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Velimir Chlebnikov – Poesie sull’orlo del precipizio

Velimir Chlebnikov – Poesias sus l’òrle dal precipici

di Peyre Anghilante

italiano

Questo articolo sarà breve, come imperativo categorico, per dare spazio a ciò che è più importante, la poesia, e in questo caso ad una voce quanto mai meritevole di essere ascoltata. Il poeta in questione è Velimir Chlebnikov. Nato in Russia nel 1885, nell’Oblast di Astrachan, visse a cavallo fra il XIX e il XX secolo, conducendo una una vita travagliata, ad ogni modo eccezionale, fino al 1922, anno della sua morte, a quanto pare per “consumazione”.

Fu un personaggio unico, indescrivibile in poche parole. “In Persia, dove era sceso con l’Armata Rossa nella primavera del ’21, si sostentava di pesci gettati a riva dalle onde del Caspio. Per comprarsi del cibo, a Enzeli, vendette al mercato camicia e calzoni, vestendosi di tela di sacco, ma subito dopo, incontrata una mendicante, le diede tutto il denaro”. Si interessò di tutto, dalla storia alla scienza, alla matematica, alla linguistica, ovviamente all’arte, alla psicologia, al simbolismo e a quel molto di più che cercò di comprimere nelle sue poesie. Giunse a ricercare una lingua transmentale e fu uno dei principali esponenti del Futurismo, dando vita ad una lingua poetica detta “zaum”, pur essendo capace di esprimere il suo sentire anche con estrema semplicità:

Quando stanno morendo, i cavalli respirano,

quando stanno morendo, le erbe intristiscono,

quando stanno morendo, i soli si spengono,

quando stanno morendo, gli uomini cantano. ¹

Pensando a Chlebnikov mi vengono in mente tre parole: profondità, vertigine, radice-presenza. La sua poesia è il risultato di una continua ricerca interiore che spazia in ogni tempo: “L’arte di Chlebnikov oscilla tra gli accorgimenti d’un primitivismo illusivo e le macchinose visioni dell’avvenire, quasi sempre del resto enunciate al passato. Già la sua posa di mago e profeta ed astrologo è connessa con questo sentimento del primordiale”. In un’ottica esistenziale turbolenta, angosciata, ma anche meditativa, come traspare dalla poesia qui sopra, e mistica visionaria, ciò ch’è facilmente percepibile in tutta la sua opera e nella poesia-motivo a quelle che verranno presentate, dalla quale sono tratte le parole contenute nel titolo dell’articolo.

Pur senza rendersene conto, e di certo meno noto di altri, è stato probabilmente uno dei più grandi poeti del ‘900 e anima, benché ai margini, dell’atmosfera antropologica in cui ha vissuto. E la sua poesia continua ad essere attuale. Simpaticamente, avrei intitolato, questo articolo “Dalla Russia con amore”. Pochi autori, infatti, a mio avviso, hanno vissuto e saputo descrivere l’anima profonda del loro paese quanto egli, ciò che trabocca ad ogni istante dalle poesie che nella sua intensa e fugace vita ha saputo concepire. Una poesia rivelatrice, con cui scottarsi serenamente, senza paura del dolore. La scelta delle poesie sarà manchevole, scarna, ma non credo insignificante, è impossibile. Come aprire un libro di Ungaretti, o guardare un quadro di Rotko.

Oggi il mondo sta scricchiolando – Astaroshna! – e il paese di questo grande poeta, che egli amò visceralmente, è percepito come nemico (forse che, fra tutti gli aggettivi, dovremmo considerare la controparte un amico?). Scusate, che tristezza. Non importa, continueremo a leggere le poesie di Chlebnikov, Mandel’stam, Achmatova, Puškin, i romanzi di Tolstoj, Bulgakov, Dostoevskij, persino i trattati di Solovev e le teorie d’attuali invisi come Dugin, ad ascoltare Ciaikovskij, Prokofev, Shostakovic, Stravinskij, ad emozionarci davanti ai quadri di Kandinskij e di Chagall. Ma davvero, stiamo scherzando? Perché esiste l’arte e la bellezza, nonché la conoscenza, le quali sono al di sopra dei conflitti umani e al più, se prese sul serio, possono aiutare ad esplorarli, comprenderli e forse a risolverli.

