Ho iniziato a suonare l'organetto esattamente trent'anni fa, nel 1981. Allora c'era pochissima gente che suonava questo strumento, ma in compenso c'erano ancora molti suonatori tradizionali, più che altro di semitun e fisarmonica cromatica, già un po' più anziani. Nelle valli, suonatori d'organetto che riprendevano questo strumento suonando musica occitana e musica tradizionale delle vallate, in tutto ce ne saranno stati una decina. Anche i gruppi di musica occitana erano pochissimi, tre o quattro al massimo.
Non so di preciso perché ho iniziato a suonare e da dove mi sia giunta la passione. Ho iniziato con l'ascoltare un po' di dischi di musica folk francese in generale, irlandese con i Chieftains e occitana d'oltralpe con i primi mitici gruppi di riproposta quali Perlinpinpin folc, Bachas e Mont-Joia, ma c'era ben poca roba, poi i primi suonatori che ho ascoltato sono stati Beppe e Severin di Vernante; le prime curente penso proprio di averle ascoltate da loro, sia da registrazioni sia dal vivo; ho iniziato allora a frequentare i vari festin in Val Vermenagna e le feste in Val Varaita.
Sono nato a Cuneo e lì sono cresciuto, la mia famiglia è però di origine veneta quindi fa strano come son capitato a suonare e ad appassionarmi a questo genere musicale.
Fino a diciassette anni non ero assolutamente al corrente, che a quindici chilometri da Cuneo esistevano i festin animati da curente e balet, non ne sapevo nulla. Parallelamente ho anche iniziato a frequentare molto la Val Varaita, e le relative feste in vallata, iniziando a conoscere così i suonatori tradizionali che c'erano ancora a Sampeyre. La cosa è partita da lì poi è andata avanti.
Ho iniziato a suonare con un primo gruppo chiamato la "Sourcino", poi sono stato nella prima versione dei "Lou Dalfin" acustica, dove abbiamo registrato il disco "l'Aze d'Alegre", ho suonato con loro tre anni, poi un po' da solo e in duo con Lele Viola, poi ho iniziato con Gabriele Ferrero, con Senhal, Compagnon Roulant, ecc... Tra le altre cose, nel 2003 abbiamo ricostituito con Jan-Marì Carlotti, Patrick Verdié e Gabriele Ferrero il gruppo Mont-Joia.
La ragione precisa del perché ho iniziato non la so, è un po' un mistero perché, come già detto, allora non è che fosse come oggi, che senti musica occitana dappertutto e c'è un grosso interesse per la tradizione in generale, sia per quanto riguarda la musica occitana di nuova composizione, sia per quella tradizionale, oggi molti si interessano, allora nulla. A Cuneo tanti mi dicevano: "cosa ti sei messo a fare... una musica... come si chiama? Citana...Occitana... Com'è?" e adesso magari li vedo a ballare in giro. E' curiosa questa cosa, mi prendevano un po' per matto, eppure probabilmente c'era un'attrazione particolare perché a quei tempi era veramente difficile, probabilmente più difficile di oggi, appassionarsi a questa musica, dovevi proprio andarci incontro e doveva proprio essere una cosa che ti interessava particolarmente.
Se proprio vado molto indietro nei ricordi, il primo che mi ha fatto ascoltare qualcosa di musica folk in generale, un disco dei Malicorne, un gruppo folk francese, prima ancora di Beppe e Severin, era stato un mio amico, un certo Francesco Segreti che veniva a scuola con me, in terza ragioneria. Era uno dei pochi appassionati a questo genere di musica. A Cuneo saranno stati tre o quattro. Forse l'input è stato lì, mi ha fatto ascoltare i primi dischi di musica folk e da lì è iniziata la mia passione.
Prima, come tanti giovani d'allora, suonavo la chitarra, musica dei cantautori, De Andrè, Vecchioni, Guccini...
