Pluriclasse formata da 7 allievi:
Classe I
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Blanchetti Chiara
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Circio Matteo
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Negretti Angiolina
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Negretti Federica
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Negretti Gianluca
Classe IV
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Negretti Stefano
Classe V
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Negretti Francesca
Insegnante responsabile: Roncaglion Pedrin Flora
RAPPORTO
La pluriclasse di Ceresole Reale è composta, per l’anno scolastico 2002/03 da sette alunni: cinque di classe I, uno di classe IV, e uno di classe V.
I sette alunni non sono dialettofono. In alcune famiglie si parla il dialetto, soprattutto tra i nonni. L’insegnante non è di Ceresole Reale, proviene da Pont Canavese e parla il dialetto contese. Il nostro lavoro è frutto di una piccola ricerca collettiva e di una serie di interviste effettuate ai nonni, che ci hanno dato veramente un grande aiuto. I bimbi di classe I, hanno curato i disegni allegati. Per la parte di grafia e trascrizione in dialetto ceresolino ringraziamo il signor Tonino Oberto.
L’ALLEVAMENTO
LE MUCCHE
I margari di Ceresole hanno sempre solo allevato mucche e pecore, mentre quelli che salivano sugli alpeggi da Nasca o da Locana allevavano anche capre. Oggi non è cambiato il genere di allevamento, è però molto ridotto il numero dei margari.
Una volta, come ora, le stalle erano sempre al piano terreno delle case agricole, oppure nelle malghe degli alpeggi usate nel periodo estivo.
Nomi che designano le stalle
Buu |
Stalle invernali |
Ramaa |
Stalla nelle baite usate in estate in alta montagna |
Forme delle mangiatoie: nelle stalle in baita non vi sono mangiatoie, in quanto le mucche pascolano all’esterno.
Nelle stalle invernali la mangiatoia è formata da una parete di legno posta a circa 50 cm dal muro, alta circa 70 cm, che serve a contenere il foraggio. Nella tavola che forma la mangiatoia vi sono dei fori dove vengono infisse le catene che legano le mucche.
Di solito i vitelli vengono allevati dal margaro che ne fa poi mucche. Qualche volta, però, compra qualche capo alle fiere primaverili o autunnali che si tengono a Pont Canavese e a Cuorgnè.
Un tempo le mucche ormai vecchie e i tori venivano venduti ai commercianti che, prima delle fiere autunnali, giravano tutte gli alpeggi del paese. Si allevavano di solito tutti i vitelli femmina e solo un toro, che serve per la fecondazione naturale delle mucche. Qualcuno pulisce di più le proprie mucche con spazzola e striglia; altri hanno meno ambizione e cura e tengono le mucche abbastanza incurate.
Nel periodo estivo non è necessario tagliare gli zoccoli in quanto, andando al pascolo, si consumano in modo naturale. Nel periodo invernale è necessario tagliare e limare gli zoccoli che crescono troppo con apposite tenaglie e raspe. Le corna, in qualche caso, possono crescere con forme non corrette che possono, oltre che brutte, essere anche pericolose: perciò il malgaro provvede a dare giuste forme applicando delle apposite guide, fissate con cinghie in cuoio alla testa degli animali.
Di solito, per l’inseminazione, si usa il normale accoppiamento, ma in qualche caso, allo scopo di evitare i danni della consanguineità, si richiede l’intervento del veterinario che effettua la fecondazione artificiale.
Alla mucca viene fatta infilare la testa in mezzo a un palo con biforcazione infisso nel terreno: in prossimità degli zoccoli posteriori viene scavata una piccola buca in modo che la parte posteriore resti più bassa e in modo che il toro possa accoppiarsi con più facilità: tale impianto si “truiov’z” .
Il parto avviene a volte naturalmente, ma spesso la mucca viene aiutata dal malgaro, e se vi erano difficoltà, venivano chiamati ad aiutare altri margari delle baite più vicine.
Un tempo provvedevano al parto il malgaro e i famigliari, oggi si richiede sempre più spesso l’intervento del veterinario che, a volte, effettua il taglio cesareo.