Spero davvero che queste poesie tocchino la sensibilità del lettore, poiché come sola arma d’offesa possiedono la capacità di emozionare, far ragionare e procurare piacere intellettuale e dunque non potranno far altro che accrescere la conoscenza di sé stessi e del mondo, oggi purtroppo, come noi ad ogni istante, anch’esso sull’orlo del precipizio. Il fondo è immaginabile. Il punto è fermarsi e riflettere, pensare. Invito a osservare le immagini disponibili del personaggio in questione, a partire da quella qui proposta, ma soprattutto da quella in fronte al gioiello letterario italiano del 1968, pubblicato dalla casa editrice Einaudi, dal quale sono tratte le preziose citazioni qui presenti. Vestito in divisa, con lo sguardo serio che trapassa l’obiettivo, pare chiederci, da buon poeta, comunicativo e intelligente, in questo caso telegrafico: “Quando c’era Adamo ed Eva, chi vinceva, chi perdeva?”. Buona lettura.



Мирооси данник звездный,
Я омчусь, как колесо,
Пролетая в миг над бездной,
Задевая краем бездны,
Я учусь словесо.

Preposto al servizio delle stelle,

io giro, come una ruota,

che s’invola all’istante sull’abisso,

che finisce sull’orlo del precipizio,

io imparo le parole.

(traduzione di Maria Pia Pagani)



Mi sono visibili

Mi sono visibili il Cancro, l’Ariete,

e il mondo è solamente una conchiglia,

dove fa da perla

ciò di cui sono malato.

Tra fischio di fremiti incede uno scalpito, una specie di Č,

e allora le onde e i pensieri mi parevan parenti.

Come vie lattee qua e là spuntano donne.

Di affabile banalità

è inebriata la nebbia.

Stanotte amare poteva persino una tomba...

E il vino serale

e donne serali

si intrecciano in un’unica ghirlanda,

di cui sono il fratello minore.



Bobeòbi

Bobeòbi si cantavano le labbra

veeòmi si cantavano gli sguardi

pieeo si cantavano le ciglia

lieeej si cantava il sembiante

gzi-gzi-gzeo si cantava la catena:

così sulla tela di alcune corrispondenze

fuori della dimensione viveva il Volto.



Девушки, те, что шагают
Сапогами черных глаз
По цветам моего сердца.
Девушки, опустившие копья
На озера своих ресниц.
Девушки, моющие ноги
В озере моих слов.

Le ragazze, quelle che camminano

con stivali di occhi neri sui

fiori del mio cuore.

Le ragazze che abbassano le lance

sui laghi delle proprie ciglia.

Le ragazze che lavano le gambe

nel lago delle mie parole.



Vento-canto

Vento-canto.

Di chi e su che cosa?

Impazienza

ha la spada d’esser palla.

Gli uomini vezzeggiano il giorno della morte,

come un fiore prediletto.

Sulle corde dei grandi, credete,

suona adesso l’Oriente.

Forse un nuovo orgoglio

ci darà il mago delle splendide montagne,

e, battistrada di molta gente,

indosserò la ragione come un bianco ghiacciaio.



Io discesi giovane da solo

Io discesi giovane da solo

nella notte profonda,

sino a terra ricoperto

dai tesi capelli.

C’erano intorno la notte

e una gran solitudine,

avevo voglia di amici,

voglia di me stesso.

Accesi i capelli, avventandomi

con brandelli di riccioli,

accesi dei campi, degli alberi –

e tutto si fece più gaio.

Ardeva il campo di Chlebnikov.

E l’Io fiammeggiava nel buio.

Adesso me ne vado,

dopo aver appiccato

il fuoco coi capelli,

ed invece dell’Io

è rimasto il Noi!

Incedi, severo varjago!

Arreca la legge e l’onore.



Годы, люди и народы
Убегают навсегда,
Как текучая вода.
В гибком зеркале природы
Звезды - невод, рыбы - мы,
Боги - призраки у тьмы.

Gli anni, gli uomini e i popoli

fuggono via per sempre,

come l’acqua fluente.

Nel duttile specchio della natura

le stelle fan da rete, noi da pesci,

i numi sono spettri in grembo al buio.



«Ecco la barca...»

