complessa, con una sessantina di lingue usate da più di sessanta etnie.

  • Come sei diventata autrice, attrice, musicista?

Tutto è iniziato in chiesa. All’età di quattordici anni sono entrata nel coro San Pietro a Banfora e nel movimento CVAV (cuori valorosi e anime valorose). Sono cresciuta come artista attraverso le attività teatrali e corali. Quindi, per ragioni di lavoro, mi sono recata nel comune di Niangoloko, dove sono entrata nel coro della chiesa Notre Dame e il coro Santa Teresa. A un certo punto ho sentito il bisogno di esprimermi in modo professionale. Sono stata accolta dal gruppo musicale Siraba e con loro mi sono formata. Con Siraba ho imparato a suonare lo n’goni. Oggi percorro la mia strada.

L’interesse ai temi drammatici mi è venuto dal fatto che una delle mie sorelle ha quasi perso la vita in una storia di matrimonio forzato. A quel punto ho sentito la necessità di impegnarmi nella la difesa della condizione femminile. Ho scelto come mezzo di comunicazione la musica e alle canzoni, la scrittura, per raggiungere il maggior numero di persone. Da qui mi è venuta l’idea del teatro radiofonico.

  • Nella tua opera teatrale Nenuma Regina si parla di un abuso di potere, di violenze subite da una donna…

Nella cultura gouin la donna ha un posto secondario. Non ha il diritto di presiedere un’assemblea o di pronunciare un verdetto. Ciò nonostante, detiene i segreti della famiglia. Come recita un detto cerma: “La donna è la cintura che tiene i pantaloni dell’uomo”.

Ciò detto, assisto con sentimento d’impotenza nei confronti delle violenze alle donne. Che siano questi maltrattamenti nell’ambito coniugale, violenze fisiche, o altre forme di oppressione. Nel caso di Nenuma, il mio testo si ispira a fatti accaduti: una ragazza, vittima di abusi dall’età di quattordici anni, si ritrova con una malattia mentale e reclama giustizia. La morale che se ne trae è un cambio di paradigma rispetto alla donna. Mi sono proposta di denunciare tutte le forme di violenza e ingiustizia nei nostri confronti.

  • Ogni lingua è una visione del mondo e ci sono parole difficili da tradurre. Ci fai qualche esempio in cerma?

In tutte le lingue ci sono parole che non hanno traduzione. Ci sono, per esempio, dei concetti che trattano degli usi matrimoniali: Comelle, Punungu, Corhiengu, ecc., ma mie parole preferite sono quelle che traducono l’amore, la pace, la coesione sociale: Dɔdɔlungu (Amore), Yaafɛ̃lle (pace), Nunumma (intesa).

I miei testi sono recitati da attori, registrati, poi diffusi alla radio. In questo modo penso di rivolgermi e sensibilizzare un buon numero di persone.

  • Perché hai scelto di scrivere unicamente in cerma?

Le lingue madri sono rappresentative della cultura e del sapere di un popolo. Scrivo solo in cerma per comunicare fedelmente il mio pensiero farmi capire meglio, ma anche per amore verso la mia lingua.

  • Come in tante culture, in Burkina Faso troviamo caste ben definite come i fabbri o i griots. Puoi spiegarci il ruolo sociale delle caste?

I fabbri hanno tradizionalmente il ruolo di servire da intermediario tra le divinità e gli uomini. I griots assumono il ruolo di riconciliatori nei processi per pacificare i conflitti fra le comunità. Il griot può anche provocare il fulmine.

  • Come vedi il futuro delle lingue minoritarie?

Le lingue minoritarie sembrano spegnersi poco a poco e alcune perdono la loro autenticità. Tuttavia sono ottimista e voglio sperare che possiamo salvarle. Ci sono molte persone fiere di esprimersi in lingua madre. L’interesse può rinascere, comunque dobbiamo sperare.

  • Che cosa ti proponi con il festival FARENI?

