Affascinati dalla musica, dalle magnifiche riprese, dal grande impegno del volontariato, dall’incredibile partecipazione popolare e, cosa encomiabile, dal grande sforzo organizzativo del Comune di Paesana, ai più sarà sfuggito un dettaglio non secondario: in tutta la kermesse nulla è stato dedicato alla cultura del territorio nel quale l’avvenimento si svolgeva; territorio di cultura e lingua occitana (sempre più affievolite grazie al brutto momento culturale che si vive in Italia).
Molti dei Concerti di Ferragosto si sono svolti nelle valli occitane del Piemonte, ma il Centro Produzione Rai di Torino non ha mai riservato attenzione alla cultura delle valli dove i concerti si tenevano.
Disattenzione? Mancanza di preparazione culturale (e attenzione sociale)? O altri motivi che potrebbero essere di maggior gravità?
Forse era troppo richiedere all’orchestra Bruni di eseguire un motivo che ricordasse la cultura occitana? A Sanfront (dieci km da Paesana) con un lavoro encomiabile, i “Balerin del bal veij” hanno raccolto decine di musiche e balli della Valle Po (una volta chiamata Valle di Paesana, prima che Napoleone imponesse l’idronimo quale elemento caratterizzante delle nostre vallate) che potevano essere proposte magari con moderne interpretazioni. Niente! Solo le immagini identificavano il luogo. A parte questo e l’inconfondibile Monviso (e qualche altro piccolo spunto, tipo le coppelle) ci si poteva immaginare in qualsiasi parte delle alpi.
I Comuni della Valle Po, con apposita delibera (anni 2000 e successivi) si sono volontariamente riconosciuti come appartenenti all’area linguistica-culturale occitana, e, tra questi, anche il Comune di Paesana; questo avvenne all’entrata in vigore della legge nazionale 482/99 (Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche) che tutela e vorrebbe mantenere vive le dodici lingue dalla stessa riconosciute, degne e necessitanti di tutela.
Purtroppo, grazie anche alla caduta verticale del valore della classe politica italiana avvenuta negli ultimi decenni, la legge (richiesta dall’Europa, che si impegna in questo tipo di tutela) rimase e rimane in larga parte inapplicata; se si perdono lingue che hanno alle spalle centinaia di anni (se non migliaia), di storia, di letteratura, di arte, ai politici di oggi non interessa; e i pochi voti espressi nelle aree di minoranza linguistica (quasi tutti in minuscoli paesi di montagna e/o emarginati) non fanno volume e non interessano a candidati lontani dall’interesse del territorio, che puntano essenzialmente al proprio futuro politico.
All’ articolo dodici, comma 1, della legge dello Stato 482/1999 è scritto:
“Nella convenzione tra il Ministero delle Comunicazioni e lasocietà' concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo e nel
conseguente contratto di servizio sono assicurate condizioni per la
tutela delle minoranze linguistiche nelle zone di appartenenza”
Parole scritte in un momento nel quale il Parlamento era popolato da ben altre persone e che il servizio pubblico ha presto dimenticato mentre chi dovrebbe controllare (leggi Ministero per gli Affari Regionali) da sempre guarda da un’altra parte.
Durante il concerto sono state fatte passare belle immagini e relativi pregevoli commenti, della Valle dei Mocheni (il mocheno è una delle lingue tutelate dalla legge di cui sopra) e delle particolarità linguistiche del luogo; accontentiamoci… Peccato non essere in Trentino!
Fino a quando la gente delle vallate e i propri amministratori accetteranno questa, per essere teneri, mancanza di sensibilità da parte del servizio pubblico? Anche noi paghiamo le tasse e i soldi per fare il Concerto arrivano in buona parte dal territorio (se ben ricordo…). Sarebbe utile ricordare a tutti le parole di Ignazio Buttitta:
Un populu
mittitilu a catina
spughiatilu
attuppatici a vucca
è ancora libiru.
Livatici u travagghiu
u passaportu
a tavula unnu mancia
u lettu unnu dormi,
è ancora riccu.
Un populo
diventa poviru e servu
quannu ci arrubbano a lingua
addutata di patri:
è persu pi sempri.
Diventa poviru e servu
quannu i paroli non figghianu paroli
e si mancianu tra d’iddi.
Mi n’addugnu ora,
mentri accordu la chitarra du dialetto
ca perdi na corda lu jornu.
Un popolo
mettetelo in catene
spogliatelo
tappategli la bocca
è ancora libero.
Levategli il lavoro
il passaporto
la tavola dove mangia
il letto dove dorme,
è ancora ricco.
Un popolo
diventa povero e servo
quando gli rubano la lingua
ricevuta dai padri:
è perso per sempre.
Diventa povero e servo
quando le parole non figliano parole
e si mangiano tra di loro.
Me ne accorgo ora,
mentre accordo la chitarra del dialetto
che perde una corda al giorno.
Al prossimo Concerto.
Giacomo Lombardo, Paesana, 17/08/2023
PS. Forse poco importante per i più l’enorme strafalcione di chi ha presentato in questa occasione il Monviso come facente parte delle Alpi Marittime. Risulta ai geografi che le Alpi Marittime terminino comprendendo il versante orografico destro dello Stura di Demonte (che scende dal Colle della Maddalena, chiamato dai francesi Col de Larche) mentre dal lato orografico sinistro incominciano le Alpi Cozie Meridionali. In proposito sempre interessante la lettura della relativa Guida edita dal CAI esattamente cento anni fa (stampato da OPES-OFFICINA POLIGRAFICA EDITRICE SUBALPINA) quando allora si parlava di Alpi Cozie Settentrionali. La Guida ci dice anche che a Crissolo c’erano otto guide alpine (quattro Perotti, due Gilli, un Putto e un Reynaud) e un portatore (Chiri Giuseppe di Francesco, forse, visto il cognome, di residenza ostanese). Uno tra i mille argomenti che avrebbero potuto arricchire il Concerto. Ma tutto questo ormai forse interessa a pochi…..
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