Un tempo non si facevano visite preventive e quindi cure, e gli animali erano più soggetti a malattie, tipo afta epizotica o brucellosi, malattie contagiose che sono giunte a distruggere un’intera mandria.
Vi erano poi altre malattie che colpivano le mucche alle ghiandole mammarie, agli zoccolo, agli occhi, alla bocca; la cura più usata era il salasso.
Da una mucca di medio peso venivano tolti fino a 4-5 litri di sangue.
Non vi sono impianti automatici di pulizia delle stalle.
Nelle stalle in malga lo sterco viene tirato all’esterno con un attrezzo che si chiama “rabe”; la pulizia viene meglio curata usando poi una scopa costruita dal malgaro usando rametti di ontano legati insieme.
Nelle stalle invernali il letame viene portato fuori con portantine a manici con pareti chiamate “suere”, dentro alla quale viene messo usando la “caloussa”- pala con pareti, un tempo costruita in legno da falegnami locali.
Il malgaro ha di solito una cinquantina di mucche. Il particolare che di solito lo fa per hobby, ne ha da due a sei.
Di solito si alleva la razza Valdostana pezzata rossa. La taglia è media e va da 40 a 50 MG. Di solito il mantello è di colore bianco con chiazze rosso granata, oppure bianco e nero. Per essere più di valore, il muso deve essere completamente bianco.
Si tende a selezionare le razze, ma senza troppa convinzione e poca ambizione. Qui si allevano solo mucche da latte. Le mucche non si ingrassano perché vengono munte e dando latte non possono ingrassare.
AL PASCOLO
Le mandrie incominciano a pascolare all’aperto verso il 10 giugno. Un tempo raggiungevano la cascina in paese separatamente, in quanto svernavano i pianura quasi tutte separate, presso famiglie diverse perché le prendevano per avere un po’ di latte e il vitello.
Ora giungono qui tutte insieme, perché svernano in un’unica cascina, accudita dal malgaro. Dopo qualche giorno iniziano a salire sugli alpeggi; ogni malgaro ne ha almeno due, quasi sempre tre.
I pascoli sono situati a quote diverse, che vanno dai 1600 m del paese fino ai 2400 m delle baite più in alto.
Al pascolo di solito ci va il capo famiglia, non tanto perché è capo, ma perché è la persona che al mattino si alza per prima ed effettua i lavori più duri e impegnativi e al pascolo, aiutato dai cani da pastore, può un pochino rilassarsi e prendere fiato mentre le mucche tranquillamente brucano l’erba, guardate a vista dai cani.
La giornata del capo famiglia iniziava verso le quattro; dopo una breve sosta per la colazione, che comincia alla 8,30, si reca al pascolo. Torna nella baita verso le 14, pranza, alle 17 inizia la seconda mungitura; alle 18 porta nuovamente le mucche al pascolo fino alle 21.
Stallate le mucche, cena e alle 23 circa va a letto per alzarsi nuovamente alle 4 del mattino successivo.
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Come si dice andare a pascolare le mucche?
Andare a portare le mucche al pascolo si dice “alar a gitaar”
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Come si fa il formaggio?
Il malgaro, quale primo lavoro, procede alla scrematura del latte lasciato nei paioli nell’acqua del crottino 12/24 ore oppure 24/36 ore. Mette la panna nella zangola che di solito, il pastore, girandola per circa 50 minuti con ritmo di un giro al secondo, trasformerà in burro. Mette poi il latte scremato nella caldaia, vi accende sotto il fuoco, porta il latte alla temperatura di circa 35/40 gradi, vi aggiunge il caglio (un cucchiaio per ogni 300 litri di latte). Sposta la caldaia.
Dopo circa due ore il latte si trasformerà in cagliata che viene sbriciolata finemente in modo da permettere la separazione dal siero. La cagliata viene poi avvolta in una fascia a maglia larga, viene caricata con dei pesi sempre per obbligare la fuoriuscita del siero. Dopo qualche giorno viene trasportato a Valle. Nella cantina “ trüna” viene salato a più riprese (sei-otto volte); le forme vengono poi pulite e girate due volte alla settimana, fino a quando hanno raggiunto una buona stagionatura che avviene solo dopo 4-5 mesi.