Con la chitarra ho iniziato a sedici anni, dopo un'esperienza a otto nove anni, il mio primo approccio alla musica suonata, ma che fu traumatico perché mi facevano solfeggiare tre quarti d'ora e solo un quarto d'ora di strumento, quindi dopo due o tre mesi di lezione, hanno telefonato a mio padre dicendo: "lascialo pure a casa perché di questo qui non ne facciamo nulla" e in effetti io fino ai sedici anni ero convinto di non poter suonare, che non ero in grado e non ero portato assolutamente per quello. Poi fortunatamente a scuola c'erano degli amici che suonavano e vedendo che io ero sempre lì con gli occhi puntati sulle chitarre, uno di loro ad un certo punto mi ha convinto a provare; anche se inizialmente dicevo che non potevo suonare perché non in grado, ha insistito a farmi provare la chitarra, a farmi provare il semplice giro di DO e finalmente ho scoperto che potevo farcela. Dopo tre mesi mi sanguinavano le dita a forza di suonare.
Allora a Cuneo c'era un discreto movimento rispetto alla musica. C'erano tanti giovani che suonavano la chitarra, facevano cantautori, rock in generale, cover dei Rolling Stones ecc.. ma rispetto alla musica tradizionale o occitana proprio nulla.
C'erano stati "Lhi Sonaires Occitans" nel '76, prima ancora i "Troubaires de Coumboscuro", che è stato storicamente il primo gruppo di riproposta, poi man mano sono nati gli "Artesin", la "Cantarana" (gruppo di musica popolare di Pinerolo) delle valli Chisone e Germanasca che, oltre alla riproposta, hanno fatto una grossa ricerca, poi è nato qui dalle nostre parti "Lou Dalfin" fondato da Sergio Berardo e poi da lì in avanti, a partire dagli anni '90 è venuto fuori il boom dei gruppi e dell'interesse rispetto a questa musica.
Io ho imparato da solo, anche perché non c'erano corsi, non c'era niente, e pensare che adesso insegnare organetto e suonare musica occitana è il mio lavoro, al massimo potevi andare dai suonatori tradizionali, allora ce n'erano ancora abbastanza.
C'erano Notu Sunadur, che è morto solo nel '84, Batista Contavech, Titin, gli stessi Beppe e Severin e tanti altri. Andavi da loro e ti facevano sentire, tu magari registravi, poi però dovevi aggiustarti da solo, quindi ti trovavi a casa e provavi, più o meno come è sempre stato.
Non c'è mai stato il corso rispetto alla musica tradizionale, è una cosa assolutamente recente a livello storico, perché è sempre stata una cosa trasmessa oralmente; stessa cosa per i corsi di ballo. Il corso di danze occitane o danze tradizionali in generale non è mai esistito. Nell'ambito tradizionale non si è mai vista una madre che dice al bambino, alza la destra, abbassa la sinistra, impossibile, è sempre avvenuto esclusivamente per imitazione, quindi quello di insegnare e di avere una didattica è un concetto moderno.
Io mi baso ancora tanto sulla trasmissione orale, il mio metodo parte da questo, non uso spartiti o intavolature, se non in certi casi, però chiaramente mi sono fatto un programma, ho una didattica, mi sono inventato io un percorso, vari modi di spiegare una stessa cosa, per riuscire a far capire determinati concetti a seconda di chi ho davanti.
Allora assolutamente non era così, andavo da Beppe e Severin, tra l'altro loro suonavano in SI bemolle, quindi oltre al resto dovevo tirarmi fuori i pezzi in SOL, facendo delle faticacce che non finivano più. Poi pian piano mi rendevo conto che l'orecchio si faceva e magari anche dopo sei mesi, riascoltando di nuovo la registrazione sovente mi dicevo: "cosa ho tirato fuori qui? C'entra niente!". E' stato tutto un lavoro da solo completamente autodidatta, avessi avuto la possibilità di andare da qualcuno sarei andato, anche solo privatamente a un corso o a uno "stage", come ce ne sono tanti oggi; mi sarei anche spostato lontano, ma c'era ben poca cosa, perché iniziava solo allora ad esserci un po' di recupero della musica occitana e tradizionale in generale.