È un festival dedicato all’infanzia (Festival ART et ENFANT) che io stessa ho progettato. Proponiamo attività di formazione ed espressione artistica, educazione alla cultura solidale, alla coesione e attenzione alle necessità primarie dell’infanzia. Il festival è a cadenza annuale e precede il Natale.

  • Dicci ora del tuo teatro radiofonico.

Non è mai facile iniziare qualcosa di nuovo. Ma con il coraggio, la determinazione e soprattutto la passione alla fine si ottengono dei risultati. Dapprima è stata la Radio Munyu della città di Banfora, un’emittente che appartiene a un’associazione femminile e che ha avuto fiducia nel mio lavoro. La radio cercava un’occasione per animare il palinsesto e io un’opportunità per esprimermi. Dopo qualche diffusione alla Radio Munyu, la Radio Cattolica mi ha avvicinata e così il mio progetto è andato in porto. Nei primi tempi non ero pagata, poi, poco a poco, le radio hanno iniziato a riconoscermi un compenso a ogni diffusione delle mie opere. Oggi il Bureau Burkinabé riscuote per me i diritti d’autore.

  • Sei soddisfatta della tua pratica artistica sia come musicista che come scrittrice?

Ho la grande soddisfazione di esprimermi in totale libertà. Le mie composizioni musicali e i miei testi parlano dei mali che ancora flagellano la nostra società. La vita di ogni giorno è la mia fonte d’ispirazione.

  • Le difficoltà che incontri?

Sono parte integrante del quotidiano. Per una donna è ancora più difficile. Capita di confrontarci con certi comportamenti maschilisti di uomini che hanno un’immagine dell’artista donna come di una facile preda. Inoltre, le remunerazioni sono generalmente derisorie. Le donne lavorano di più e guadagnano di meno, ma non accade soltanto in Africa.


ANTOLOGIA

TESTO CERMA

NENUMA, NELLENTIE CIƐŊO

Nuɔmba

Nenuma: pepeticiɛŋo

Kujaaba: nellentieŋo

Fiɛdumaŋo: nellentieŋo ciɛŋo

Bakeine: neyatieŋo

Safemba: neyatieŋo

Diilomaŋo: neyatieŋo

PAARUŊGU I

Nellentieŋo dumɛlle yaaŋga-na, naaciemba hãi dii ta ba niya-yuɔ: Bakeine baa Safemba. Ba fara ba ne yargaa, ba ne yaaŋ-na. Nenuma gbãanaayã jo ji cɛr-ba suur aa tuɔ hãl nɛini. U hãl wuɔ: (biyé loon yé sini yé loon wêrê yé); duɔ suur, u hel; a suur, u hel aa tuɔ ce ŋaa uu si dii u fɛrɛŋ nuɔ; duɔ tuɔ ne ŋaa u gãaŋ baa nɛliɛŋo, aa gbuu nɔgɔ̃l; duɔ tuɔ piiye u vãa u yaaŋga-i. Pepetebabalaŋo ŋaa bĩmbaamba’i muyaa-yo, baa isaaŋgu u huoŋgu-na, ciɛŋo da ɲɛllɛ̃ bieŋ kumuɔŋa hãi baa cĩnciel temma.

Nenuma: (U hiel isaaŋgu-i aa cira) Bisĩŋ ku yiiŋgu deŋ!

Bakeine: Filiɛŋ ŋ halaŋ bande-i jĩna nuɔni maŋ daani-i.

Safemba: Ŋ muntĩɛnammu si dii bande-i-na.

Bakeine: Ŋ siɛ gbãa tĩɛna nellentieŋo dumɛlle yaaŋga-na.

Safemba: Ciir ŋ halaŋ terieŋgu-na.

Bakeine: Ne niŋ pir ɲalle ta di suur nellentieŋo-na!

Safemba: Ŋ ce ɲalle!

(Nenuma ne-ba daa fĩɛ aa fĩinaŋ)

Bakeine: Halaŋ bande-i, cɛsɔsɔiŋ nuɔni maŋ daani-i.

