Quando qualche giorno fa Ines mi ha chiesto di scrivere sul documentario “Lo sol poder es que de dire” - un’intervista a Fausta Garavini che ho realizzato nella sua casa fiorentina – ho subito pensato ad una frase, e questa frase è emersa ogni volta che ho pensato a quel video e alla necessità di scrivere qualche riga a proposito.
“Il futuro è imperscrutabile”: sono queste le parole di Fausta che hanno continuato a rimbalzare nella mia testa, tra un pensiero e l’altro. Di per sé (non me ne voglia Fausta!) la proposizione potrebbe risultare non solo vera, ma anche banale, o retorica. Ma nel documentario è tutt’altro che banale, perché è di fatto la conclusione di un ragionamento a proposito delle lingue minoritarie, in difficoltà se non in via di estinzione. Fausta sostiene che nel nostro mondo sono tante le lingue morte, le lingue che si sono estinte, per una ragione o per l’altra. Per impedire il processo di estinzione della lingua occitana secondo lei non occorre solamente un grande sforzo di volontà, ma anche la forza delle istituzioni. Ma non si può perdere la speranza, dice. Non si può perdere la speranza perché niente può essere dato per scontato, specie quando i processi sono sociali, culturali, storici. Ed è in questo momento del documentario che Fausta racconta un episodio piccolo ma significativo, così significativo che è difficile rimanere indifferenti a quel che è, a quello che rappresenta. Racconta Fausta:
“Ricordo sempre una lettera di Mistral a Roumanille, quando Roumanille stava fabbricando Li Prouvençalo, un’antologia di letteratura e di poesia provenzale. Mistral gli scrive una lettera dicendo che doveva inserire il tal poeta o il tal altro perché “non bisogna lasciare niente fuori perché questa sarà l’ultima corona della lingua del Midi”. Quindi Mistral e Roumanille avevano la consapevolezza di essere gli ultimi, che non ci sarebbe stato più nulla dopo… ed è stato tutto il contrario. Quindi… appunto… il futuro è imperscrutabile”.
Non so quando sia stata scritta la lettera. L’antologia data 1852. Sappiamo tutti com’è andata: quella non è stata l’ultima corona della lingua del midi, della lingua occitana, o occitanica, come preferisce dire Fausta. Oggi la stessa lingua può attraversare un momento meno felice di quello dei tempi di Mistral, o degli anni ‘70 quando le nostre vallate hanno visto un rifiorire della lingua non solo parlata ma anche scritta, quando quasi tutto d’un tratto a Sampeyre si è scoperto di parlare come a Montpellier e a Tolosa… ma non è detto che la lingua occitanica non riaffermi un nuovo ruolo e non acquisti una nuova forza, che peraltro già ha in tantissimi luoghi al di qua e al di là delle Alpi.
Ringrazio Fausta per avermi regalato questa consapevolezza, che è andata di pari passo con la (mia, personale) scoperta di un patrimonio letterario inestimabile, quello della letteratura occitanica contemporanea che Fausta Garavini (grande scrittrice, critica e studiosa di questo tesoro - nonché la più autorevole traduttrice di Montaigne in Italia) ha riunito e tradotto in un numero della prestigiosa rivista Paragone. Si tratta di una raccolta di poesie e scritti che è al centro del documentario, insieme al ricordo personale di Robert Lafont, grande scrittore, poeta e intellettuale occitanico, compagno di vita di Fausta. Il titolo del documentario riprende il titolo di una sua poesia: “Lo sol poder es que de dire”. Non ci sono altri poteri, se non quello della parola, del dire. Forse il più grande insegnamento della lingua occitanica alla civiltà europea e al mondo tutto.
Da oggi la Chambra d’Oc ha deciso di pubblicare il video online, sono ormai trascorsi due anni e mezzo dalla prima proiezione in occasione del Premio Ostana 2016, il documentario ha avuto diverse proiezioni sul territorio e soprattutto è stato visto in 18 città riunite nella rete “Mostra del Cinema Occitan”, per cui è giunto il momento che ognuno possa vedersi il video a casa, davanti al pc, su una poltrona, su un divano, o perché no? Nelle scuole, il primo dei luoghi in cui va coltivato “lo poder de dire”, specie di questi tempi in cui la parola è sempre più maltrattata e abusata da chi, in un modo o nell’altro, esercita dei poteri.
La lingua d’oc (poesia di Robert Lafont)
Dire è il solo potere.
Dire dolce: un ragno
pettina il sole
sul ponte dell’alba.
Dire duro: la montagna
è un frutto amaro
che allega le sorgenti.
Dire largo: il mare
ha posato le mani
sulle spalle del mondo.
Dire amico: il vetrice.
La mia lingua mi sta davanti
nuda come una fanciulla.
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