Come primo strumento ho suonato il mandolino nel gruppo "La Lucerna", proprio una cosa in casa, tre amici d'infanzia, con chitarra, mandolino e percussioni e facevamo folk in generale; da Musica Nova di Eugenio Bennato al Folk francese dei pochi dischi che giravano allora. Dopodichè l'esperienza con la "Sourcino", abbiamo anche realizzato una cassetta, suonavo principalmente mandolino e fisa a piano. Avevo iniziato così, ad orecchio, con la fisa a piano perché mio padre già la suonava, poi mi ricordo che uno del gruppo aveva un organetto vecchio in casa e una sera l'ha portato alle prove. Io quasi che non avevo mai visto un organetto, ma, con la scusa che suonavo gia la fisa a piano, me l'hanno dato da provare.
Allora chi suonava l'organetto si contava sulle dita di una mano, c'era Gianrenzo Dutto di Borgo, Sergio Berardo che lo suonava già oltre alla ghironda, e pochi altri. Come l'ho preso in mano sono stato folgorato da questo strumento, ho preso la malattia, come si dice, perché rispetto alla fisa a piano, ho provato a tirar fuori delle curente che suonavo già, ma mi veniva un altro "gheddu", un'altra interpretazione. Ho sentito che era veramente il mio strumento, mentre con la fisa a piano non riuscivo a far le stesse cose. Probabilmente anche il genere era più adatto all'organetto. Forse, avessi iniziato con la fisa a bottoni avrei trovato più affinità.
Mi ricordo bene, era il settembre '81, quindi sono trent'anni.
Il primo organetto che ho avuto era malandato, di bassa qualità, preso al Balun a Torino, si spaccavano sempre delle molle e faticavi come un disperato, però in giro non ne trovavi.
Castagnari, oggi principale costruttore di organetti, esisteva solo per le fisarmoniche. Aveva appena iniziato nel '79 a riesumare i primi esemplari di organetto in seguito ad una richiesta di Marc Perrone, e solo nei decenni successivi è ripresa a pieno ritmo la costruzione degli organetti con Castagnari in testa e a seguire tutti gli altri, Saltarelle, Baffetti, Gaillard, Verde ecc... Quindi a quei tempi trovare uno strumento che funzionasse decentemente era dura, trovavi sempre dei ferri vecchi, roba che dovevi poi aggiustarti, con il mantice che perdeva. Ti accontentavi per forza perché tanto gli organetti erano quelli.
Al Balun potevi trovare degli Hohner, che giravano abbastanza o anche dei vecchi organetti, ma insuonabili.
Per mia passione nel'85 ho cominciato a fare delle registrazioni. Il primo è stato Batista Contavech di Limone, che ho registrato più volte anche in altre occasioni. Ero attratto più che altro dai suonatori di semitun, perché aveva una certa affinità con l'organetto e allora ce n'era ancora qualcuno.
La gente ancora oggi ha un bel ricordo di questo strumento. Tra le due guerre mondiali, il semitun era la Fisarmonica. Se ad un anziano fai sentire un semitun, gli vengono le lacrime agli occhi ancora oggi, perché è un forte ricordo, ma dopo la guerra in Val Vermenagna si è affermata più di tutto la fisarmonica cromatica col clarinetto. Diciamo che il semitun c'era ancora, c'erano ancora dei suonatori, ma non veniva più suonato nelle feste.
Registravo anche perché così ogni tanto mi sarei tirato fuori qualche melodia diversa dalle solite dieci che suonavo, poi finiva che ammucchiavo cassette e cassette, ma alla fine non è che ne tirassi poi fuori tante. Ma comunque mi interessava e per anni ho raccolto, chiedendo anche in giro a chi aveva vecchie registrazioni. Insomma tutto questo in modo da avere poi una documentazione proprio sul repertorio del semitun, ma senza pensare di fare poi un lavoro ben preciso.
