Salvador Espriu è nato nel 1913 a Santa Coloma, in Catalogna sotto dominazione Spagnola. È conosciuto come uno dei più grandi poeti contemporanei di lingua catalana.
Ha vissuto i duri anni '30, l'instaurazione della repubblica in Spagna, lo Statuto di « Generalitàt » (Autonomia) In Catalogna e la lotta contro il franchismo fino alla capitolazione della «Generalitàt» nel 1939.
Una delle sue raccolte di poesie, « La pell de brau » racconta la tristezza, l'angoscia del suo popolo davanti alla disfatta, la vittoria del franchismo che obbliga il popolo o all'esilio o alla morte.
Il paragone è venuto da sé, soprattutto con la tradizione dei simboli nella letteratura Catalana, con il popolo ebreo obbligato all'esilio verso « Sepharad » (i Sefardi erano gli ebrei immigrati verso i paesi mediterranei) dopo la distruzione del tempio di Gerusalemme.
Questo poema racconta l'impossibilità di vivere sotto il controllo permanente, le persecuzioni, la guida di F. Franco, lo strano cieco; il margine, « la ribo» sarà il solo luogo dove si potrà provare di continuare la lotta, ma bisogna che la terra dell'esilio sappia che tutto il popolo non vuole vivere che per la sua libertà.
La conclusione è venuta molto tempo dopo, in questi ultimi anni, e S. Espriu, come tanti altri Catalani, è ritornato nel suo paese, con ancora molte difficoltà da superare, ma con la ferma speranza di poter ribastire il «Tempio ».
Es myey ren dir lu num
de lu kal pensén dins nosto pòu.
Si anèn anont emb'akeste borgn estran
e ke nus sentèn sempre gatsàs
Da la byontso visto de lu borgn,
Ente, se nù dins lu vüet e lu « pa - ren »
fundarèn la vito nosto?
Pruvarén d'ausà süs la ribo
lu danzerus tsastel d'i nostis sümis,
E empararén akesto ümilo lesyun
Mentre lu bastirèn;
Perkè sulets, d'akesto manyero sén libres de lütsà
Per la daryero vitoryo desubre l'eslüts.
Eskòuto Sepharad: i omes pòlun pa este
si sun ren libres
Tsal ke Sepharad sabèese ke pularén dzomay este
si sén ren libres
E la vòus de tut lu pople a krià « Amèn »
de lu Catalan Salvador Espriu
(trad. a nosto modo da M. Tucino)
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