Nomi dei formaggi: toma, salignum
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Quali sono gli strumenti usati?
Il secchio (lu sigilin), il paiolo (lu perüu’l), il colino (lu culuur), il sostegno del colino (al brunchies), la spanatrice (la poce), la caldaia (la ciudere), lo sbriciolatore (lu sbatocaià), la fascia (la rarola), la panca scolatrice (la b’nce dla tumà), le tavole maturatici (i-ias dla tumà), il tassellatore (lu fur’t), il peso (lu pees o sc’ndai).
Un tempo si faceva il fieno al pascolo, oggi non più.
ALL’ALPEGGIO
NOMI E CARATTERISTICHE DEI FABBRICATI DELL’ALPEGGIO
Ricoveri diversi per il bestiame e per le persone.
La baita (ciavana) d’alpeggio di solito è formata da un fabbricato in pietra senza intonaco, con tetto in lose di pietra locali.
Al piano terreno vengono tenute le mucche da latte e i vitelli piccoli che dormono coricandosi sui lastroni di pietra senza né foglie né paglia. Ad un’altezza di circa 2 metri è posto il tavolato sul quale vivono le persone. Queste baite sono sempre molto basse, sia per il calore sia perché costruirle più alte costava di più e non sempre si poteva. In certi luoghi, se le baite erano un tantino più alte, erano esposte al pericolo delle valanghe (lavenc’s) che le travolgevano, mentre così passano sopra senza rovinarle o distruggerle.
Di solito di lato vi era poi una stalletta (buat) per le manze (mugiat).
Vi era poi il crottino per il latte (baida) che veniva tenuto al fresco nell’acqua aspettando che la panna (fiur’t) si dividesse dal latte (lasèl).
Di solito il capo famiglia dirige l’alpeggio: tuttavia non ordina a nessuno, in quanto tutti sanno cosa fare e lavorano in forma di collaborazione.
Il mestiere di malgaro (marghar) avviene quasi sempre a conduzione famigliare, perciò all’alpeggio sale tutta la famiglia tranne brevi assenze da parte di qualche componente che resta al piano per la fienagione (fare lu fen) o per irrigare i prati (bagnier li praa o bütaar l’aiva).
NOMI DEI PASCOLI
Ogni alpeggio ha un nome ben preciso che lo distingue e che è riportato anche sulle mappe catastali. L’alpeggio (Arp) è formato da due tipi di pascolo: la parte alta rispetto alla baita (matinais o giurmaal) terreni incolti, scomodi e più magri dove le mucche pascolano al mattino; e la parte più bassa rispetto alla baita (fümaa) dove si portano le mucche nella seconda parte della giornata.
Questo terreno è ripulito e curato e concimato.
L’alpeggio può essere di proprietà del malgaro stesso, può essere di proprietà di altre persone o del Comune (in questo caso è preso in affitto). L’accesso all’alpeggio è dalla strada provinciale, quasi sempre lungo il sentiero (s’uteer).
Quasi sempre non ci sono strade, anche se ultimamente qualche strada (viü) è stata costruita. Ha diritto do alpeggio chi ne è proprietario o dopo regolare contratto di affitto.
Tutte le sere le mucche rientrano nelle stalle, mentre di giorno, anche fra un pasto e l’altro, vengono lasciate a ruminare all’aperto. Quando vi è il sole tanto caldo cercano di entrare anche di giorno, mentre stanno volentieri fuori quando piove o fa freddo.
In inverno alle mucche si danno fieno ed acqua. In estate erba, che brucano all’esterno. Si dà poi il siero (leitaa) della cagliata (caià) a qualche capo più debole, si dà acqua tiepida con farina di grano (bevanda chiamata süv’t); ai tori viene data la crusca e farina di polenta inumidita con acqua.
I nostri pascoli sono coperti da tante specie di erbe lattifere, in modo particolare quelle più basse che si trovano nei pascoli più alti fino ai piedi delle morene. In modo particolare la sitria e la piota d’ gilnà.
