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Manifestazioni Eventi e Novità

La “Toscane Occitane”

La “Toscane Occitane”

di Peyre Anghilante

italiano

Metto parole sopra un’aria lieta / graziosa e lieve, e le sgrosso e le piallo, / così saranno veritiere e certe / quando ci avrò passato su la raspa...”. È recente la notizia che la Regione Occitania ha deciso di lanciare come nuovo marchio di promozione della zona di Gaillac, nel dipartimento del Tarn, il nome di “Toscane Occitane”. Dopo la nostra delusione per la creazione di tale regione amministrativa – ufficialmente Région Occitanie-Pyrénées-Méditerranée –, ultimo colpo alla coscienza di un’ “Occitania” e risultato di un sogno infrantosi di fronte alla realtà che i suoi confini non coincidono né storicamente né tantomeno linguisticamente con ciò che viene definito territorio occitano, in ragione proprio della sua lingua, il fatto in questione pone problematiche ancora più “psicologiche”. Pare infatti che la neoregione, partorita dal ventre della madrepatria con il suo solito sguardo che non perde mai l’occasione di creare territori per quanto possibile sempre più indistinti, ma anche nel caso contrario, più centralizzati – per esempio, dove è finita la Guascogna? E il Limosino? Spariti, confusi fra le acque della neoregione Nouvelle Aquitanie –, soffra di una crisi d’identità. Niente di nuovo nell’Exagone. Ma questa iniziativa è quanto mai rivelatrice dello stato di minorità – questo sarebbe il vero l’elemento da analizzare e su cui lavorare – in cui vuole ostinatamente continuare a vivere la minoranza occitana. Uno stato che traspare perfino dal suo cuore, dalle terre di Gaillac.

Fieramente ancorata alla sua storia, dotata di un’arte di vivere singolare e condivisa, con le sue città che hanno attraversato il tempo, i suoi vigneti generosi che producono nettari che deliziano chiunque, la Toscane Occitane non vi promette un mondo di meraviglie, ve lo offre!”. Un’idea “originale” – vedere bizzarra –, propagandistica, in fondo triste e priva di forza, di spirito, perché imitativa e referenziale, nel nobile tentativo di promuovere e valorizzare il proprio patrimonio, che testimonia il profondo e inscalfibile senso d’inferiorità di un popolo che la storia ha reso tale, ma che non riesce proprio ad alzare la testa. Come se, tolta la frase fatta iniziale, vaga e sovrapponibile un po’ a qualunque realtà simile, la regione di Séte – ovviamente per le sue divine ostriche che il mar mediterraneo rende più gustose ed il suo vento salino un’esperienza unica da godere – diventasse “la Bretagna del Sud”, per le sue spiagge bianche ed il suo splendido mare, la Sardegna “I caraibi d’Europa”, o in extremis, nella progressiva sisgregazione del loro tessuto sociale, per le loro montagne, ma soprattutto grazie alla polenta, anche le Valli Occitane riscattassero finalmente la propria identità e si presentassero come “Il Trentino Occitano”. Un’idea altrettanto malaugurata, tanto da divenire un caso istituzionale. Il presidente e l’assessore alle attività produttive e al turismo della Regione Toscana hanno dichiarato che “il furto d’identità è un reato”, definendo l’operazione “eccessiva e fuori luogo”, sottolineando come “se i francesi si spingono ad usare il nome della nostra terra per pubblicizzare una regione così importante significa che la Toscana vale davvero tanto, molto di più di quanto si possa credere” ed apostrofandola come una scelta “di indubbio pessimo gusto”. Essendo il progetto stato finanziato dall’Unione Europea, la Regione Toscana ha infine preso la cosa seriamente, presentando un’interrogazione alla Commissione Europea.

