Il cammino della Chambra d’Oc incontra ancora una volta quello di Dante Alighieri, il somma poeta, il vate, forse l’autore più venerato in tutto il mondo occidentale.
Dopo aver lavorato con Maria Soresina sul rapporto tra Dante, il catarismo e la lingua occitana, incontro Valter Giordano a casa sua, a Podio soprano, frazione di Vinadio. Siamo nell’autunno del 2021, inizio ottobre, i boschi sono ancora verdi, la vallata si apre sotto di noi e Valter mi accoglie nella sua cucina. Quando inizio a sistemare l’attrezzatura per realizzare l’intervista non so ancora che proprio le quattro mura in cui ci troviamo diventeranno protagoniste di un racconto sentito, commosso, sincero. “Questa casa mi fa stare bene”, dice, “mi ha lasciato andare e mi ha ripreso”. È la casa di famiglia. Qui si faceva il pane, lì dormivano i suoi genitori. È in questa casa che ha imparato a parlare, e la sua lingua madre è l’occitano. “Quello che è là fuori, che ci porta la luce, è “lo solelh” e non sarà mai il sole”.
La sua è una storia simile a quelle di tante persone, certo, si parla di un’infanzia montanara, di una giovinezza passata a studiare sui banchi del seminario, di una maturità trascorsa a Saluzzo e dedicata all’insegnamento. Eppure, come tutte le storie, anche la sua storia è unica e diversa da tutte le altre, e non può essere altrimenti. La passione per la conoscenza, l’amore per la letteratura, il desiderio di interrogare sé stessi e gli altri, il mistero della vita, Valter Giordano si tuffa tra i grandi classici del pensiero e dell’arte e prova a rispondere alle domande che ognuno di noi si fa in quanto uomo. È così che incontra Dante, e non lo lascia più. “Si può vivere senza Dante”, dice, “ma si perde tanto, tanto”.
Nel 2014 Valter Giordano sta attraversando il momento più difficile della sua vita e si ritrova a scrivere poesie in lingua occitana in cui racconta di come un torrente era arrivato e aveva portato via quasi tutto quel che rimaneva, ed è proprio allora che decide di tradurre nella sua lingua madre l’Inferno della Divina Commedia, senza nessuna progettazione precisa, ma spinto dalla bellezza dei versi, da quelle parole che sembravano parlargli direttamente, con una forza quasi terapeutica, come se non fossero passati 700 anni dalla nascita del poeta fiorentino. “Mi ha sempre colpito che Dante nella Divina Commedia ha messo il latino, delle lingue immaginarie, e poi la lingua d’oc”, racconta, e poi osserva “ho sempre sentito che era dei nostri”. “Essere dei nostri” è un’espressione che ho sempre adorato, perché è un modo per esprimere un’appartenenza, per certi versi un’identità, senza doverla esprimere direttamente. La si può usare in tanti contesti sociali e spesso può essere la premessa di un discorso esclusivo, se non discriminante. Ma a volte, come in questo caso, è un modo per esprimere una vicinanza, un sentire comune, un ritrovarsi. E così Dante è trovatore fiorentino tra trovatori occitani, poeta tra poeti, uomo tra uomini, capace di regalare all’umanità un capolavoro senza tempo. Valter Giordano si inchina al capolavoro, lo osserva da lontano e poi da vicino, se ne immerge, e decide di portare con sè il suo mondo, il suo mondo famigliare, il mondo della borgata che abita, il mondo della valle che vede dalla sua finestra. Un mondo che è fatto prima di tutto di parole. Ed è qui che parte la sua ricerca linguistica, una ricerca volta a fare di un’opera immortale la versione più intima e locale possibile, quella versione che lo porta a commuoversi, come si commuove quando incontra i suoi vecchi amici, li interroga su una parola e questi gli dicono: “Noi una volta dicevamo…”.
La sua casa è come Itaca, sostiene. Un paradiso ritrovato, dove ha lavorato a testa bassa senza accorgersi del passar del tempo, dove ha trovato quelle parole che, quasi come per magia, riportano in vita i suoi cari, anche se solo per un momento.
“Il sentiero per il Paradiso inizia all’Inferno” è un verso della Divina Commedia ed è anche sintesi di un pensiero che Valter Giordano esprime con convinzione e, per certi versi, fiducia: “Il male, il dolore non sono mai fine a sé stessi, ma donano anche qualcosa di bello”.
“Il sentiero per il Paradiso inizia all’Inferno” è il titolo di un documentario che affronta il male e la bellezza, l’amore per la poesia e per la lingua occitana, l’affetto verso un luogo e la famiglia che lo ha abitato. È un documentario che racconta di come è veramente possibile rendere “particolare” un’opera “universale”: basta mettere al centro l’uomo, senza dimenticarne l’umanità.
“Abbiamo qualcosa dentro che non è solo pelle e ossa”, sostiene Valter Giordano. Se lo sguardo di Dante oggi plana anche sulla Valle Stura e su chi l’abita, lo dobbiamo a lui, e al momento in cui ha avuto un’idea folle e geniale allo stesso tempo: quella di mettersi al servizio delle parole scritte da Dante e pronunciate dai suoi cari. Valorizzando le une, e le altre.
In attesa di organizzare la prima proiezione pubblica (invitiamo eventuali interessati a contattare la Chambra d’oc alla mail chambradoc@chambradoc.it), condividiamo il link per guardare il documentario:
https://www.youtube.com/watch?v=eF32Q1ELf6o
Da marzo, ogni mese pubblicheremo nella rubrica “Il sentiero del Paradiso inizia dall’Inferno”, curata da Andrea Fantino, un canto dell’Inferno, recitato da Valter Giordano in lingua occitana nella varietà del Puy di Vinadio. Il film che ora vi presentiamo e la lettura filmata successiva dei canti, vanno a costituire un prezioso lavoro su youtube. Rendiamo così perenne e fruibile il materiale tradotto da Valter Giordano, che ringraziamo di cuore per la sua dedizione. E’ grazie a gente come lui se la lingua occitana si rinnova e dimostra la sua vitalità e contemporaneità.
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