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COS’È IL FRANCORPOVENZALE?
Il francoprovenzale costituisce una famiglia linguistica composta da parlate affini, tipo indoeuropeo e appartengono alla macro famiglia neolatina*.
La catena alpina, che separa a occidente il Piemonte e la Valle d’Aosta dalla Francia, non separa però le lingue e i modi di vivere delle popolazioni che abitano le vallate del versante francese e italiano. Le ragioni di questa comunanza linguistica sono in primo luogo antropiche visto che il fulcro, il centro della vita e delle attività delle comunità alpine sono i colli, luogo condiviso da entrambi i versanti della montagna. Naturalmente queste ragioni antropiche sono accompagnate da ragioni storiche: molte di queste vallate sono state parte del ducato di Savoia (quando questo era inter-alpino), oppure del Delfinato, uno stato che dal 1349 al 1713, pur essendo parte del Regno di Francia, conserva numerose autonomie. Infine non bisogna dimenticare le ragioni culturali.
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DOVE SI PARLA FRANCOPROVENZALE E CHI LO PARLA.
Quando ci si riferisce alle parlate Francoprovenzali, individuate da Graziadio Isaia Ascoli (G. I. Ascoli, “Schizzi franco-provenzali”) sul finire del XIX sec., ci si riferisce ad una famiglia linguistica formata da parlate affini di tipo galloromanzo, diffuse in un territorio che va all’incirca da Clermont-Ferrand a Ginevra e a sud a Grenoble, i distretti francesi disposti a raggiera intorno a Lione, nella Savoia e nella Svizzera Romanda. Al di qua delle Alpi l’insieme dei patois parlati nella media e bassa Val di Susa, in Val Sangone, Val Cenischia, nelle tre Valli di Lanzo (Val di Viù, Val Grande e Val d’Ala), in Val d’Orco, Val Soana e nelle Valli d’Aosta (ad esclusione della media e alta Valle del Lys che è di parlata alemannica), e nei Comuni di Celle San Vito e Faeto in provincia di Foggia (colonia linguistica risalente quasi certamente all’epoca angioina).
Dalle ricerche svolte presso l’Università di Torino, si può calcolare sopra a 100.000 il totale dei parlanti patois francoprovenzali nell’intera area (all’incirca la metà della popolazione), ma occorre ricordare che nella bassa Valle di Susa e in parte nelle Valli di Lanzo e Orco (specie in bassa valle) tali parlate sono in uno stadio avanzato di piemontesizzazione.
In ogni caso, anche in queste valli è riscontrabile un plurilinguismo diffuso, con parlata locale, piemontese, italiano e francese (in Valle d’Aosta), che viene per lo più utilizzato in modo funzionalmente differenziato.
Nella provincia di Torino, a differenza della Valle d’Aosta, sono riconoscibili due diversi repertori linguistici: a livello alto si trova l’italiano a livello basso le parlate francoprovenzali e il dialetto piemontese. Per quanto riguarda il piemontese, in queste valli, il suo uso è bilinguisticamente alternativo all’uso del francoprovenzale.
E’ importante rilevare, per quanto riguarda i patois francoprovenzali, l’assenza totale di qualsiasi forma di koinè o di standardizzazione, nonché di riferimento ad una lingua tetto. Avviene così che le parlate locali assumono ormai una funzione di sudditanza diglossica rispetto all’italiano, oggi sola e incontrastata lingua di cultura e di comunicazione; anche queste parlate assumono ancora valenza intervalliva di quest’area.
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PERCHÉ QUESTE PARLATE SONO DEFINITE FRANCOPROVENZALI?
Fu Graziadio Isaia Ascoli (G. I. Ascoli, “Schizzi franco-provenzali” 1878) sul finire del XIX sec. a definirli tali quando confrontando gli esiti della A tonica latina in sillaba libera (sillaba libera = sillaba terminante per vocale): oltre all’occitano e al francese vi era un terzo gruppo, autonomo che presentava analogie sia col francese, sia con il "provenzale", cioè l’occitano, Ascoli lo chiamò "franco-provenzale". Questo termine, impostosi rapidamente nella letteratura specialistica, è tuttavia ambiguo e tende a creare l'impressione che si riferisca ad una zona grigia di transizione o ad un ammasso di dialetti ibridi, piuttosto che ad una varietà linguistica indipendente. Per ovviare a questo problema si tende oggi a parlare di "francoprovenzale".
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PERCHÉ SCRIVERE IN FRANCOPROVENZALE?
Tutti sanno che le parlate francoprovenzali in realtà sono prettamente orali, ma non tutti sanno che vi è una ricca e antica letteratura, naturalmente scritta, che affonda le sue radici nel XIII secolo e che da quel momento, inarrestabile, è arrivata fino ad oggi: quindi scrivere in francoprovenzale non è una novità.
Solo sono cambiati i fini: se all’inizio si scriveva con scopi utilitaristici (far comprendere al prossimo testi in latino altrimenti incomprensibili ai più), oggi la scrittura è un “scusa” per poter lasciare traccia scritta di una lingua che si teme di perdere, non è tanto importante ciò che si scrive, quanto lasciare una testimonianza alle generazioni future di ciò che è la cultura linguistica di oggi.
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