«Ecco la barca,

compagno Gul Mullā! Sali, ti porteremo!

Sei senza denaro? Non fa niente.

Sali! Anche così ti porteremo!»

a gara ciargottavano le chiatte.

Mi metto accanto a un vecchio.

È bonario e bello, e a tratti intona canti sulla Turchia.

Frusciano i remi. Vola un cormorano.

Si va da Enzeli a Qazvīn.

Ch’io rechi fortuna? Perchè sono tanto

smaniosi di traghettarmi?

È che in Persia non c’è cosa più degna

che essere un Gul Mullā, un tesoriere

dell’aureo inchiostro della primavera

nel primo giorno del mese di Aj.

Ruzzando, gridare Aj

ad Aj, pallida luna,

quando appare da destra.

Dare all’estate un po’ del proprio sangue,

ed alla primavera crini d’oro.

Ogni giorno mi stendo sulla sabbia,

e così mi addormento.



La legge delle altalene

La legge delle altalene prescrive

d’aver calzature ora larghe ora strette.

Al tempo di farsi ora notte ora giorno,

ora al rinoceronte ora all’uomo d’essere signori della terra!



Из мешка
На пол рассыпались вещи.
И я думаю,
Что мир —
 
Только усмешка,
Что теплится
На устах повешенного.

Dal sacco

si sparsero al suolo le cose.

Ed io penso

che il mondo

è soltanto un sogghigno,

che luccica fioco

sulle labbra di un impiccato.



Russia, tu sei tutta un bacio nel gelo!

Russia, tu sei tutta un bacio nel gelo!

Azzurreggiano strade notturne.

Un lampo azzurro amalgama le labbra,

azzurreggiano insieme quello e quella.

Nelle notti talvolta un lampo vola

dalla carezza di labbra accoppiate.

E a un tratto aggira lesto le pellicce

il lampo, azzurreggiando senza sensi.

Ma luccica la notte, saggia e nera.

(traduzione di Angelo Maria Ripellino)



И вечер темец,

и тополь земец,

и мореречи,

и ты, далечe!

E il vento è buio,

e il pioppo è terra,

e il mare chiacchiera,

e tu, lontano.



La cavalletta

Allettando con scrittura dorata

di sottilissime vene,

una cavalletta ha posato nel panier della pancia

molte eriche e erbe costiere.

Pìn, pìn, pìn! S’è spezzato lo zenzero.

Oh, cignamente!

Oh, illumina!



La libertà arriva nuda

La libertà arriva nuda,

gettando nel cuore dei fiori,

e noi, andando al passo con lei,

al cielo diamo del tu.

Noi, guerrieri, con coraggio picchiamo

con il braccio su scudi severi:

governo del popolo sia,

e sia sempre, per sempre, qui, là.

Alle finestre vertigini cantino,

in mezzo a canti sull’antico cammino,

del suddito fedele del Sole,

il popolo che si è liberato.



Мне мало надо!

Краюшку хлеба

И каплю молока.

Да это небо,

Да эти облака!

Poco mi serve.

Una crosta di pane,

un ditale di latte,

e questo cielo

e queste nuvole.



Adesso, io, son come tutti

Adesso, io, son come tutti.

Molta pena.

La semina cattiva.

A chi piace e è simpatica

la stecca?

Mi voglion bene? – A te?

Sì.

Tu sei una stella.

Non

ci sono cieli

e non ce ne saranno.

Il riso sveglia il silenzio.



Se voi amate anche voi stessi

Se voi amate anche voi stessi,

allora in voi non sarò mai preghiera, io.

Ma uno sguardo azzurro è un dono eterno,

e l’ombra torce il tempo in querce.



Vedevo un giovane profeta

Vedevo un giovane profeta

che si chinava sui capelli di vetro

di una cascata, dentro un bosco.

Dentro il burrone c’era un’aria di montagna,

e dei giganti, in mantelli verdi,

fatti di piante ostili e velenose,

muovevano un rosario con la mano.



Участок — великая вещь!
Это — место свиданья
Меня и государства.
Государство напоминает,
Что оно все еще существует!

La stazione di polizia è una gran cosa!

È il punto d’incontro tra me e il governo.

E al governo torna in mente

che quel punto esiste ancora.



