Sorta intorno al IX secolo sui resti di un antico tempio pagano dedicato al culto del sole, la chiesa attigua al cimitero, di impronta romanica, subì nel tempo numerosi rimaneggiamenti. I lavori di edificazione dell’organo, nel corso del Seicento, hanno compromesso l’integrità di un affresco, parzialmente nascosto dalla scala di accesso, di cui sopravvive uno scheletro che sorregge con l’omero e l’ulna del braccio sinistro una vanga rivolta verso il basso, a significare probabilmente lo scavo della fossa, mentre appoggia le ossa della mano destra sulle costole; alcuni particolari iconografici, come la nicchia “classica” con colonne marmorizzate in nero e basamento in prospettiva, all’interno della quale lo scheletro è collocato, indurrebbero a pensare che la pittura facesse parte di un monumento funerario. Come osserva Moretto, l’opera “rientra in quella corrente d’arte simbolica che si afferma da noi con la Controriforma cattolica che ricorda la brevità della vita e la presenza ineluttabile della fine”. “Un’intonazione unitaria regola il passaggio dalle tonalità chiare – grigio, azzurro, giallino – a quelle scure. Le varie ossa sono costruite con grandi tratti sintetici scuri, raggiungendo per l’attenzione precisa dei risultati naturalistici”.
Bibliografia:
G. Forneris, Romanico in terre d’Arduino (diocesi di Ivrea), Ivrea, Bolognino Editore, 2002, pp. 529-232.
A. Moretto, Indagine aperta sugli affrechi del Canavese, Saluzzo, Richard, 1973, pp. 189-190.
L. Ramello, Frammenti inediti di pitture macabre nel Canavese: sulle tracce di un enigma, in Actes du XVe Congrès International d’études sur les Danses macabres et l’art macabre en général. Chartres, 17-20 octobre 2012, a c. di H. Utzinger, Chartres, Association Danses Macabres d’Europe, 2012, pp. 115-129.
(L. Ramello)
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