Frame”, disconnessione, smarrimento, mancanza di una vera visione legata al proprio territorio, che non sia solo sorseggiare del buon vino fra città medievali e paesaggi collinari, esperienza che si potrebbe vivere anche in Provenza, in Spagna, in Grecia, in Germania o in Moldavia: colline, città medievali, buon vino... sempre naturalmente con “un’arte di vivere singolare e condivisa”. O direttamente in Toscana, così conosciuta ed apprezzata da tempo per i suoi paesaggi, le sue città, i suoi vini d’eccellenza e la cultura che ha saputo generare e propagare in buona parte del mondo. Anche la frase “fieramente ancorata alla sua storia” suona un po’ alla francese, sottile e propagandistica, una “bella frase”, inserita nel solito slogan “un’esperienza da vivere da soli, in famiglia o fra amici”. Davvero molto vago e “mainstream”, laisse tomber. Con quell’idea ottusa e fissa di guardare al patrimonio materiale, di considerarlo “facile” in quanto concreto, visibile, fruibile. Un patrimonio in fondo distruttibile, mutabile fino a cambiarne i connotati. Nondimeno, resta difficile immaginare che tutto questo patrimonio materiale – per la Toscana come per la regione di Gaillac – non sia il prodotto ed il risultato di un patrimonio immateriale unico, la cultura: di qualsiasi popolo, dalla yurta mongola ai tetti di lose o in paglia delle nostre valli, dal pesto ligure alla paella, alla seta. Qualcuno avrà pensato, messo mano alla cazzuola, raccolto erbe, prodotto o commerciato riso e pescato dei pesci, viaggiato e riportato in patria conoscenze. È il patrimonio immateriale, ciò che nasce dallo spirito dell’uomo, dal suo vivere, e crea un’identità, che andrebbe valorizzato, prima di cadere in una fantomatica, in quanto impossibile, pretesa ed inquietante “fluidità” che vuole tagliare radici e ponti e sfidare la natura, riuscendo solo ad allontanare, fino ad alienare, in modo informe, la società da sé stessa.

Nel 2008 si è svolto il progetto “L’Occitània a pè”, un viaggio di 1322 chilometri che ha portato sette camminatori ad attraversare l’Occitania intera, dalle Alpi ai Pirenei, per chiedere all’UNESCO che la lingua d’òc fosse iscritta al Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Lasciato l’altopiano del Larzac, superato il Mont Aigoal (il monte da cui provengono e che divide le acque) e valli strette e scoscese – il villagio di Valleraugue potrebbe essere tranquillamente uno “Stroppo Mediterraneo” – si è giunti a Minerve, Carcassone e alle Corbiéres. E poi i castelli catari, Foix, la Bigorre e infine Vielha, in Val d’aran: borghi medievali, castelli, paesaggi collinari, buon vino... in Occitania. “Sette camminatori nell’aria, la lingua per aratro” ci ha lasciato scritto su un bigliettino il poeta Michel Décor come augurio di buon cammino. Una frase densa di significato, alquanto lontana dalla scialba espressione inventata dalla Région Occitanie, inconsapevolmente più realista del re. Sono tante le suggestioni, le idee, i temi che potrebbero venire in mente in favore di una politica che guardasse con occhi limpidi al suo territorio, la regione di Gaillac, al centro di ciò che è stata la storia dell’Occitania, quella che tutti hanno studiato, ma purtroppo mai approfondito, e che giustamente lo stesso Presidente dell’amministrazione toscana, dimostrando, egli sì, conoscenza e rispetto, ha definito così importante.

Metto parole sopra un’aria lieta / graziosa e lieve, e le sgrosso e le piallo, / così saranno veritiere e certe / quando ci avrò passato su la raspa...”. È ancora dalla linfa dei trovatori che si può ritrovare una strada, una nuova consapevolezza, un logos. Con le parole meravigliose di chi ha saputo dare alle terre d’Occitania un pensiero, un’identità, formare e restituire una comunità ancor oggi esistente, sebbene in pericolo, creando un dialogo e un ponte con il nostro tempo. Semplicemente, esprimendo liberamente il proprio sentimento e pensiero. “...ché Amore prontamente spiana e indora / il mio canto, che muove da colei / cui Pregio fa sostegno e tiene in rotta.”. “Pregio” e “Amore”, in maiuscolo. Parole che Dante, toscano d’eccellenza e “vate”, sapiente e maestro , ha saputo interpretare. Purtroppo, al contrario, le parole di questo “brand”, ormai scritte, incancellabili, sintomatiche di chi vorrebbe togliere i piedi dall’erba che stanno calpestando e forse in fondo si vorrebbe un altro – caso assolutamente da psicoanalizzare – rappresentano un triste e vile modo di manifestare l’amore per la propria terra da parte di un’istituzione ed una società che non sembra avere la forza ed il coraggio di guardare al proprio passato per stare nel presente, a partire dalla filosofia dalla quale è scaturita la preghiera dei catari e il canto dei trovatori, che certamente in questo non hanno avuto timore, né paura.