I pidocchi ottusamente adoravano me

I pidocchi ottusamente adoravano me,

tutte le mattine si arrampicavano per il vestito,

tutte le mattine io li giustiziavo –

senti gli scoppi –

ma loro comparivano ancora, quieta risacca.

Il mio divino bianco cervello

ho donato, Russia, a te:

sii me, sii Chlebnikov.

Ho piantato palafitte nel cervello del popolo, e perni,

ho fatto io la casetta-palafitta

«Noi siamo: quelli che saranno».

Tutto questo l’ho fatto come un povero,

come un ladro, maledetto ovunque dagli uomini.



Quando c’era Adamo ed Eva

Quando c’era Adamo ed Eva,

chi vinceva, chi perdeva?

(traduzione di Paolo Nori)

¹(traduzione di Angelo Maria Ripellino)

occitan

Aqueste article serè brèu, coma imperatiu categòric, per donar espaci a çò qu’es pus important, la poesia e ente aqueste cas a una vòutz mai que mai meritosa d’èsser escotaa. Lo poèta en question es Velimir Chlebnikov. Naissut en Rússia ental 1885, dins l’Oblast de Astrahan, visquet a caval entre lo XIX e lo XX sècle, en menant una vita tormentaa, de tot biais excepcionala, fins al 1922, an de sa mòrt, a çò que pareis per “consumacion”.

Foguet un personatge únic, indescrivible dins paucas paraulas. “En Pèrsia, ente era calat abo l’Armada Rossa dins la prima dal ’21, se norria de pès campats a riba da las ondas de la mar Càspia. Per s’achatar de minjar, a Enzeli, vendet al marchat la chamisa e las bralhas, en se vestent de tela de sac, mas just après, rescontraa una mendicanta, lhi donet tuchi si sòuds”. S’interesset de tot, da l’estòria a la sciença, a la matemàtica, a la linguística, clarament a l’art, a la psicologia, al simbolisme e an aquel ben de mai que cerchet de comprímer dins sas poesias. Arribet a recerchar una lenga transmentala e foguet un di principal membres dal Futurisme, en donant vita a una lenga poètica dicha “zaum”, bèla en saubent exprímer son sentir decò abo un’extrèma simplicitat:

Quora mueron, lhi cavals alenon,

quora mueron, las èrbas flapisson,

quora mueron, lhi solelhs se tupon,

quora mueron, lhi òmes chanton. 

En pensant a Chlebnikov me venon en ment tres paraulas: profonditat, vertige, raïtz-presença. Sa poesia es lo resultat d’una contínua recèrcha interiora qu’embraça tuchi lhi temps: “L’art de Chlebnikov oscilla entre lhi reflèxs d’un primitivisme illusiu e las maquinosas visions de l’avenir, esquasi sempre d’autre cant enonciaas al passat. Já sa pòsa de mague e profeta e astòlog es liaa abo aqueste sentiment dal primordial.”. Dins un òptica existenciala turbulenta, angoissaa, mas decò meditativa, coma transpareis da la poesia aicí dessobre, e mística visionària, çò qu’es de bèl percéber dins tota son òbra e dins la poesia-motiu an aquelas que venerèn presentaas, d’ente son tiraas las paraulas contenguas dins lo títol de l’article.

Bèla sensa se’n rènder còmpte, e de segur menc conoissut d’autri, es istat benlèu un di pus grand poètas dal ‘900 e anma, ben que ai marges, de l’atmosfèra antropològica dins la quala a viscut e sa poesia contínua a èsser actuala. Simpaticament, auriu entitolat aqueste article “Da la Rússia abo amor”. Pauc d’autors, de fach, a mon avís, an viscut e saubut descriure l’anma profonda de lor país coma el, çò que desbòrda a chasque instant da las poesias que dins son intensa e fugaça vita a saubut concéber. Una poesia revelatritz, abo la quala se cremar serenament, sensa crénher la dolor. La chausia d’las poesias serè mancanta, maigra, mas creo pas insinhificanta, es impossible. Coma durbir un libre d’Ungaretti, o beicar un quadre de Rotko.

