Io mi chiamo Enrichetta Vottero. Sono nata il sette gennaio del millenovecentoventi. Qui ci troviamo a Urbiano che è una frazione del comune di Mompantero. Io ho sempre lavorato la campagna, sono rimasta con u... na mano piena d’aria, niente soldi ma... la salute ringraziando mi ha “accompagnata” fino ad oggi.
Da più giovani si andava a fare la legna d’inverno, a raccogliere le foglie per la lettiera delle mucche. Poi d’estate si andava in alpeggio al Tour, su quasi a 2000 m. Fino a settembre. Da giugno, da giugno a settembre. E ho trascorso delle belle giornate, ma ne ho passate di brutte, quando pioveva. Non avevamo il “nailon” come adesso, avevamo solo delle mantelline che si riempivano di pioggia, che poi colava giù per le gambe e giù dentro gli zoccoli.
E invece adesso hanno già i gambali, hanno già delle giacche di nailon, non prendono più la pioggia come noi. Ah noi eravamo bagnate come topolini, non avevamo neanche roba per cambiarci. Nel 1932 c’era stata un’estate piovosa, ma piovosa... andavamo a casa e non avevamo neanche più roba per cambiarci. Non avevamo stufe, solo il fuoco così, e mettevamo ad asciugare la roba lì, e o bruciava o diventava nera di cenere. E poi andavamo al pascolo, avevamo già le calzature piene d’acqua, magari mettevamo degli zoccoli puliti ma i piedi dentro si bagnavano. E c’era una ragazza con me, me e mia sorella, perché noi eravamo ancora giovani, non potevamo andare al pascolo da sole, eravamo troppo giovani. Io e altre come me, e questa ragazza era un po’ più grande... e non avevamo più niente per cambiarci. Lei è andata a mettersi dei pantaloni. Ma una volta non si usava mettere i pantaloni. Mise i pantaloni di suo padre che usava quando andava su in estate a tagliare il fieno. Poi sono passati dei soldati e... - Ei, ei montanaro, dove possiamo prendere il sentiero per andare al Trucco?- E lei non si osava farsi vedere, invece si sono avvicinati... - Oh, pensavo fosse un uomo e invece è una ragazza [ride]. Ai lei che si nascondeva, si era timidi una volta. Del ’32 io avevo 12 anni, 12 anni, e lei ne aveva tre in più, 15, era già una signorina.
[Le donne si aiutavano e a casa] una donna a turno guardava i bambini e le altre andavano a prendere legna, a prendere l’erba per dare alle mucche la mattina, nella stalla, e tanti parlavano il dialetto di Mompantero, lei [la figlia più grande] lo capisce e invece i miei figli più giovani non lo capiscono più. Non capiscono più il patois. Non si parla più, non c’è più nessuno che lo parla.
Al pascolo si prendevano anche le mucche degli altri. Quelle che stavano a casa erano le margare e noi che le portavamo al pascolo eravamo le bergere. Allora chi stava a casa non andava al pascolo, ci andavamo noi. Ora hanno fatto gli alpeggi voilà, ce n’è uno solo che pascola tutto.
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