Tutti i margari hanno cani (cin) da pastore per mucche e pecore.
La mungitura avviene sempre manualmente anche perché quasi tutti gli alpeggi sono sprovvisti di energia elettrica. Non è necessario pesare il latte anche perché il malgaro riesce a valutare la quantità di latte che si trova nel secchio al termine di ogni mucca munta.
Si pesa invece il latte delle mucche prese in affitto. Ciò avviene il giorno di S. Anna.
Il proprietario della mucca sale all’alpeggio, il malgaro munge e insieme si pesa la quantità per stabilire la quota di affitto dovuta.
All’alpeggio si fanno formaggio, burro e salignum.
LA TRASFORMAZIONE DEL LATTE
La parte più grassa del latte, chiamata panna (fiur’t), viene trasformata in burro; la parte del latte scremato e quindi più magro viene trasformato in formaggio chiamato toma (tumà).
Un tempo il burro valeva il doppio del formaggio perciò si tendeva a scremare molto per fare più burro, ottenendo però una toma più magra. Ora il formaggio prodotto qui vale più del burro; ciò porta a scremare di meno ottenendo così una toma più grassa e più pesante. Un tempo il formaggio si faceva scendere sempre a dorso di mulo (müül) due volte la settimana, il martedì e il sabato; al martedì salivano i commercianti che compravano il burro, mentre le tome venivano messe in cantina per la maturazione. I commercianti raccoglievano il burro in diversi punti del paese, il luogo più alto era ai Chiampili di Sopra. Ora i muli sono spariti e i pochi margari rimasti portano a valle i loro prodotti raggiungendo la strada carrozzabile a piedi e poi con auto e fuoristrada. Essendo gli alpeggi situati troppo lontani dalle latterie, i margari locali sono costretti a lavorare il latte e trasformarlo sul posto.
PAROLE IN PATOIS CHE SIGNIFICANO OCCUPARSI DELLE MUCCHE
Accudire il bestiame |
Naie duait al bescies |
Andare all’alpeggio |
Allar al’arp |
Scendere dall’alpeggio |
D’snarpaar |
Mungere le mucche |
Mudre al vaac’s |
Cagliare il latte |
‘N caier |
Fare la toma |
Faare la tumà |
Pulire la stalla |
Tirüer foor la chiva |
Fare un salasso |
Sagnaar la vaace |
Pascolare le pecore |
Gitaar al fees |
Concimare un pascolo |
Far alaar viá la chiva |
L’alimentazione invernale è costituita da fieno e acqua due volte al giorno: al mattino circa alle 7.00 e al pomeriggio intorno alle 17.
Ad una mucca di media taglia occorrono 10 kg di fieno e circa 30/40 litri di acqua al giorno. Il fieno viene stipato nel fienile a luglio, portato all’interno essiccato a fasci; viene compattato passeggiandogli sopra con energia; per prelevarlo viene tagliato a quadretti utilizzando un attrezzo chiamato “taiet”. Le razioni di fanno approssimativamente. Il fieno viene avvolto in un telo di iuta chiamato “fiureer”. Il fieno un tempo era sempre scarso anche perché in montagna non vi sono grandi prati da falciare e il malgaro nel periodo invernale, dopo aver accudito il bestiame che aveva in stalla, saliva sui costoni oltre le case a tagliare e raccogliere festuca (ulin’s).
Con il “sesun” tagliava i ciuffi di festuca, riempiva due o tre sacchi e li portava nel fienile. Di solito quest’erba, che nel periodo invernale è l’unico alimento per camosci e stambecchi, era per le mucche gradita e nutriente.
In estate le mucche devono alle rogge, ai ruscelletti o ai torrenti; in inverno alle tazze installate nelle stalle.
Sono specie di scodelle con al centro una leva che, se pigiata, lascia arrivare l’acqua. Le mucche imparano subito a pigiare la leva con il muso e a bere la quantità di acqua necessaria per dissetarsi. Una mucca normale può bere anche 30 litri di acqua al giorno.
