Il giorno nel quale Renzi divenne segretario del PD scrissi che era l’inizio della fine della sinistra in Italia. Pare che il percorso sia giunto al termine. A parte Renzi (e di chi lo accompagnò e firmò le leggi frutto della sua politica: tipo la disastrosa riforma degli enti locali, legge 7 aprile 2014, n. 56 cd. legge Delrio) di chi è la colpa?
Dopo la caduta di Renzi (referendum Renzi-Boschi del 2016) nel PD, a seguito delle dimissioni dello stesso Renzi, (19/02/2017) ci fu la reggenza di Orsini (irrilevante), l’assurdo ritorno di Renzi (dal 7maggio 2017 al 12 marzo 2018), il breve periodo di Martina (con timide aperture verso i 5 stelle) e i due anni di Zingaretti. Il 14 marzo 2021 subentrò Enrico Letta che ritornò in Italia dall’insegnamento universitario a Parigi; esilio conseguito a seguito della caduta del suo governo provocata da Renzi.
Un periodo caotico che vide una forza politica senza riferimenti definiti con al timone personaggi privi degli ideali caratteristici della sinistra italiana dei tempi di Berlinguer. Dopo la sua dolorosa scomparsa presero piede i cosi detti miglioristi (di cui Napolitano fu importante protagonista) che si proposero di cambiare il sistema operando dall’interno delle strutture e accettandone in parte i metodi.
Il problema sorse quando con i metodi si accettarono anche le filosofie del sistema. Seguì una corsa a finalità individuali, preferite e anteposte alla ricerca del bene comune e alla lotta per elevare e dare dignità ai meno fortunati. Cessarono i dibattiti nelle sezioni: preziosi momenti di conoscenza dei problemi reali della gente da mutuare, a cura degli eletti e dei quadri, nei livelli istituzionali. La grande forza della sinistra! Ma in cambio “avemmo una banca”.
Nel tempo il Pd è diventato un partito moderato (una specie di moderna Democrazia Cristiana) che non riesce a smarcarsi e distinguersi in un agone politico che affolla il centro e non esprime più statisti ma solo politici. Il Pd, in questo momento negativo dal punto di vista morale e culturale, non è guida ma vivacchia in balia di dibattiti che durano lo stretto tempo permesso dall’interesse mediatico del momento.
L’Italia è rinata dopo il disastro della seconda guerra mondiale con l’impegno di tutti uscendo dalla disperazione e dai lutti. Si può rinascere da una grave crisi economica ma rinascere da una crisi morale è difficile quando i valori di riferimento sono il potere ed i soldi.
E veniamo alle prossime votazioni del 25 settembre.
L’attuale legge elettorale privilegia le coalizioni e quindi occorre unire forze politiche il più possibile omogenee. Una legge, occorre ricordarlo, sicuramente anticostituzionale cui i partiti non hanno messo mano. Sono stati presentati diversi ricorsi in vari tribunali per la verifica della legittimità costituzionale della legge elettorale, in particolare per il mancato rispetto degli articoli 3, 6, 48, 51, 56 e 58 della Costituzione e il Governo, che dovrebbe essere neutrale in materia elettorale di esclusiva competenza parlamentare , si oppone al rinvio alla Corte Costituzionale. Evidentemente Draghi non ha a cuore la materia e vuole che il Parlamento sia formato da persone non scelte dagli elettori ma dai partiti.
Come può una classe dirigente chiedere ai cittadini di essere corretti nei confronti del Paese quando essa stessa non lo è? I responsabili delle due ultime pessime leggi elettorali Calderoli e Rosato godono tutt’ora degli onori del Parlamento e sono inseriti quali candidati per la prossima legislatura.
Letta (che non sa scaldare i cuori) ha escluso da subito l’alleanza con i 5 stelle con la motivazione (vera ma non del tutto appropriata visto che altre forze sfruttarono e accompagnarono la mossa) di essere causa della caduta del governo Draghi preferendo una trattativa a destra. L’accordo con Calenda è durato poche ore e ora solo un miracolo può evitare la vittoria delle destre che, come al solito, trovano una unità elettorale che darà i sui frutti. Andare praticamente da soli (ma senza l’orgoglio di poterlo dire) penalizzerà il PD nei collegi uninominali. Probabilmente all’origine della scelta è stato il pensiero che i 5 stelle erano alla frutta. Ennesima dimostrazione che frequentando solo i salotti buoni non si afferrano i sentimenti della gente comune. Un errore quello di Letta che potrebbe costargli la segreteria nel caso di una secca sconfitta…
Governerà la Meloni?