Ho continuato ad ammassare cassette per anni poi, verso il 2000, un bel giorno mi sono messo ad ascoltarle. Ne avevo talmente da non saper più cosa avevo, perché ammucchi, ammucchi poi lasci lì. Ho iniziato a tirare fuori due o tre curente, così per gioco e poi le ho ascoltate e mi sono reso conto che c'era un bel repertorio. Avevo fra le mani una cosa abbastanza preziosa. Mentre c'erano curente e balet che comunque si suonano anche con la cromatica ed il clarinetto, magari più elaborate e diverse dalle originali, qui c'erano una serie di melodie proprio originali che morto quel suonatore lì, come per tutta la musica tradizionale, essendo che non veniva scritta, si perdeva. E allora man mano ho iniziato ad incuriosirmi a quanto avevo dentro queste cassette, quindi ho iniziato a fare una catalogazione, cercando di dare un numero ad ogni curenta oppure, se avevano un titolo tipo: "Le belle si maritano", "Ciao pasarot" o altri, elencandoli. Tutte le volte che trovavo la stessa curenta suonata da un altro suonatore in un'altra versione, la mettevo sotto lo stesso gruppo.
Ho fatto uno schema, per capire quante curente e balet avevo dentro le cassette, che erano una dozzina, con ore e ore di registrazione e sono arrivato alla conclusione che c'erano circa quattrocento pezzi. Il difficile è stato sapere quante curente e balet effettivi c'erano, perché tante erano la stessa melodia, che tutti suonavano più o meno, magari con passaggi un po' diversi uno dall'altro, quindi si trattava di individuarle. Alla fine ci sono riuscito, ci ho messo circa cinque-sei anni per far quel lavoro. Logicamente non facevo solo quello, ma a volte in estate, che ero più libero dai corsi, passavo giornate intere. Mia moglie mi diceva: "Diventi matto dietro a quelle registrazioni...". Alcune volte mi sono chiesto: "ma chi me l'ha fatto fare?". C'erano alcuni momenti che proprio mi scoraggiavo perché non riuscivo più a capire dov'ero, ma alla fine sono uscite 48 curente e 21 balet. Mentre facevo questo lavoro mi era venuto in mente di fare poi un CD, ma prima dovevo vedere cosa riuscivo a tirare fuori e se il risultato era soddisfacente e poteva andare bene come documento sul repertorio del semitun della Val Vermenagna.
Come ho visto il risultato finale, ho subito pensato alla realizzazione del CD, anzi alla fine è uscito un doppio CD vista la mole: 69 brani in tutto. Il titolo è: "Curente e balet - il semitoun in Val Vermenagna"
Di questo lavoro ho curato anche molto il libretto, ne ho approfittato per scrivere un po' di cose sulla tradizione musicale della vallata, oltre che risolvere alcuni grossi equivoci legati al semitun. Ci sono due pagine dedicate alla differenza tra fisarmonica diatonica, fisarmonica semidiatonica o semitonata, fisarmonica cromatica, in maniera da risolvere il problema dei nomi, organetto, semitun, cromatica a bottoni. Questi tre modelli rappresentano la base della storia e dell'evoluzione della fisarmonica.
La fisarmonica nasce con l'organetto nel 1829, Demian, austriaco, brevetta la prima scatola con un mantice e quattro o cinque bottoni da una parte; non aveva neppure i bassi; da lì parte la storia della fisarmonica. Le prime sono diatoniche, cioè con una scala di note naturali. Non usano alterazioni, solo le sette note, poi probabilmente c'è stata l'esigenza di aggiungere i diesis, in modo da avere una scala cromatica completa; il semitun infatti deriva da ciò. L'organetto, inizialmente con una o due file per la melodia e due, quattro o otto bassi, passa a tre file con la terza fila di semitoni e vengono aggiunti i bassi cromatici, da lì il nome semitun o fisarmonica semitonata, anche se poi la terza fila non la utilizzava nessuno perché tanto nel repertorio suonato non erano previste alterazioni. Suonavi in SOL o in DO senza alterazioni. Anche tutti quei bassi, alla fine non c'era nessuno che li adoperava pienamente.