Encuei lo mond es en tren de crúisser – Astaroshna! – e lo país d’aqueste grand poèta, que el amet visceralament, es percebut coma nemís (es que, benlèu, entre tuchi lhi adjectius, deuríem considerar la contrapart un amís?). Escusatz, que tristessa. Fai pas ren, continuarèm a léser las poesias de Chlebnikov, Mandel’stam, Achmatova, Puškin, lhi romanç de Tolstoj, Bulgakov, Dostoevskij, fins a mai lhi tractats de Solovev e las teorias d’actuals mal vists coma Dugin, a escotar Ciaikovskij, Prokofev, Shostakovic, Stravinskij, a nos emocionar derant lhi quadres de Kandinskij e de Chagall. Mas da bòn, siem en tren de ariar? Perqué exist l’art e la belessa, parelh coma la conoissença, que son al dessús di conflits umans e al pus, se pilhaas al seriós, polòn ajuar a lhi explorar, lhi comprene e bènleu a lhi resòlver.

Espero da bòn que aquestas poesias truchen la sensibilitat dal lector, puei que coma soleta arma d’ofensa an la capacitat d’emocionar, far rasonar e procurar de plaser intellectual e donca polerèn pas far d’autre que acréisser la conoissença de se mesmes e dal mond, encuei malaürosament, coma nos a chasque instant, sus l’òrle dal precipici. Lo fons es imaginable. Lo ponch es fermar-se e reflechir, pensar. Envito a observar las images disponiblas dal personatge en question, a partir da aquela propausaa aicí, mas sustot da aquela en regard dal joièl literari italian dal 1968, publicat da la casa editritz Einaudi, dal qual son tiraas las preciosas citacions aicí presentas. Vestit en divisa, abo l’esgard seriós que trapassa l’objectiu, semelha nos demandar, da bòn poèta, comunicatiu e intelligent, ente aqueste cas telegràfic: “Quora lhi avia Adam e Eva, qui ganhava, qui perdia?”. Bòna lectura.



Мирооси данник звездный,
Я омчусь, как колесо,
Пролетая в миг над бездной,
Задевая краем бездны,
Я учусь словесо.

Prepausat al servici d’las estèlas

mi viro, coma una roa,

que s’envòla sal colp sus l’abís,

que finís sus l’òrle dal precipici,

mi empreno las paraulas.



Me son visibles

Me son visibles lo Cancre, l’Ariet,

e lo mond es ren que una coquilha,

ente fai da pèrla

çò dont siu malate.

Entre un suble de fremins avança un chauchar, una sòrta de Č,

e enlora las ondas e lhi pensiers me semelhavon parents.

Coma de vias de Sant Jaco aicí e ailai esponchon de fremas.

De inefabla banalitat

es enebriaa la nèbla.

Aquesta nuech polia amar bèla una tomba...

E lo vin seral

e las filhas seralas

se tèrçon dins una guirlanda

dont siu lo fraire minor.



Bobeòbi


Bobeòbi se chantavon las labras

veeòmi se chantavon lhi esgards

pieeo se chantavon las celhas

lieeej se chantava lo semblant

gzi-gzi-gzeo se chantava la chaena:

parelh sus la tela d’unas correspondenças

fòra de la dimension vivia la Chara.




Девушки, те, что шагают
Сапогами черных глаз
По цветам моего сердца.
Девушки, опустившие копья
На озера своих ресниц.
Девушки, моющие ноги
В озере моих слов.

Las filhas, aquelas que chaminon

abo de bòtas de uelhs niers

sus las flors de mon còr.

Las filhas que baisson las lanças

sus lhi lacs de lor celhas.

Las filhas que se lavon las chambas

ental lac de mas paraulas.



Vent-chant

Vent-chant.

De qui e sus çò que?

Impaciença

a l’espaa d’èsser bala.

Lhi òmes careceon lo jorn de la mòrt,

coma una flor benamaa.

Sus las còrdas di grands, creietz,

sòna aüra l’orient.

Benlèu un nòu orguelh

nos donarè lo mague d’las espléndidas montanhas,

e, precursor de pro de gent,

endossarei la rason coma un blanc glacier.




Siu calat jove da solet

Siu calat jove da solet

dins la nuech fonza,

coatat fins a tèrra

abo lhi pels tindats.

A l’entorn lhi avia la nuech

e una granda solituda,

aviu vuelha d’amís,

vuelha de mi.