Non è scontato e molto dipenderà dall’ampiezza della vittoria. Durante la legislatura che volge al termine si è visto di tutto con alleanze sulle quali cinque anni indietro nessuno avrebbe scommesso un centesimo.
Potrà Salvini mettersi in mano a Fratelli d’Italia (con guida femminile) in una situazione di sudditanza abbandonando i toni un po’ macho propri della Lega? O si inventeranno nuove formule pur di governare? E il bla bla e le promesse (anche folli e prive di buon senso) elettorali convinceranno al voto parte degli indecisi o non votanti (che sono intorno al 40%) che potrebbero cercare un rifugio e pesare sul risultato? Magari spaventati da un ritorno della destra; ma ne dubito. La storia non è tra le materie più conosciute e a “l’isola dei famosi” non se ne parla mai….
In questi giorni tutti i candidati, per accattivarsi gli elettori, si affannano a dire che accetteranno il verdetto delle urne perché il popolo ha sempre ragione.
Mi permetto di dissentire su questo concetto. Nel passato l’Italia ha avuto ben altre dimostrazioni sulla avvedutezza da parte del popolo; si è già dimenticato il plebiscito del 24 marzo 1929 quando il SI alla legge che diede i pieni poteri a Mussolini, condannando i votanti stessi a decenni di mancanza di libertà, ottenne il 98,34 dei voti validi? Le violenze fasciste non possono essere giustificative di un plebiscito di questa portata. Gli italiani avevano ( hanno?) bisogno dell’uomo della provvidenza al comando. In Inghilterra la scelta di uscire dall’Europa decisa dal referendum popolare mi pare si stia rivelando una pessima scelta.
Oggi, accanto a persone che seguono il dibattito politico, che cercano di aggiornarsi e di essere parte viva della società, esiste una moltitudine identificabile nel modello GRANDE FRATELLO, figlia di tempi che indicano come modelli “calciatori e veline”, la vita come ricerca di visibilità e successo (anche se effimeri) e di fiumi di denaro, non importa come realizzati. Impossibile per questi votare con cognizione di causa nell’ambito di concetti di democrazia volta al bene comune e alla lotta alle diseguaglianze. Tra i candidati all’uninominale della Camera (collegio Piemonte 1) la Lega presenta, con ottime possibilità di successo, Elena Maccanti. Questa gentil signora è l’ideatrice della legge della Regione Piemonte 11/2012 con la quale sono state azzerate le Comunità Montane dando spazio alle Unioni dei Comuni, enti che si concretano a livello volontario da parte dei Comuni, distruggendo le aggregazioni di area vasta indispensabili per lo sviluppo delle nostre montagne (e non solo). Ma chi è a conoscenza o si ricorda di questi fatti? La signora Maccanti verrà eletta e ritornerà in Parlamento con tutti gli onori portandovi “preparazione e competenza”...
L’altro dettaglio che gli elettori dovrebbero (ma non faranno) considerare è che, pur con la contrazione del numero dei parlamentari, molti dei candidati sono sempre gli stessi che presidiano le due Camere da decenni. Molti più nella destra che nella sinistra. Così abbiamo politici che affollano il parlamento dai lontani tempi dei governi Berlusconi (ma anche prima):
Tremonti, Guidi, Micciché, Luigi Grillo, Cota, Urso, Sgarbi, Pera, Bossi, Calderoli, Giorgetti, Gasparri, Prestigiacomo, Casellati, Martusciello, Romano, La Russa, Rotondi, Fitto, Brambilla, Musumeci, Santanchè e, siccome Antonio D’Alì ha una condanna d’appello per mafia, mette in lista la moglie.
E poi Bernini, Craxi (Stefania che sostituisce il padre a suo tempo condannato e fuggito ad Hammamet), Ravetto. Ma potrei citarne altri inchiodati da anni alle poltrone parlamentari.
Questi sono solo i più noti e verranno votati. Gente navigata in politica romana ma per governare ci vorrebbero qualcosa di più alle spalle e magari anche un po’ di competenze.
Il PD, alla moglie di Franceschini, Michela De Biase, ha riservato un posto blindato per la Camera a Roma Lazio 1 e ha candidato a BOLOGNA (luogo emblematico per la sinistra) Pierferdinando Casini, in Parlamento dal 1984, sicuramente mai a sinistra ma di quell’area di centro (sic) che si piega alle opportunità del momento. Piero Fassino, già sindaco di Torino, con sei legislature alle spalle è stato dal PD candidato a….Venezia in un collegio sicuro. De Luca junior (figlio del governatore PD della Campania) è stato riconfermato in un collegio sicuro. Quando si dice rinnovamento!