Nenuma: Naanaŋ-miɛ! Jũnaaŋ namaa namaŋ daana-i! Mɛi pir ninsoŋo! Ŋga fafalmu’i kãaŋ baa ɲalle-i. Kuɔ na taa na cɛ̃, naa naa gbɛ̃ na suɔ wuɔ mɛi saa cira ɲalle kã ka suur nellentieŋo-na.

Bakeine: Kã ŋ halaŋ!

Nenuma: Mɛi halaŋ hũini; nelbilieŋ dugaaŋgu. Pepetie cuɔ baa hai u duɔ tĩɛna nɔgɔ̃l u tuole-i?

Huhurmaŋ-ɲampɛ̃lle, bigãaruŋ-ɲampɛ̃lle. Bɔrɔmmaŋ-ɲampɛ̃lle, bɛrruŋ-ɲampɛ̃lle. Hodorreŋ-ɲampɛ̃lle, hɔguɔla-ɲampɛ̃lle, hɔbabalaŋ-ɲampɛ̃lle. Cɛ̃nɛsĩnniŋ-ɲampɛ̃lle, Cacurelleŋ-ɲampɛ̃lle. Bɔlbɔlsĩnniŋ-ɲampɛ̃lle, bombolmaŋ-ɲampɛ̃lle. Nelkolleŋ-ɲampɛ̃lle, bɛrruŋ-ɲampɛ̃lle. Nelbabalaaŋ-ɲampɛ̃lle… Jũnaaŋ namaa namaŋ daana-i!

Namɛi saaya na ta halaŋ bande-i-na. Kãaŋ na halaŋ kubaabɔrɔbaa namaa namaŋ daana-i! Na suɔ bigei nelle yuŋ-maama-na? Ba bĩ bigei nelle-i? Na daa niɛ sĩ na suɔ wɛima-i hiere; a ne da na sa suɔ bĩŋkũŋgu! Halle cɛkũɔ! Muɔŋo-i ciɛŋ muɔ; ciɛŋo maŋ nɛliɛ sa kãŋ-yo. Na kɔsaaŋ-mi. Na bĩɛnaana mi yerre-i. Aa namaa yirɛiŋa-i mi saa tiraa suɔ naŋ ciɛ kumaŋ baa-ya. Na diyaa-ya hie? Coima’i gbuyaa terni-i hiere baa huhurma. Na saa da nelbiliembaŋ ɲɛŋ-miŋ dumaa. Mi ka ta bisĩnuɔ. Bisĩnuɔ, cicãŋjãale-na, mɛi maa; ŋga…bisĩnuɔ naŋo cicãŋjãale-na, mi ka bir jo.

(Nalãaŋgu, semmu)

Mi biɛ, mii dii tĩɛna baa nuɔmba-i ŋga mi nuŋgu si dii ba ãncemma-na. Na nelle koɲiliiŋgu-i baa nuɔmbaŋ ceŋ paaruŋgu maŋ ku ce yuɔyuɔ miɛ a ce mi suɔ wuɔ mii dii tĩɛna baa nuɔmba. Mi biɛ, mii dii mi diei. Nuɔmbaŋ ceŋ ijieni maŋ, ni mulĩɛŋ-mi ni cor. Bĩmbĩnni maŋ mi muntĩɛnammu-na hiere, miŋ daŋ nimaŋ hiere, ku diei maama si dii-miɛ. Mi biɛ, bãaŋgu ka ta; isuɔŋgu ka jo; aa isuɔŋgu ka ta aa bãaŋgu tira jo, a ne da muŋkãmmu sĩ muɔ-na. Molo sa yuu mi maama terieŋgu. Mi biɛ, mi kũɔma sa bel moloŋo. Halle nuɔni maŋ mi huonaŋ nuɔ...

