Se parlassi della sua fresca bellezza
Che rivaleggia col sole, che parole vane sarebbero.
Lo splendore, lo sfolgorio delle città del re,
Ne fiammeggia ogni ruga del suo riso.
Incommensurabile il suo tesoro:
Diamanti del sapere, fine oro dell’amore...
I suoi occhi, il suo cuore, le sue dita, la sua anima.
E la mia ombra, lo frequenta il suo universo?
Della sua stretta, della sua pelle, delle sue labbra mai
Avrò la fortuna di ubriacarmi, lo so.
È soltanto in parole, come sull’erba dolce,
Soltanto in piccoli, minuti lavori, che con lei posso giacere.
E a lei cosa sembra? Non mi venne “addio!”
Quando proseguii per la mia strada, ma “ahimè”.
Te phenav olaqe jale śuźipasqe
So thablǒl sar o kham, nange làfǎ ovel.
Svètilo so forden o dizǎ paśasqe
Svàka hasajbasqi ćìzga laqi pekǒl.
Pàna pobudèri si la śukaripa
Lìre ʒanglipasqe, kamimasqo zlàto
K-o jakha, k-o vilo, k-i godi, k-o naja.
A mi sènka si-li an olaqo svèto ?
Laqe jangalǎθar, morthǎθar, vośetenθar
Nikad na ka tromam te matǒvav, ʒanav.
Sàmo an-o làfǎ sar an-i kovli ćar
An-o tikne butǎ, olaça śaj paślǒvav.
A laqe sar dikhǒl ? Na phendǎ « devleça ! »
Keda mukhlǔm i mahàla, nègo « So ʒa’ ? »
...
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