Mario siede sul muro di pietra che divide la mulattiera dai prati, lo sguardo segue le gambe penzoloni e si focalizza sui pesanti scarponi. Veste una camicia di tela di casa, sopra indossa un pullover di lana spessa, una cintura di canapa gli ferma larghi pantaloni di fustagno corti sui calzettoni. Nella sua mente ridonda martellante la frase del nonno.. almeno tu oggi hai delle scarpe.. io quando salivo con la gerla camminavo scalzo. Mentre Mario si riposa prendendo fiato per la grande fatica, il nonno riempie di letame la gerla posta sul treppiede che la sorregge. Con la lentezza ritmata da anni di esperienza di lavoro, infila il tridente nel mucchio di letame, con piccola leva stacca una zolla dal mucchio compatto e la solleva sulla gerla avendo cura di compattare il cumulo.
Mario ha diciassette anni, la testa piena di sogni, le scarpe sono ereditate da suo fratello emigrato in America. Fin da bambino fatica duro con la famiglia. Qui siamo in troppi la terra non ci sfama più, dice il nonno intanto che il carico è pronto. Mario s’infila quindi un cappuccio di logora tela di casa che si allarga con cura sulle spalle e infila la gerla. Il cappuccio è indispensabile, la salita è lunga e realizzarla con il letame infilato nella camicia, è pure peggio.
Il carretto trainato dal mulo aveva vuotato il carico nella piazzetta a fianco del canale dove parte la ripida mulattiera che s’inerpica sul monte, qui si ammucchia il letame che poi, sulle spalle, si porta a concimare le vigne sul versante a solatio verso Chiomonte. La suola di legno chiodata risuona e scivola sulle pietre della mulattiera la tomaia unta di grasso consente però una buona camminata. Il peso si fa sentire ed il respiro ritmato passo dopo passo porta Mario a fischiettare ansimando, una vecchia melodia serve da base al respiro ritmato, e meditando sul racconto del nonno le parole vengono spontanee… Su e giù per li Periviot camminavo scalzo, portavo il letame su al Malhouve su per la mulattiera del Cree… e così giunge al primo posto di riposo, sedile ricavato nei muri di contenimento al sentiero che permette di sedersi senza togliersi dalle spalle la gerla ma che solleva il peso dalla schiena e consente di rifiatare. La salita dura una ventina di minuti poi bisogna ancora affrontare le ripide scale della vigna ma intanto cumulo dopo cumulo il letame si trasferisce in alto e nel frattempo, salita dopo salita, la composizione musicale prende forma…
Il nonno da giovane saliva il ripido sentiero come Mario oggi, carico sulle spalle ma lo faceva scalzo. La ripida terra, contesa tra uomini e guadagnata ai ripidi versanti del monte per mezzo di infinite terrazze è sempre quella. Le vigne raggiungono la quota dei mille metri e spesso la terra tra i filari permette ancora qualche altra coltivazione.
Così Mario giro dopo giro, rima dopo rima finisce la giornata e ultima la sua composizione. Dopo cena c’è scuola di musica, le chiavi del clarino scompaiono sotto le grosse e ruvide dita del contadino, ma il clarino di Mario canta, e come canta. La dura giornata, la scuola di musica e poi si finisce nella cantina di Mondo, sulla strada di casa…
Mario esordisce con la sua composizione, Mondo è la sua seconda voce al canto, Ilario ha un timbro squillante. Anout è ba pli Periviot è limata, si modificano le parole, si cercano le rime, si ride e si beve.
Quando la consonanza dell’accordo porta le vibrazioni al cuore, ci si canta in faccia e la nota si prolunga all’infinito, fin che c’è fiato. Ed è la felicità, non si pensa al duro lavoro sui ripidi versanti montani.
Sicuramente la canzone tradizionale di Giaglione Anout è ba descrive questo racconto e mi piace pensare sia nata in questo modo. Ora di tutto questo territorio strappato da generazioni ai ripidi versanti dei monti rimangono solo i muretti a secco che resistono nel tempo. Gran parte delle canzoni ricercate dal gruppo di Musica Viva nei borghi della valle raccontano di fatti quotidiani, di storie di lavoro o di festa, banali.. quindi “ Su per la Grela bia ci racconta di costone nebbioso e la prima mucca della fila è sempre la sounalhera , canta di una realtà del paese di Mompantero. A Meana Babina piangeva perché ha perso la sua capretta e questo è successo nella regione di Corbassiera.