Joan Bernardi a Sampeyre aveva tutta la tastiera consumata su quattro bassi perché ha suonato tutta la vita in SOL ed aveva un semitun a 80 bassi. Di per se questo strumento è folle perché puoi suonare agilmente solo in due tonalità maggiori e una minore dalla parte delle voci, mentre avresti la possibilità di suonare in tutte le tonalità con i bassi, ed è per questo motivo che poi è arrivata la cromatica. La cromatica ha una logica incredibile, più ancora di quella a piano, perché ti permette di suonare in tutte le tonalità, semplicemente spostando la mano facendo praticamente i medesimi movimenti con le dita. Ha risolto tutti gli inconvenienti e i limiti che aveva l'organetto e il semitun il quale non era ne una cosa ne l'altra, in se non aveva alcun senso.
Perché è stato ripreso l'organetto, che era morto? Perché aveva delle caratteristiche veramente specifiche e diverse rispetto alla fisa cromatica a bottoni o a piano, mentre il semitun è stato un modello di passaggio, un misto dei due, ma ne uno ne l'altro. Ha avuto un grosso significato nella cultura delle vallate, ha un suo "gheddu" particolare, un suo valore, però da un punto di vista teorico è una follia.
L'organetto sicuramente è stato usato prima del semitun, ma è difficile fornire date certe, perché come per tutta la cultura popolare non c'è nulla di scritto, come per la stessa musica. Le curente chi le ha composte? Boh!. Gli stessi suonatori, a questa domanda, difficilmente sanno rispondere. Difficile sentire un suonatore che ti dice: "Questa curenta l'ho fatta io o l'ha fatta quel tal suonatore!". Stessa cosa per gli strumenti.
Presumibilmente i primi organetti sono arrivati qui nelle vallate attorno al 1880, perché il primo organetto in Italia è documentato ufficialmente nel 1863 a Castelfidardo con Paolo Soprani, quindi siamo in un'epoca relativamente recente. L'organetto è dunque uno strumento moderno, più che la chitarra, il violino e tanti altri strumenti a fiato storicamente già presenti. Quindi sicuramente, verso la fine dell'800 l'organetto era veramente diffuso un po' in tutte le vallate e già comunque ai primi del '900 iniziavano a vedersi i primi semitun. Come possiamo saperlo? Non tramite documenti scritti, ma ad esempio sulle fotografie d'epoca o da testimonianze di persone anziane che si ricordano di qualcuno che lo suonava. Batista Contavech, che era del '12, aveva iniziato verso i quattordici anni, ma si ricordava di suonatori più vecchi che suonavano l'organetto. Quindi sicuramente veniva suonato.
All'inizio, quando ho iniziato, tanta gente mi diceva: "...qui, quello strumento non c'è mai stato...".
Assolutamente no, anzi tre suonatori su otto, che sono i testimoni del CD che ho realizzato, mi hanno raccontato che l'avevano ancora suonato; Gian Faramiù di Vernante mi ha detto: "Ho iniziato con una fisarmonica esattamente come la tua, otto bassi e due file".
Iniziavano con l'organetto poi, anche solo perché era più grosso e faceva più figura, passavano al semitun, però poi suonavano la stessa cosa, in SOL con due file, ma il suonatore aveva qualcosa di più consistente e "importante" tra le mani. Oltre alle testimonianze, di organetti ne trovi ancora qualcuno in valle, roba vecchia, chissà quanti sono andati persi o buttati via.