Cose che capitano solo in Italia (escludendo i Paesi del terzo mondo).
Ma l’Europa accetterà di buon grado un governo guidato da Fratelli d’Italia con la presenza di figure di questo tipo? La Meloni ha cercato in questi ultimi mesi di dare al suo partito un volto europeo e atlantico (con affermazioni di senso opposto a quanto da sempre ha predicato; ricordiamoci il suo comizio alla manifestazione di VOX in Spagna) e sta cercando di legittimarsi nei salotti buoni (Cernobbio docet) ma permane il problema dell’alleato Salvini che in proposito presenta un’ambiguità che non dà fiducia e che continua a guardare con simpatia a Mosca. Saranno sufficienti le personalità di area conservatrice funzionali al progetto della sua nuova destra e digeribili dall' establishment che la Meloni sta prenotando?
Se la maggioranza di centro destra non sarà coesa e con numeri consistenti le pressioni internazionali saranno consistenti.……. Magari tornerà Draghi!
Una serie di questioni che non trovano risposte e fanno dubitare l’Europa sul futuro di un paese come l’Italia che si tira dietro una inefficienza storica, una incapacità di fare vere riforme (non riusciamo neanche a liberarci dall’assedio dei cinghiali…), una burocrazia in perenne aumento, e una grande efficienza nel paralizzare le azioni amministrative pubbliche con imposizione di procedure telematiche che non funzionano, con siti ministeriali, ma non solo, che rifiutano l’accesso e fanno perdere tempo agli impiegati comunali anziché rendere più veloci i servizi. I Comuni (specie i piccoli lasciati senza risorse; tranne quelli che avendo dato spazio alla speculazione edilizia introitano le tasse conseguenti) sono sull’orlo della paralisi a causa di tutto questo. Continuare ad amministrare significa essere eroi o possedere una discreta dose di follia. Ora siamo alle prese con il questionario SOSE. Un esercizio inutile (in passato una delle domande era su quanti alberi ci fossero nel Comune … . Ad Ostana rispondemmo che erano 3.644.312) ma bisogna pur giustificare l’esistenza della società che lo gestisce (Decreto Legislativo 26 novembre 2010, n. 216, IV governo Berlusconi, che affida a SOSE - Soluzioni per il Sistema Economico S.p.A. la predisposizione delle metodologie finalizzate alla determinazione dei fabbisogni standard; che non funzionano e provocano enormi squilibri tra Comuni grandi e piccoli con questi ultimi carenti di finanziamenti sulla parte ordinaria del bilancio). Si dice che il SOSE sia stato creato per sistemare un centinaio di persone con stipendi non da poveracci……
E provate a chiedere ad Enel un nuovo allacciamento! Attività ferme per mesi in attesa di un allaccio con pochi metri di linea da predisporre. E potremmo continuare per un pezzo. Tutto questo mal vivere e inefficienza non interessa ai politici in alto volo a discutere cose complesse senza giungere a quella concretezza che interessa il cittadino. Non grandi riforme ma neanche quei piccoli interventi che darebbero efficienza al sistema e farebbero vedere alla gente che lo Stato esiste. Il Paese sta in piedi solo grazie al genio italico, al lavoro feroce di milioni di imprenditori grandi e soprattutto piccoli che ci mettono l’anima. E gente (certo non tutti e sul pubblico ci sarebbe molto da fare. Accanto a chi lavora come un dannato c’è chi vivacchia in ambienti super protetti) che conferma la fama degli italiani di essere grandi lavoratori.
Il nuovo governo avrà di fronte questioni enormi causati dall’emergenza energetica. Per alleviare i problemi, in fase elettorale, parte dei partiti vorrebbero allegramente creare ulteriore debito pubblico ma Draghi non vuol passare alla storia per manovre di questo tipo e quindi la patata bollente sarà nelle mani di chi vince le elezioni, quindi plausibilmente alla coalizione di destra che sull’argomento pare pensarla in modo poco omogeneo. D’altra parte se Draghi non farà un’adeguata manovra che salvi le imprese più energivore dalla chiusura e le fasce più deboli della popolazione dalle folli bollette che stanno arrivando (con Eni e Enel, aziende controllate in varia maniera dallo Stato, che fanno utili senza senso) si porterà dietro il ricordo di personaggio insensibile e cinico.