Come per le antiche ballate anche le nostre canzoni seguono delle regole, a volte usano melodie antiche, a volte una forma strofica modulare ma sempre quando si usa la madre lingua si canta e racconta di fatti quotidiani.
Queste parole, queste melodie sono incollate ad un territorio ben preciso e Tsant’an tsamin ha percorso e studiato il territorio di lingua francoprovenzale delle valli di Susa. Dal 2009 anno della prima edizione si sono tracciati itinerari su mulattiere e sentieri sconosciuti alla ricerca di manufatti e luoghi raccontati nelle canzoni. Abbiamo visto dove Mario portava il letame e dove Babina cercava la sua capretta, abbiamo cercato le ragazze di Vindrolere per verificare realmente se ancora non sono belle….
La legge 482 che tutela le minoranze linguistiche ha aiutato questi progetti di lingua, alcune edizioni si sono chiuse nei paesi che hanno aderito alla cerimonia della bandiera francoprovenzale, ventisette comuni della città metropolitana in rete per la cultura e la lingua francoprovenzale. Ormai da molte edizioni il gruppo musicale dei BLU L’AZARD cura la parte musicale delle escursioni, mentre delle guide locali ci accompagnano nelle peculiarità del territorio, il gruppo cura la didattica canora.
Tutti i partecipanti sono forniti di un canzoniere con le parole delle canzoni, queste sono spiegate ed insegnate nelle tappe del percorso ed a fine di giornata si esegue tutto il repertorio insieme. Il canto spontaneo non richiede doti particolari, anche i diversamente intonati si liberano e riescono a provare la gioia liberatoria di un canto in compagnia.
Nel canto spontaneo la base e il corpo erano i bassi, a volte non conoscevano esattamente neanche le parole ma creavano la forza, primi e secondi disegnavano la melodia ognuno per la sua impostazione vocale ma la regola principale era quella di non rubare la voce, ad ognuno il suo.
Queste manifestazioni vogliono ricercare l’anima del territorio, si addentrano nel contesto, lo scoprono, lo raccontano, ma non con atteggiamento nostalgico. L’attività delle nostre associazioni vuole vivere oggi con coscienza la realtà francoprovenzale, nessuno dei partecipanti alla camminata possiede mucche o porta letame nelle vigne ma il nostro territorio è sempre lo stesso, la lingua esiste ancora, per questo motivo vogliamo trasmettere la nostra cultura.
Per continuare ad esistere serve sì la consapevolezza delle origini ma soprattutto una chiara idea di dove vogliamo arrivare. Siamo in molti ad avere ben chiaro il concetto ma l’abbandono istituzionale dei territori alpini non facilita il percorso.
Per questo motivo a fianco delle canzoni tradizionali antiche presentiamo anche le nuove creazioni dei BLU L’AZARD, gruppo nominato alla targa Tenco per la composizione con testi saldi nella cultura madre ma armonizzati e costruiti con innovazione e coraggio.
L’edizione di Tsant’an tsamin 2019 di sabato 27 aprile calcherà i sentieri della bassa Valle di Susa dalla Sacra di San Michele a Villarfocchiardo. Percorreremo i sentieri alti dei comuni di Sant’Ambrogio, Vaie per scendere al Cresto di Sant’Antonino e proseguire su Villarfocchiardo.
Edizioni di Tsant’an Tsamin.
2009: Gravere-Giaglione
2010: Lou tsamin francoprovensal
2011: Meana - Villarfocchiardo
2012: Foresto- Pavaglione – San Giorio
2013 : Moncenisio- Giaglione
2014 : Pian delle Rovine - Susa
2015 : Celle – Caprie
2016 : Colle Braida - Giaveno
2017/18 : Borgate di Condove
2019: Sacra di san Michele- Villarfocchiardo.
Riferimenti internet:
Tsant’an tsamin www.chambradoc.it https://blulazard.wordpress.com/
commenta