L'organetto c'è stato sicuramente qui come dappertutto, perché fa parte della storia della fisarmonica, non c'è da inventarsi nulla, le prime fisarmoniche che sono arrivate erano organetti semplicemente perché le cromatiche non erano ancora diffuse.
Il clarinetto invece, do la mia ipotesi, è uno strumento derivante dalla banda. Semplicemente ha dimostrato, così come in altre tradizioni in Bretagna, Auvergne ecc..., di adattarsi bene alle musiche tradizionali.
Perché non la tromba, o il sassofono, escludendo quei pochi suonatori nostrani come Mario Pirotti e Dario Avena che in valle lo suonano, perché non prendono come il clarinetto, non c'è niente da fare. La gente si aspetta di più il clarinetto. Probabilmente perchè il sassofono ha un suono più grave, mentre il clarinetto è più chiaro, chissà, fa più allegria, entra più nell'orecchio e si abbina benissimo con la fisarmonica. Credo siano questi i motivi.
Probabilmente anche gli altri strumenti hanno provato a suonare curente, però si è visto subito che non funzionava bene come col clarinetto, o comunque la gente non la sentiva come una cosa sua; è una mia ipotesi.
In Banda, dopo il servizio ufficiale, c'era sempre la parte "dietro le quinte" e lì credo il clarinetto si sia affermato. Posso dire che non era uno strumento tradizionale, come in altre zone ad esempio il violino, o la ghironda o lo stesso semitun che era già concepito apposta per suonare un repertorio tradizionale del posto. Per il clarinetto non è stato così, si suonava in banda ed è stato inserito per il repertorio da ballo tradizionale.
Nei tempi addietro qui poteva esserci il pifre. Ci sono delle testimonianze proprio qui a Robilante. Gentile Giordano, ne ha conservato uno in bosso che suonava qualcuno della sua famiglia. A Vernante, mi hanno raccontato, che c'era uno che stava a un tetto che suonava il pifre, quando c'era silenzio, lo sentivano suonare da lontano e suonava curente.
Fra l'altro il pifre era tipico della Provenza e ce n'erano principalmente di due tipi: di canna, più rustico, o di bosso, più pregiato. Ciquin d' Matè di Limone diceva che lo suonava in una certa processione religiosa ed aveva un pifre di canna. Quindi può essere che la tradizione sia giunta dalla vicina Nizza.
Per quanto riguarda gli strumenti a corda, l'unica testimonianza in Val Vermenagna è un violino; uno della frazione Agnelli, un certo Tunin d' Michèl, o meglio Antonio Galfrè, morto nel '50 e che lo suonava. Qualcuno dice che forse se li fabbricava addirittura lui in maniera molto artigianale. Nessuno si ricorda se suonava proprio curente, però penso di si, anche perché in quei tempi e nel posto in cui era, non credo suonasse Vivaldi. Era un contadino che comunque non sapeva leggere e scrivere la musica, come tutti, quindi sicuramente suonava musica del posto. Essendo morto nel '50, sarebbe il miracolo del miracolo trovare una registrazione.
Io quando posso, proprio per mia passione, anche dopo aver realizzato questo CD, dove ho cercato di scrivere il più possibile, chiedo sempre, rompo le scatole a tutti per sapere sempre qualcosa in più, ma non ho trovato nulla oltre a ciò. Sicuramente prima dell'organetto, il violino era adoperato, come gli strumenti a fiato ad ancia doppia e gli strumenti a sacca che erano storicamente diffusi un po' ovunque in tutto il mondo, quindi sicuramente sono passati anche di qua, magari se ne sono perse le tracce nella notte dei tempi, in quanto non sono ancora emerse testimonianze nelle vallate. L'unica testimonianza di un oboe popolare ad ancia doppia viene dalla Val Po, ed è rappresentata in una foto a Martiniana Po datata 1902 nella quale c'è un suonatore con uno strumento di questo tipo, molto somigliante al piffero che si suona molto ancor oggi nell'appennino pavese e piacentino. In Val Maira hanno ricostruito la Piva d'Estròp da un dipinto di autore anonimo in una chiesa del paese, ma non si può dire con esattezza se era uno strumento locale, anche se è affascinante immaginarlo. Teniamo conto che i pittori d'allora giravano mezza Europa e quello che vedevano in un posto poi magari lo rappresentavano anche in un altro. Se solo si trovasse, magari in una vecchia soffitta, una sacca con anche solo il rimasuglio di un chanter o un bordone, come è successo in certi posti del nord Italia, e si riuscisse più o meno a ricostruirla, allora si, ma basarsi unicamente su un dipinto potrebbe, a mio parere, essere una tesi un po' forzata.