PAARUŊGU II

Nellentieŋo-i baa u canikɔruɔ-i

Fiɛduma: Nellentie, ŋ caamba komorre baa cĩncieluo nenna baamba-na hiere muɔmɛi cɛbisãlãaŋo-i. Muɔmɛi suurii huoŋgu-na ŋ cĩiŋgu-na. Aa ku biyaa ŋaa ŋ sa fuo ŋ huɔŋga-i muɔmɛi nuɔ-i a ne da muɔmɛi sa suyaaŋ ku yuŋgu yaŋ hiere. Miŋ fiɛ’a mi sa suɔ ku yuŋgu, ŋga mi niɛ da wɛima dii dumɛl daade-na, bãmbãale-maama, aa ba fĩinaŋ aa yaŋ-ma. Ma saa hi nɛliɛŋo. Nɛliɛŋo nɛliɛŋo u suuye u yufieŋa-i mɛi a ce ŋaa wɛima si dii. Kufaŋgu-i hũmelle sĩ mɛi wulaa. Ku yaaŋga sĩ.

Nellentieŋo: Ba suuye ba yufieŋa-i nel hama-i nuɔ-i? Ŋ jɔguɔŋ hamai? Ŋ’a bigei hũmelle sĩ?

Fiɛdumaŋo: Nellentie, gbuɔŋa ta a jo ŋ fuore-na, ŋ ta ŋ jãrã-yɛi! Hiire ŋ huɔŋga-i. Dawɔruɔ maŋ dii ŋ dumɛlle-na, ku saa hi i ko kũɔnaŋo diɛ suɔ mamaŋ dii. Nellentie, ŋ kɔllu sa bel tĩɛlmba. Aa ku cu huɔŋga.

Nellentieŋo: Wuɔ bigei?

Fiɛdumaŋo: Nellentie, nelle-na bande-i-na, nellentieŋo dii baa u capũŋgu-i, baa u kuoyataamba-i, baa cĩintaamba-i, baa maacembiemba-i ŋga bisãmbiloŋo diei uu si dii. Ku bieŋ komorre baa niehãi yaa dɛi ŋ ciɛŋo diei naŋga saa kã u huoŋgu-na. Cɛɲaaŋo bi si dii i hɔlma-na, daatɔrbaa-ba gbaraa-ma baa-ye. Bieŋ niehãi yaa kãaŋ dɛ-i i ce camma-i ŋga bilo ta ŋ da hie?

Kuuduɔŋgu yaa baa muɔru-i, du sa hoŋ. Sũnaamba hel yaŋga naŋga’i ba jo bande-i-na. Sũŋo maŋ duɔ jo, u ji vãa ji ku dumaa u siɛ da biloŋo. Niimba-i baa tũlmba-i baa yɛrmba-i halle baa juoraamba-i kuuduɔŋgu yaa-i. Diɛruŋ-baaŋ da ba ce ba hoŋ cumiɛŋa-i ŋga a sa ji gbo dede. Nellentie, molo saa jo duɔ ji tĩɛ gbula, na niŋ wuyaa nelle maŋ ciiluŋgu-i ŋ to wulaa, ŋ ka hã hai baa-de? I huoŋ-baamba ka ce niɛ suɔ wuɔ nellentieŋo naŋo waa ba ta ba bĩ-yo Kujaaba?

Nellentie: Budii dumaa!

(Nellentieŋo sire yiɛra)

Budii dumaa! Mi jarma balaaŋ kelkel. Mi saa ji gbãa puur mi nuŋgu-i. Mi saa ta mi siɛ ma ta ma hel, aa suɔ kerre wuɔ yiiŋgu dii baa yiiŋgu ma ka hel. Mi bĩncuɔmba naa ce ŋaa ba suyaa, mi hiel-ma ba ãnjɔguɔma-na. Tĩnni gbuɔya-miɛ, mi saa nu. Mi kãalãayã tũnni ka cii yiɛŋ-na. Mi yuŋ-maama migãaŋ ma hor ma kã. Ɲuŋgo daayo-na, bĩŋkũŋgu siɛ tiraa gbãa ce.

Fiɛduma: Bĩŋkũŋgu siɛ tiraa gbãa ce? Ŋ’a bĩŋkũŋgu siɛ tiraa gbãa ce?

Nellentie: Mi saa bãl yogo.