occitan

Ab gai so cuident e leri / fas motz e capus e doli, / que seran verai e sert / quan n’aurai passat la lima...”. Es recenta la nòva que la Region Occitanie a decidut de lançar coma nòu marqui de promocion de la zòna de Gaillac, dins lo dipartiment dal Tarn, lo nom de “Toscane Occitane”. Après la nòstra delusion per la creacion d’aquela region administrativa – uficialament Région Occitanie-Pyrénées-Méditerranée –, darrier colp a la consciença de un’ “Occitània” e resultat de un sumi se brisat derant la realitat que si confins coïncidon ren ni estoricament ni tanpauc linguisticament abo çò que ven definit territòri occitan, en rason pròpi de sa lenga, lo fach en question pausa de problemàticas encara pus “psicològicas”. Semelha de fach que la neoregion, naissua dal ventre de la maire pàtria abo son mesme esgard que pèrd jamai l’ocasion de crear de territòris per tant que es possible sempre pus pus indistits, mas bèla ental cas contrari, pus centralizats – per exèmple, ente es finia la Gasconha? E lo Lemosin? Despareissuts, confs dins las aigas de la neoregion Nouvelle Aquitaine –, sufrisse de una crisi d’identitat. Ren de nòu dins l’Exagone. Mas aquesta iniciativa es mai que mai revelatritz de l’estat de minoritat – aquò seria lo ver element da analisar e sal qual trabalhar – dins lo qual vòl obsinatament contiinuar a viure la minorança occitana. Un estat que transpareis fins a mai da son còr, da las tèrras de Gaillac.

Fierament ancoraa a son estòria, dotaa de un’art de viure singulara e partatjaa, abo sa citats que an atraversat lo temp, sas vinhas generosas que produon de nectar que regalon tuchi, la Toscane Occitane vos promet pa un mond de meravilhas, vos lo semon”. ”. Un’idea “originala” – veire dròlla –, propagandística, en fons trista e sensa fòrça, sensa esperit, perqué imitativa e referenciala, dins lo nòble temptatiu de valorizar son patrimòni, que testimònia lo profond e increnable sens d’inferioritat d’un pòple que que l’estòria a rendut tal, mas que arriba pròpi pas a auçar la tèsta. Coma se, gava la frasa iniciala – vaga e sobrepausabla a qual un pauc a qual se sie realitat semblabla, la region de Seta – clarament per sas divinas òstricas que mar mediterrànea rend pus gustosas e son aura salina un’experiença única da goder – devenesse “la Bretanha dal Sud”, per sas platjas blancas e son espléndida mar, la Sardenha “Lhi Caraibs d’Europa”, o, en extremis, dins la progressa disgregracion de lor teissut social, per lors montanhas, mas sobretot gràcias a la polenta, decò las Valadas Occitanas rescatesson finalament lor identitat e se presentesson coma “Lo Trentin Occitan”. Un’idea autant malaürosa, tant da devenir un cas institucional. Lo president e l’assessor a las activitats productivas de la Region Toscana a declarat que “lo furt d’identitat es un reat”, en definent l’operacion “eccessiva e fòra luec”, en solinhant coma “se lhi francés se posson a adobrar lo nom de nòstra tèrra per publicizar una region tant importanta sinhífica que la Toscana val da bòn tant, ben de mai de çò que un pòl creire” e en l’apostrofant coma una chausia “d’indubitable marrit gust”. En essent lo projèct finançat da l’Union Europèa, la Region Toscana a enfin pilhat la causa sal seriós, en presentant un’interrogacion a la Comission Europèa.