Rispetto alla musica tradizionale e alla sua riproposta in tutto il nord Italia, non c'è una situazione di vitalità pari alla nostra, neanche per idea, di quello sono sicuro, lo posso mettere per iscritto, perché ormai ho un'idea abbastanza approfondita della situazione generale.
Forse al sud qualche cosa di simile c'è, anche se non lo conosco molto bene, sicuramente la Sardegna è ai livelli più alti, dove è ancora viva la tradizione in generale e anche il fermento da parte dei giovani.
Anche dal punto di vista del ballo, in Italia del nord non esiste una situazione analoga ai nostri festin con curente e balet. Sono appena stato in Val Resia, in provincia di Udine, affascinantissima per un ricco repertorio di musica interamente per violini, ma ballano a carnevale e a ferragosto, due, al massimo tre occasioni all'anno. C'è un po' la zona delle quattro province: Piacenza, Pavia, Alessandria, Genova, che si salva. Lì c'è la tradizione del piffero, un oboe popolare che sembra un po' a quello prima citato di Martiniana Po. La tradizione è stata recuperata soprattutto negli ultimi due decenni, anche tramite gente che veniva da fuori, specialmente dal milanese, ma si stava perdendo.
Così come accade qui in Val Vermenagna, che dall'ultima settimana di maggio a metà settembre, c'è almeno un "festin" ogni Sabato, Domenica e Lunedì, dove si balla la tradizione locale, cioè quello che c'era prima del liscio, non c'è da nessun'altra parte. Anche il fenomeno della riproposta rispetto alla tradizione, che nel nostro caso è il fenomeno "Musica Occitana" nelle varie chiavi, non è marcato in nessun posto come qui, nelle nostre vallate.
Qui in Val Vermenagna la tradizione musicale non si è mai arrestata, anche se ci sono stati dei momenti più attivi e altri meno, in ogni caso, anche quando negli anni settanta sembrava quasi che i "festin" andassero a perdere, c'è sempre stato qualcuno che ne tirava su le sorti; in quegli anni sicuramente i fratelli Beppe e Severin di Vernante con clarinetto e fisarmonica. Comunque ci sono degli anni in cui c'è più movimento, altri meno; è difficile cercare di capire quanto la musica tradizionale andrà ancora avanti in un mondo che è sempre più variegato e globalizzato al massimo, con generi dei più diversi disponibili in internet. Qui ti sembra di essere su un'isola a parte, ma è difficile capire fino a quando durerà. Una cosa che non riesco ad immaginarmi, sono le feste delle leve senza curente. Il fatto che esse siano estremamente funzionali e fondamentali all'interno di una festa rituale come quella, forse dà speranza di continuità.
Questo è uno dei motivi per cui gran parte della musica della Val Varaita, teoria di molti, si è salvata in buona misura grazie alla Baïa di Sampeyre. Anche lì c'erano stati dei momenti veramente di crisi, negli anni '60 Joan Bernardi era uno dei pochi suonatori rimasti, la gente non ballava quasi più. Ballava solo alla Baïa ogni cinque anni, che con i momenti rituali che ha, richiede che in certi momenti siano suonate esclusivamente musiche tradizionali di Sampeyre con i relativi balli, quindi ci si ricordava dei balli anche solo da una Baïa all'altra. E' la tradizione che salva la tradizione; il rito è funzione della musica e la musica è salvata nel tempo dal rito.