(Nellentieŋo bir tĩɛna)

Ciɛŋ nuɔ, ɲaasĩŋ da ni ta ni wur kusuɔŋ-nu ŋ suɔ kerre dãamu dii.

Miŋ waa naacoloŋ muɔ huɔŋgu-na, nellentieŋ-biɛŋ muɔŋo-i, mi taa mi ce kumaŋ dɔlaanuŋ-miɛ. Isuɔwuɔramma taa ma dɔlnu-miɛ cɛikoiŋo-na. Yiiŋgu naŋgu-na, yiɛ hel tiɛ wuɔra, miɛ mi ne da biloŋo naŋo-i tũŋ-sãlle nande huoŋgu-na u ɲaa-ba u suur baa-ba pɛrholle-na. Biloŋ daayo naa fa cor, U nolaaŋgu-i, u wuɔsaaŋgu-i u terni-i hiere nii naa fa. Mi yiɛra ne-yo da suu, mi siɛ siɛ yiɛra u yaaŋga-na wuɔ mi waŋ dɔrru baa-yo.

Fiɛduma: Nellentie, ma sĩ ŋ waa nellentieŋ-biɛŋ nuɔ kɛ? Kuɔ nii naa bi hiel ŋ niele-i yuɔ, baa naa taara-yuɔ hã-ni.

Nellentie: Ciɛŋ nuɔ, ŋ saa suɔ wuɔ bibiɛŋo bombolma cɔraanu-yuɔ wɛi? Mii naa biɛ-yo nelsɔsɔiŋo. Mi maama niɛ baa ãncĩinaŋo? A ne da mi taa mi ku u maama-na aa fuɔ sa ne-mi yɛrɛ. Mi saa gbãa bel mi fɛrɛ. Miɛ ce maacembiemba…

(Semmu)

Fiɛduma: Ŋ’a niɛ? Nellentie, ŋ’a na ciɛ bigei?

Nellentie: Ba saa yaŋ u da kaasĩŋ; u saa gbãa duɔ yagar, u saa gbãa duɔ kor. I waa nuɔŋ miɛ i ndii, aa fuɔ u diei. Mi yaaŋ-yo baa tãmma aa cor baa mi hũmelle, halle mi saa miɛl ne-yo. U gbãa sire wa, u saa gbãa sire wa, mi saa suɔ. U tĩyãa-maŋ dii terieŋgu-na wa, mi saa suɔ.

Fiɛduma: Pɔpɔrsĩŋ hani-i temma dumaaŋo-na! Kumaŋ ɲaa nuɔmba-i naŋ nalãa ku yaa ne!

Nellentie: Fiɛfiɛ-i-na, mamaŋ naa waa, mi waaŋ-ma baa-ni hiere. Kã aa ŋ yaŋ mi fiisa.

PAARUŊGU III

Nellentieŋo-i baa u canikɔruɔ-i baŋ waa ta ba piiye, Safemba kã ka suur-bɛi dii dũŋgu-na.

Safemba: Nellentie! Baa gãŋ baa-mi wuɔ mi suurii-nɛi. Naŋ dumɛlle-na, mɛi munyiɛrammu yaa dumɛlleŋ-yaaŋga. Ŋga nelkpekpelma’i juɔ baa-mi ŋ dũŋgu-na. Da mi fĩinaŋ-mɛi, mi sa suɔ ku huoŋguŋ ka jo baa mamaŋ.

Fiɛduma: Hamai dii? Waŋ-ma!

Safemba: Kuɔ i ɲu naa u ka gbãa yaŋ-ye i kula?

Nellentieno: Ciɛ!

(Aa ce ciɛŋo hel aa yaŋ-ba)

Safemba: Nellentie, mi dãnsãaŋ.

Nellentie: Ŋ dãnsãaŋ ku’i ciɛ ŋ kũɔma ta ma ɲɛŋ dumandɛ-i-na wɛi?

Safemba: Nellentie, dãnsãaŋ daaku balaaŋ cor… mi saa suɔ si… Coima saa fa, mi saa suɔ miŋ… Mi sa taara ku ji ce mɛi yuŋ-maama…

Nellentie: Safemba, dãnsãaŋgu ciɛ waa ku saa ce?