Come tutti gli altri animali, anche le mucche non devono acqua sporca: solo se costrette da una sete terribile, possono bere qualche sorso di acqua non pulita.
Nelle stalle all’alpeggio non si mette niente come lettiera: gli animali dormono direttamente sul pavimento costruito con lastroni di pietra. Nelle stalle invernali si usavano foglie di acero montano e di frassino (pianu e frasu), ma in piccole quantità.
Oggi i contadini acquistano balle di paglia che spargono sul pavimento, ma in piccole quantità, perché la paglia costa assai cara.
Viene usata in quantità maggiori quando le mucche partoriscono.
La mungitura, sia in montagna che nelle stalle del paese, è sempre fatta a mano, anche perché sugli alpeggi non c’è energia elettrica.
Nelle stalle in pianura, dove qualche malgaro scende a svernare, la mungitura avviene con la mungitrice.
LE MALATTIE DELLE MAMMELLE
Le ghiandole mammarie si possono ammalare per una malattia che si chiama mastite.
In questi casi le mammelle si induriscono e il latte all’interno diventa spesso immungibile.
Le mammelle, a causa del freddo e del vento, a volte si screpolano causando sicuramente un forte dolore. Anche qui mungere le mucche non è facile, perché la spremitura della mammella per farvi uscire il latte causa all’animale forti dolori.
Le mucche sono quindi portate a scalciare per non farsi toccare. Non è mai necessario far dimagrire le mucche quindi questo non si fa mai, anzi quelle mucche che danno tanto latte di solito son fin troppo magre. Una buona mucca può arrivare a dare 20 litri di latte al giorno.
Nel paese non ci sono latterie. Non è necessario perché le mucche sono poche e poco è il latte.
La latteria più vicina è a Borgiallo, un paese della Valle Sacra.
Si fabbricano formaggi come tome (tum’s), tomini (tumin), in piccola quantità, salignum (salignum, ricotta impastata con sale e pepe; oggi al posto del pepe si usa anche il peperoncino).
TRATTO DA “L’ARMANACH DLI BIRU CÜMÜN D’ SIRIZOL’S”
A cura dell’Associazione “Reis d’biru”
MAY
Tens d’Rugasciuns, da li Ciapil zure a San Mineer e da la paza dli moort al ciapl’t d San March. Is marcav’t lu ruzare a la Madòna. Is piantav’t al triful’s. li bargier a rüvavunt süüs cun li tupé d’l fees. Tuiti li margheer a laviant lu sun trupl’t d’ fees da mudre. Carcün a lavèt avòi carch civr’s.
GIUGN
I ert lu mees d’l fiuurs e d’li trupèl d’l vaac’s ca turnavun’t a Sirizol’s da la piana. Circa sinquanta al tinivunt a mizun e caze mila al navunt vià a l’iveer, d’mat’s inai ert gnüün’s.
A li vèntequat lu prere a benediv’t al mizuns.a m’sa is alav’t cun al sòch’s.
STEMB’R
As gavavunt al triful’s e as s’mnav’t lu bia.
Is cum’nsiv’t a preparer lu buv’ch par lu lunch iveer. Al’vaac’s e al fees a calavunt da iarp e al preparavunt par menal’s al fer’s e m’ndal’s ‘n casina da li mar’t dla piana. Li casaduur a faziant al batües a li ciamuus. Lu Rai Vitorio a casav’t li buch.
UTUB’R
Li bargier a tundiat al fees, tra tuiti an aviant bele duemila. Li cavalant a ciargivunt al tum’s e a purtavunt süüs al pruvist’s par l’iveer. I om ai erunt ciamaa a fare ròda plu Cümün. Se i viniv’t ‘n po ‘d nai a pasavunt lu trenó tirià dal mül’s dli margheer.
GRAFIA
È: suono aperto
É: suono chiuso
Ò: suono aperto
Ü: u francese
S: come in italiano
Z: s sonora
DZ: z di zaino
‘: apostrofo all’interno di una parola: e muta
‘: apostrofo davanti a una parola: n aspirata
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