Era una notte buia e fredda, solo una stella con una lunga coda brillava nel cielo. Qualcosa nell’aria diceva che era una notte speciale. Il bambino Gesù era nato da poco, non in un bel palazzo, ma in una povera ricovero al freddo. E lì, in quella gelida stalla, tutti facevano il possibile per scaldarlo, perché sentisse meno il freddo: Maria, la sua mamma, lo teneva stretto in braccio, mentre il bue e l’asinello lo riscaldavano con il calore del loro fiato. Giuseppe, il suo papà, nel frattempo aveva acceso il fuoco, con rametti e pezzetti di legno che era riuscito a trovare nei dintorni.
Attirato dal poco calore, per ripararsi dal gelo dell’inverno, anche un piccolo uccellino dalle piume stinte e dal petto chiaro si era rifugiato all’interno della stalla. Era un uccellino piccino piccino, un uccellino senza nome, un uccellino solo, ma era riuscito a trovare rifugio su una trave: aveva gonfiato il petto più che poteva, aveva nascosto la testolina sotto un’ala e si era addormentato.
Non era l’unico ad essere stanco: anche Giuseppe e Maria erano affaticati sia per il lungo viaggio sia per l’emozione della nascita del piccolo. Così nel cuore della notte, si addormentarono. Persino l’asino e il bue si addormentarono. Dormivano tutti persino i topolini.
Il fuocherello abbandonato cominciò, quindi, a spegnersi lentamente e il freddo di nuovo si fece sentire. Fu allora che l’uccellino, dalla sua trave, sentendo sotto le piume gli aghi del gelo, si accorse di ciò che stava succedendo.
Si svegliò immediatamente, volò veloce come un lampo vicino al fuoco e cominciò a battere le ali per attizzare la brace. Poi, mancando anche qualcosa da bruciare, sfrecciò fuori dalla capanna, a cercare dei ramoscelli, così da tenere viva la fiamma.
Per tutta la notte l’uccellino si diede da fare e, con grande fatica e molti sforzi, riuscì a tenere acceso il fuoco e Gesù al calduccio.
Alla prima luce del giorno, Giuseppe finalmente si svegliò: vedendo il gran lavoro e gli straordinari sforzi dell’uccellino, non perse tempo e corse ad aiutarlo.
In questo modo la povera bestiolina poté fermarsi e riprendere fiato. Così risalì nel suo cantuccio sulla trave, e, mentre si accoccolava per fare un sonnellino, si accorse che qualcosa era cambiato, che lui era cambiato: al centro del petto, proprio sotto il becco, aveva una macchia rossa, rossa proprio come il fuoco che aveva alimentato quella notte.
Nostro Signore aveva impresso la Sua riconoscenza sul petto dell’uccellino che ora brillava di rosso vivo, testimonianza eterna del fuoco dell’amore e dell’impegno donato senza risparmiarsi. Così da quella notte, l’uccellino non fu mai più un uccellino senza nome, ma diventò il Pettirosso.
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