Safemba: Ku ciɛ. Aa muɔmɛ-i ciɛ-ku. Coima saa fa…

Nellentie: Safemba, da ŋ saa waŋ mamaŋ dii, mi siɛ gbãa ce jĩna muɔ a suɔ mamaŋ dii naŋ kusũŋgu-na. Ŋ ka ce mi huɔŋga guɔla.

Safemba: Mi dãnsãaŋ da diiloŋo dãa baa fafalmu, aa bãaŋgu gbuu nil ku tuole-i, aa sũnaamba ta ba doŋ ba-naa ba ciel ba cãani-i… aa da jĩɛteterre nande, mi saa da u temma dede. U yuŋgu waa juoroŋ-yuŋgu, u bomborre-i bĩmbaaŋgbo aa u pelieŋgu-i jĩɛŋ-pelieŋgu. Gbeini waa baa-yo.

Nellentie: Baa yaŋ ŋ kũɔma ɲɛŋ, doŋ holle ŋ waŋ kuŋ curaa dumaa fafamma. Dãnsãaŋ da ku waŋ fafamma, na gbãa kar nelma naŋ yaaŋ-na.

Safemba: Jĩɛŋo naa fĩŋ bande yaa nuɔ-i; niŋ yiɛraaya kusuɔŋ-nu; aa haa u yuŋgu-i ŋ teterre-na. Aa… i ɲu maŋ hilaa, u yiɛra u yaaŋga-na tuɔ hã-yo i sũnaamba purbĩnandu-i u tuɔ wuo.

Nellentie: Aa muɔ fuɔ? Aa nellentieŋo-i fuɔ? Fuɔ waa hie?

Safemba: Nuɔŋo-i… Nellentie… Nuɔŋo-i… Ŋ waa…

Nellentie: Piiye!

Safemba: Ŋ waa kũndũuŋ-nu… Nuɔŋo-i… Nellentie… Mi saa ta mi taara mi ne kufaŋgu-i. Baa naa fuure-niɛ ji hi ŋ nuoŋgu aa hiel ŋ yufieŋa-i… aa kũɔlmba ta ba jafũŋ tãmma-i ŋ yufieŋa-na… ŋ jumɛlle-i… Nellentie… Ŋ jumɛlle taa di nuŋ… Mi saa hũu-ma wuɔ ŋ waa…

Nellentie: Suuye ŋ nuŋgu-i! Mi waa cicɛ̃lma. Aa mi ka tiraa da yinni. Hel aa ŋ yaŋ-mi.

Safemba: Jĩɛŋo-i…

Nellentie: Miɛ ŋ hel aa ŋ yaŋ-mi!

TESTO ITALIANO

NENUMA, REGINA

Personaggi

Nenuma: una pazza

Kujaaba: il re

Fieduma: la regina

Bakeine: una guardia

Safemba: una guardia

Diloma: una guardia

SCENA I

Davanti alla corte del re, due giovani guardiani: Bakeine e Safemba. Ognuno ha lo sguardo fisso e guarda davanti a sé assai lontano. Mal vestita, Nenuma entra di fretta cantando: (biyé loon yé sini yé loon wêrê yé); va e viene con lo sguardo furioso, sporca, quando parla il suo volto si distorce e diventa spaventoso; una pazza nell’attitudine di un mostro agitato, con una scopa sulla schiena. È una donna magra d’una cinquantina d’anni.

Nenuma: (prende la scopa e dice) Domani è un altro giorno.

Bakeine: Via di qua, povero demonio!

Safemba: Non puoi sederti qui.

Bakeine: Non puoi sederti davanti al palazzo.

Safemba: Smetti di scopare, maledizione!

Bakeine: Guarda tutta la polvere che sale sui tetti del palazzo!

Safemba: La tua di polvere!

(Nenuma li guarda e tace)

Bakeine: Via da qui; fannullona!