Si può fare una analogia con la festa delle leve, mentre nei festin dipende, potrebbero, come hanno fatto ovunque, iniziare a fare liscio, oppure potrebbe allargarsi il fenomeno che si vede in questi ultimi anni, il sabato, o la domenica, si chiama il gruppo di musica occitana, per dare un po' di varietà alla festa e nello stesso tempo richiamare anche persone da fuori. Sono ragionamenti che i vari "massari" fanno in funzione anche di quello che vuole la gente e l'evolversi naturale delle situazioni nel tempo.
In tutti i casi la musica, qualsiasi sia nella naturale evoluzione che avrà, deve essere sentita dalla gente e deve essere spontanea come è sempre stato. Si vedrà col tempo. La gente si riconosce, perché ha un suo linguaggio; come parla la sua lingua, balla curente e balet.
Devo dire che negli ultimi anni in Val Vermenagna c'è stato un grosso fermento di giovani che suonano la fisarmonica cromatica, anche di alto livello. I suonatori anziani, sono meravigliati di vedere tutti questi giovani così appassionati e questo è positivo.
Per quanto riguarda la musica occitana, il "boom" è stato negli anni '90 in seguito al fenomeno Lou Dalfin, perché prima la cosa era esigua. In seguito a loro sono nati diversi gruppi, la maggior parte in versione più moderna con basso, batteria e chitarra elettrica abbinati a strumenti della tradizione. All'inizio, qualcuno diceva che era solo una moda, tempo tre o quattro anni e avrebbe mollato lì. Sembrava solo un fuoco di paglia, perché senza la sostanza che contraddistingueva la tradizione vera e propria, poiché era un fenomeno nuovo più collegato alla musica pop e rock.
Anche noi come Senhal, pur facendo musica occitana in versione acustica con strumenti tradizionali, abbiamo un'impostazione nuova che non esisteva nella tradizione che prevedeva o il singolo suonatore o al massimo la coppia fisarmonica e clarinetto. Oggi siamo nel 2011, siamo oltre i vent'anni dalla nascita del "boom", ma anche se qualcuno dice che c'è un po' di molla, ora come ora ci saranno cinquanta gruppi che suonano, quindi il fermento è ancora molto forte. Sulla quantità quindi c'è da essere più che soddisfatti, mentre la qualità media della proposta direi che non è ancora un granchè. Speriamo nel futuro... Si può comunque affermare sicuramente che chi aveva detto che in quattro o cinque anni la cosa si sarebbe esaurita, si era sbagliato. E' vero, alcuni gruppi non ci sono più, è fisiologico, ma ce ne sono di nuovi che nascono.
Vedo che giovani che vengono da me a fare i corsi di organetto, ce ne sono sempre più, si passano la voce l'uno con l'altro e non so più dove sistemarli, alcuni devo tenerli fuori.
Interpreto questo segnale come una garanzia per il futuro, anche se bisogna comunque fare attenzione, perché come ce ne sono tanti che iniziano, ce ne sono tanti che lasciano perdere, però sulla quantità ce n'è un tot che prende la cosa a cuore, si appassiona veramente. In questo momento ne ho quattro o cinque per le mani che se continuano diventano veramente dei fenomeni.
Rispetto a quando ho iniziato io, oggi chi vuole provare a suonare, anche solo perché incuriosito dopo aver visto un gruppo di musica occitana, o perché ha un amico che suona e a sua volta vuole provare, ha ampie possibilità, cosa che a Torino o a Milano probabilmente non capita.
Sulla quantità qualcosa è prevedibile che per il futuro resti. Se non sarà nella tradizione, potrebbe essere rispetto alla musica di riproposta che è un fenomeno moderno, attuale però interessante; una nuova forma di musica popolare.
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