In questo enorme e confuso dibattito dove tutti sparano su tutti senza indicare politiche degne di questo nome, nulla è da escludere. Comunque un accordo dell’ultima ora i partiti l’hanno trovato approvando un emendamento al Decreto aiuti bis che ha tolto il tetto di 240.000 euro agli stipendi degli statali. Come sanno tutti questo è comprensibile: come si fa a vivere con soli 240.000 all’anno (sono solo 20.000 euro al mese)? Il pudore è un ricordo di altri tempi! Ma Draghi forse ci metterà una pezza….
Mentre in Italia assistiamo a questo spettacolo di bassa qualità nel resto del mondo ci si pone degli interrogativi di ben diverso livello.
L’Europa con la “Direttiva quadro rifiuti” chiede uno sforzo agli stati membri per la protezione dell’ambiente e quindi della salute pubblica, favorendo la transizione verso una economia circolare con una riduzione dei rifiuti e il loro utilizzo attraverso il riciclaggio. Questo in linea con il “patto verde” che si propone di raggiungere entro il 2050 la “neutralità climatica”. Dare concretezza a questo obiettivo sarebbe già un bel risultato.
Macron ha affermato che “è finita l’epoca dell’abbondanza” per preparare i francesi ad un futuro che si annuncia problematico. Una dichiarazione del genere è apparsa a molti come una provocazione. L’affermazione di Macron è qualcosa in più di una semplice esternazione di un politico. “Fine dell’abbondanza” significa, concretamente, l’uscita dalla una stagione di una crescita pensata come infinita, cioè senza vincoli dal punto di vista ambientale, energetico e delle risorse naturali.
Siamo sommersi dalle cattive notizie: scarsità di energia e materie prime, con aumenti folli delle stesse e quindi inflazione che ci ricordano tempi che abbiamo quasi dimenticati e, in conseguenza recessione economica in mancanza di cospicui interventi pubblici. La paura (giustificata) è che le difficoltà annunciate possano scatenare un’ondata di protesta e destabilizzare le democrazie. Questa è anche la speranza di Putin, che ha saputo rivoltare contro l’Occidente le sanzioni decise dopo l’invasione dell’Ucraina.
In questa situazione la risposta classica e quasi automatica è maggior utilizzo di risorse pubbliche per tenere in piedi i consumi e non rallentare gli investimenti privati. Rimedi che nella campagna elettorale italiana, con all’orizzonte mesi che si annunciano tempestosi, diventa il manifesto di tutti i leader. In fondo, nel nostro Paese l’abbondanza cui si riferisce Macron si è per lo più tradotta nella crescita abnorme del debito pubblico e della rendita, al punto che, come ha fatto notare qualche giorno fa Alberto Brambilla, oggi «metà degli italiani vive "a carico" di qualche altro». Non esistono soluzioni facili a problemi difficili: e così, al di là delle pezze che pure occorre mettere, le difficoltà che abbiamo davanti sono un invito a cercare la via di uno sviluppo migliore rispetto a quello alle nostre spalle. In primo luogo "fine dell’abbondanza" potrebbe voler dire declinare crescita economica e giustizia sociale. Una relazione che proprio l’idea di crescita infinita ha rimosso: se c’è abbondanza, non ci si preoccupa di come la si ripartisce. Sappiamo che le cose sono andate diversamente: nel corso degli anni, la ricchezza si è sempre più concentrata, la quota di valore aggiunto destinato al lavoro si è ridotta a vantaggio dei profitti e della finanza, gli squilibri territoriali sono aumentati. La montagna italiana ne sa qualcosa!
C’è bisogno di ricomporre gli squilibri che dividono la nostra società, dove i ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sono sempre più poveri.
I giovani devono rassegnarsi a vivere a livelli inferiori a quelli che potevano permettersi i genitori. Parlare di “fine dall’abbondanza” potrebbe non significare automaticamente meno, ma potrebbe anche volere dire una diverso modo di guardare al Pil. Si tratta di rideterminare quello che è importante e necessario al nostro buon vivere.
Sono gli shock che si stanno susseguendo a imporcelo: lo sviluppo è fatto di tutte quelle dimensioni immateriali, qualitative e relazionali che abbiamo messo tra parentesi e che invece, alla fine, sono essenziali per la nostra vita, individuale e collettiva. Infine "fine dell’abbondanza" potrebbe voler dire capacità di gestire e trasformare il forte risentimento che cresce in una società abituata ad avere tutto ed è perciò insofferente ai mutamenti “conquistati” alla capacità di accettare nuovi e più ragionati modelli di vita.
Sogni da proporre alla politica italiana? Troppo difficile farne un programma elettorale!
Ostana 15 settembre 2022
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