Nenuma: Lasciatemi in pace, idioti! Sto scopando, è vero, ma non sono io che guido il vento. Se non siete idioti dovete sapere che non sono io a supplicare la polvere di andare sui tetti del vostro palazzo.

Bakeine: Vattene adesso!

Nenuma: Non faccio altro che rimuovere le impurità della vita. Chi è matto per sporcarsi il sedere? La polvere delle menzogne, dell’odio. La polvere della separazione, dell’esclusione. La polvere del furore, della collera, della cattiveria. La polvere della pedofilia, dello stupro. La polvere dell’egoismo, dell’ingratitudine. La polvere dei crimini, delle guerre, la polvere degli impuri… idioti!

Siete voi che dovete andarvene, ruffiani! Che ne sapete voi del governo? Cos’è un regno? Credete di sapere tutto, no, non sapete niente di niente! Io sono una donna che il mondo ha distrutto. Voi e gli altri, avete spezzato il mio essere. Non so che ne avete fatto della mia dignità e della mia integrità. Neanche della vostra, non so che ne avete fatto.

Il mondo è furberia e ingiustizia. Vedete come il genere umano si è beffato di me. Domani me ne vado. Domani, all’alba, forse sarò lontana da qui; ma… all’alba di un altro domani, ritornerò.

(Canto, poi silenzio)

Figliolo, vivo tra gli umani, senza essere coinvolta dalla loro vita.

Al contrario, figliolo, l’euforia della vostra città e il giubilo della vostra gente sostengono la mia solitudine, nutrono il silenzio che mi circonda. Sono sola, figliolo. La folla e i suoi rumori mi affliggono ancora di più. Niente di ciò che mi avvolge, di tutto ciò che vedo mi colpisce. Il giorno se ne andrà, figliolo, poi verrà la notte, e la notte se ne andrà, il giorno tornerà di nuovo, e io non so dove andare, in nessun posto mi aspettano; non mancherò a nessuno, neanche a te, figliolo…

SCENA II

Conversazione fra il re e la sua favorita.

Fieduma: Maestà! Delle vostre trentanove spose, sono l’ultima arrivata in questo palazzo. Pur essendo la più vicina, a quanto pare, mi rendo conto di essere la più ignara. Ciò nonostante, devo costatare che in questa corte succedono molte cose e ognuno se ne disinteressa. Tutti fanno finta di non vedere, di non sapere. Mi sembra assurdo.

Re: Che cosa sanno gli altri? Che cosa sospetti? Cosa ti pare assurdo?

Fieduma: Non incontra il balafon chi si presenta alla vostra porta… calmatevi. L’assurdità che abita il vostro palazzo la vede anche un cieco, è la sterilità del vostro palazzo. È preoccupante.

Re: Cosa?

Fieduma: Maestà, in questo regno c’è un re con le sue numerose spose, vi sono notabili, capi-tribù, servitori, ma non c’è alcun bambino. Da ventisette anni, neanche una delle vostre spose ha sofferto il dolore del parto. Nessuna di noi è sterile, la medicina l’ha confermato. Fra poco sono sette anni che compiamo il dovere coniugale come si deve, e niente!

(Silenzio)

Ironia del destino, gli animali subiscono la stessa sorte. In questa stalla si comprano i cavalli, essi vivono, invecchiano e muoiono. Non c’è giumenta che abbia fatto un puledro. Lo stesso si può dire dei greggi di bovini, di pecore, di capre, nemmeno i cani hanno cuccioli. I polli depongono uova che non fanno mai pulcini. Nessuno è eterno, maestà, a chi lascerete il trono che avete ereditato da vostro padre? Sarete realmente esistito?

Re: Basta così!

(Il re si alza)

Basta! Il mio male è fatale. Durante gli anni passati, il mio silenzio ha fatto sparire il rimedio. Non ho mai potuto aprire la bocca; ho sempre tenuto il broncio sapendo che non me la sarei cavata. I miei genitori hanno sospettato, ho fatto tacere i sospetti, gli dei mi hanno avvertito, ho fatto il testardo. Ho badato alle orecchie e sono caduto sui corni. La mia situazione è andata di male in peggio e oggi è irrimediabile.