Frame”, desconnexion, esperdiment, mancança de una qual se sie vision liaa a son territòri, que sie ren masque tastar de bòn vin al metz de citats medievalas e païsatges colinars, experiença que un poleria viure decò en Provença, en Espanha, en Grècia, en Germània o en Moldàvia: colinas, citats medievalas, bon vin... sempre naturalament abo “un art de viure singulara e partatjaa”. O directament enToscana, tan conoissua e apreciaa da temp per si païsatges, sas citats, si vins d’excellença e la cultura que a saubut generar e propagar dins bòna part dal mond. Bèla la frasa “fierament ancoraa dins son estòria” sòna un pauc a la francesa, subtila e propagandística, una “bèla frasa”, inseria dins lo mesme slogan “un’experiença da viure da solets, en familha o entre amís”. Da bòn pro vague e “mainstream”, laisse tomber. Abo aquela idea obtusa e fixa de beicar lo patrimòni material, de considerar-lo “fàcil” en tant que concret, visíble, dont un pòl beneficiar,.un patrimòni en fons distructible, mutable fins a chambiar ne’n las características. Pasmenc rèsta difícil imaginar que tot aqueste patrimòni immaterial – per la Toscana coma per la region de Gaillac – sie pas lo produch e lo resultat de un patrimòni immaterial únic, la cultura. Quarqu’un aurè pensat, pilhat en man la caçòla, culhit d’èrbas, produch o comerciat de ris e peschat de pès, viatjat e portat al país de conoissenças. Es lo patrimòni immaterial, çò que nais da l’esperit de l’òme, da son viure, e crea un’identitat, que anaria valorizat, derant de cheire dins una fantomàtica, en tant que impossibla, pretendua e inquietanta “fluiditat” que vòl talhar raïtz e pònts e esfidar la natura, en arribant masque a elunhar, fins a alienar, d’un biais infòrme, la societat da ela.

Ental 2008 s’es tengut lo projèct “L’Occitània a pè”, un viatge de 1322quilomètres que a portat sèt chaminaires a atraversar l’Occitània entiera, da las Alps a lhi Pirenèus, per demandar a l’UNESCO que lalenga d’òc foguesse inscricha al Patrimòni Mondial de l’Umanitat. Laissat lo planòl dal Larzac, sobrat lo Mont Aigoal (lo mont dont provenon e que partatja las aigas) e de valadas estrechas e ribassuas – lo vilatge de Valarauga poleria èsser tranquillament un “Estròp Mediterran” – siem arribats a Menèrba, Carcassona e a las Corbieras. E puei lhi chastèls catars, Foix, la Bigòrra, e enfin Vielha, en Val d’Aran: borgs medievals,chastèls, païsatges colinars, bòn vin... en Occitània. “Sèt caminaires din l’aire, la lenga per araire” nos a laissat escrich sus un bilhet lo poèta Michel Decòr coma auguri de bòm chamin. Una frasa densa de sinhificat, ben luenha da la fata expression inventaa da la Region Occitanie, inconscientement pus realista dal rei.. son tantas las suggestions, las ideas, lhi tèmas que polerion venir en ment en favor de una politica que beiquesse abo uelhs clars son territòri, la region de Gaillac, al centre de çò que es istaa l’estòria de l’Occitània, aquela que tuchi an estudiat, mas malaürosament pas aprofondit, e que justament lo mesme President de l’administracion toscana, en demostrant nele sì, conoissença e respèct, a definit tant importanta.

Ab gai so cuident e leri / fas motz e capus e doli, / que seran verai e sert / quan n’aurai passat la lima...”. Es encà da la saba di trobadors que un’un pòl retrobar una via, una nòva consciença, un logos. Abo las paraulas meravilhosas de qui a saubut donar a las tèrra d’Occitània un pensier, un’identitat, formar e restituïr una comunitat qu’exist encara encuei, ben que en perilh, en creant un diàlog e un pònt abo nòstre temp. Simplament, en expriment liberament lor sentiment e lor pensier. “...qu’Amor marves plan’e daura / mon chantar que de lieis mueu / qui Pretz manten e governa”. “Pretz” e “Amor”, en majúscul. Paraulas que Dante, toscan d’exellença e “vate”, mèstre e sabent, a saubut interpretar. Malaüsament, al contrari, las paraulas d’aqueste “brand”, d’aüra enlai escrichas, incancelablas, sintomàtics de qui voleria gavar lhi pè da l’èrba que piston e benlèu en fons se voleria un autre – cas absolutament da psicoanalisar – represento un trista e vila maniera de manifestar l’amor per sa tèrra da part de un’institucion e de una societat que semelha pas aver la fòrça e lo coratge de beicar son passat per istar dins lo present, a partir da la filosofia da la quala es naissua la preguiera di catars e lo chant di trobadors, que de segur dins aquò an pas agut crenta, ni paor.