Nell’alta Valle Maira, a cavallo con la Valle Stura, c’è un gioiello geologico che negli ultimi tempi è salito alla ribalta in ambito scientifico grazie ad alcune scoperte di eccezionale rarità e di risonanza mondiale; questo luogo è la Gardetta.
Si tratta di un altopiano alpino incastonato tra le montagne che si raggiunge dal vallone di Marmora e che testimonia il trascorrere di 280 milioni d’anni di trasformazioni geologiche. L'Altopiano della Gardetta fa infatti parte dei Patrimoni Geologici Italiani grazie alla eccezionale ricchezza e alla diversità degli affioramenti rocciosi qui presenti; dal 2012 esiste anche un Museo Geologico della Gardetta, a Marmora e Canosio, con i campioni di rocce che ci raccontano l'evoluzione degli ambienti circostanti dalla fine del Paleozoico ai giorni nostri.
Si passa dalla Pangea, l’ultimo super continente di 280 milioni di anni fa, alle Alpi dei giorni nostri attraverso: immense eruzioni vulcaniche e sprofondamenti teutonici (una antica “Rift Valley” alpina, in quella spaccatura che smembrò Pangea), antichi delta fluviali, spiagge oceaniche, lagune e barriere coralline, spinte poi in alto dalle placche teutoniche in movimento, diventando montagne altissime e infine erodendosi pian piano fino alla nostra era.
Questo luogo magico ha conservato le tracce geologiche di tutti questi mutamenti che oggi, camminando tra queste montagne, si posso ancora osservare: le rocce vulcaniche più antiche (rocce viola e verdi) del Becco Nero, i sedimenti fluviali come i conglomerati e le quarziti aranacee del Becco Grande, le rocce evaporitiche di antiche rive oceaniche (depositi di sale, gesso, calcare a cellette o carniola) che, tornando poi a sciogliersi con l’acqua piovana, hanno creato molte forme carsiche di superficie (doline e inghiottitoi); ci sono i calcari grigio scuri, ricchi di terriccio arancione, creati da un antico mare che ha sommerso tutto, i calcari dolimitici che ci raccontano di zone lagunari con barriere coralline, simili alle Bahamas e alle Maldive, in un antico Oceano Alpino e poi ancora gli strati di ceneri fossili che si trovano salendo su La Meja, la vetta più alta e spettacolare della zona, a testimonianza di spaventose eruzioni vulcaniche che hanno seppellito le barriere coralline.
Ogni strato racconta una storia e in mezzo a questi strati geologici si sono conservati anche dei segni… segni fossili, pietrificati, lasciati da antichi esseri viventi che abitavano alla Gardetta.
Proprio per alcuni di questi segni l’altopiano della Gardetta è stata nominata dalle principali testate on-line, quotidiani, radio e TG nazionali, ma anche su riviste scientifiche come Le Scienze e su giornali internazionali come The Gardian di Londra.
Infatti, oltre alle incredibili testimonianze su pietra di piste e gallerie di vermi preistorici che pascolavano nei fanghi appena sommersi dal mare (i calcari vermicolati), ci sono stati due diversi ritrovamenti di orme di arcosauri, i primi “rettili dominatori”, cioè gli antenati dei dinosauri.
Per questa, e per le alltre scoperte che stiamo raccontando dobbiamo ringraziare Enrico Collo, geologo e appassionato delle nostre montagne.
Nel 2008 il primo ritovamento: 20 impronte, note con il termine di Chirotherium cioè “mano di una fiera selvatica”, che appartengono a un rettile chiamato Ticinosuchus ferox il “coccodrillo feroce del Ticino”, un predatore carnivoro.
Nel 2017 avviene un'altra importante scoperta: 8 impronte consecutive lasciate da un rettile gigantesco (appartenente alla famiglia dei Erythrosuchidae) su di un fango di 250 milioni di anni fa e oggi ancora perfettamente nitide. Queste ultime impronte sono diverse dalle precedenti, più simili a un gruppo chiamato Isochirotherium.
La perfetta conservazione dei dettagli anatomici ha permesso la ricostruzione scheletrica delle ossa delle zampe e la maggior similitudine si riscontra con un rettile della Cina, il Sanshisuchus sanschisuchus, lungo oltre 4 metri e dalla testa enorme.
Ma le orme della Gardetta hanno delle variabilità nelle dimensioni e nei dettagli delle dita che le rendono uniche al mondo.
Ecco perché si è reso necessario dare un nuovo nome a questo tipo di impronte che dal 18 dicembre 2020 si chiamano ufficialmente Isochiroterium Gardettensis (simili ai Chirotherim della Gardetta).
Così il nome della Gardetta è entrato negli ambienti accademici di tutto il modo attraverso la geologia e la Valle Maira ha guadagnato una vetrina inaspettata, frutto di 250 milioni di anni di fossilizzazione.
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