Fieduma: Irrimediabile? Irrimediabile? Ma…

Re: Non ho ancora finito di parlare.

(Il re si siede)

Regina mia, non vi sono effetti senza causa. Quando ero ancora giovane e figlio del re credevo che tutto mi fosse permesso. Un giorno durante una passeggiata al chiaro di luna, che mi piace tanto, ho visto una giovane ragazza dietro un gregge di pecore. Conduceva disinvolta il suo gregge lungo la grande strada nella foresta. Ho ammirato per un po’ di tempo l’eleganza della sua vita e la grazia infinita dei suoi movimenti. Una bellezza notevole, il suo portamento, la sua fisionomia, sembrava un sogno. Tremavo all’idea di presentarmi a lei.

Fieduma: Maestà, voi eravate un principe, sarebbe bastato alzare un dito per farne la vostra sposa.

Re: Regina mia, tu non sai a che punto può giungere l’orgoglio di un uomo. Pensavo, nonostante tutto, che lei non fosse degna di portare il mio nome… e poi, una pastorella! Eppure la desideravo e lei non prestava attenzione a me. Non ho saputo contenermi, ho profittato della sua freddezza, della sua timidezza e ho ordinato ai servitori di…

(Silenzio)

Fieduma: Come? Quale ordine? Cosa avete fatto, Maestà?

Re: Non ha avuto il tempo di chiamare aiuto, non ha avuto la forza di resistere o di difendersi. Eravamo in cinque…

Il sangue è colato ancora e ancora mentre io continuavo per la mia strada, senza neanche volgere uno sguardo indietro. Non ho mai saputo se sia stata capace di alzarsi e se abbia ripreso la sua via, o se sia rimasta lì morta.

Fieduma: Che abominazione! Avete banchettato al totem del regno!

Re: Adesso sai tutto. Lasciami solo, ho bisogno di riposarmi.

SCENA III

Safemba entra per parlare con il re.

Safemba: Maestà! Scusatemi di entrare in questo modo, so che il mio posto è all’entrata del palazzo, ma ho qualcosa d’importante da dirvi. Se non parlo, non so cosa potrebbe accadere.

Fieduma: Cosa c’è? Parla! Ti ascoltiamo.

Safemba: Se la nostra gloriosa regina vuole scusarci…!

Re: Regina mia!

(Fa cenno alla regina di uscire, la regina lascia la scena)

Safemba: Maestà, ho fatto un sogno.

Re: A causa di un sogno stai tremando!

Safemba: Questo sogno è talmente funesto che… mio re… non so se… in verità non so come dire… ho paura di essere di cattivo presagio e…

Re: Non sono un indovino per leggere nella tua mente ciò che hai visto nel tuo sogno. Mi fai perdere la pazienza.

Safemba: Una tempesta, un sole ardente, dei cavalli che si lacerano le carni… un grosso serpente, diverso dagli altri; ho potuto distinguerne tre parti: una testa di cane, un tronco di porcospino e la coda di serpente. Aveva delle zampe.

Re: Smetti di tremare e racconta senza errori. I sogni, se ben descritti, possono prevenire certe situazioni.

Safemba: Il serpente si era arrotolato lì, dove vi siete fermato. La sua testa riposava sul trono e… La nostra nobile regina stava di fronte al serpente e gli serviva i budelli crudi dei nostri cavalli.

Re: E io? Dov’ero io? Dov’era il re?

Safemba: Voi… Maestà… Voi… Eravate nel…

Re: Parla!

Safemba: Voi, maestà, eravate nel pollaio… Voi… Oh, mio re… Io non volevo vedere queste cose. Voi eravate seppellito fino al collo… e il pollame becchettava i vostri occhi perforati… e la vostra lingua… maestà… la vostra lingua pendeva… eravate…

Re: Stai zitto! Ero vivo… e vivrò ancora. Lasciami solo!

Safemba: Il serpente…

Re: Lasciami solo, ti ho detto!

(traduzione dal francese di Oliviero Vendraminetto)