Ai viscat lhi pels, en m’abrivant

abo de brenlas de riçolins,

ai viscat d’àrbols, de champs –

e tot s’es fach pus jaiós.

Brandava lo champ de Chlebnikov.

E l’Iu flambava dins l’escur.

Aüra me’n vau,

après aver butat

lo fuec abo lhi pels,

e al pòst de l’Iu

es restat lo Nos!

Anant, sevèr Varjague!

Mena la lei e l’onor.




Годы, люди и народы
Убегают навсегда,
Как текучая вода.
В гибком зеркале природы
Звезды - невод, рыбы - мы,
Боги - призраки у тьмы.

Lhi ans, lhi òmes e lhi pòples

escapon via per sempre,

coma l’aiga fluenta.

Dins lo sople miralh de la natura

las estèlas fan da ret, nos da pès,

lhi dius son d’espèctres dins la sornura.



«Vaicí la barca...»

«Vaicí la barca,

companh Gul Mullā! Monta, te menarèm!

Sies sensa sòuds? Fai pas ren.

Monta! Bèl parelh te menarèm!»

a gara barjaqueavon las gabarras.

Me buto da cant a un vielh.

Es bonari e bèl, e mincatant entona de chant sus la Turquia.

Bruzisson lhi rems. Vòla un cormoran.

Se vai da Enzeli a Qazvīn.

Que mi pòrte fortuna? Perque son tant

Abramats de me traguetar?

Es qu’en Pèrsia ren es pus digne

qu’esser un Gul Mullā, un tesorier

de l’enclòstre dorat de la prima

dins lo premier jorn dal mes de Aj.

En rejopant, criar Aj

a Aj, pàllia luna,

quora apareis da drecha.

Donar a l’istat un pauc de son sang,

e a la prima de crins d’òr.

Chasque jorn me jaio sus la sabla,

e parelh m’enduermo.



La lei d’las esvelòiras

La lei d’las esvelòiras prescriu

que un aie de chauciers aüra larg aurä estrechs.

Al temp d’èsser aüra nuech aüra jorn,

e lhi senhors de la tèrra aüra l’òme aüra lo rinoceront.



Из мешка
На пол рассыпались вещи.
И я думаю,
Что мир —
 
Только усмешка,
Что теплится
На устах повешенного.

Dal sac

per sòl se son espanteaas las causas.

E mi penso

que lo mond

es ren que un recanh,

que brilhotea

sus las bochas d’un pendut.



Rússia, sies tota un bais dins lo gèl!

Rússia, sies tota un bais dins lo gèl!

Azurejon de chamins nuechencs.

Un esleuç azur fond las labras,

azurejon ensem aquel e aquela.

de nuechs de bòts vòla un esleuç

da la careça de labras coblaas,

e an un bòt lèst environa las pelissas

l’esleuç, en azurejant sensa sens.

Mas lui la nuech, savia e niera.




И вечер темец,

и тополь земец,

и мореречи,

и ты, далечe!

E lo vent es sorn,

e la plòba es tèrra,

e la mar chachara,

e tu, daluenh.



La langosta

En lesinhant abo escritura doraa

de subtilíssimas venas,

una langosta a pausat dins lo panier de la pança

un baron de brossas e d’èrbas costieras.

Pin, pin, pin! S’es troçat lo gingembre.

Òh, cignament!

Òh, esclarzaas!



La libertat arriba nua

La libertat arriba nua,

en campant de flor ental còr,

e nos, en anant al pas abo ela,

al cèl donem dal tu.

Nos, guerriers, abo coratge piquem

abo lo braç sus d’escuts sevèrs:

sie lo govèrn dal pòple,

e sie totdia, per totdia, aicí, ailai.

A las fenèstras chanten de vertiges,

al metz de chants sal vielh chamin,

dal subjèct fidèl dal Solelh,

lo pòple que s’es liberat.



Мне мало надо!

Краюшку хлеба

И каплю молока.

Да это небо,

Да эти облака!

Pauc me chal.

Una crosta de pan,

un dè de lach,

e aqueste cèl

e aquestas núvolas.



Aüra, mi siu coma tuchi

Aüra, mi siu coma tuchi.

Pro de pena.

La semenaa marria.

A qui agrada e es simpàtica

la tauleta per lustrar?

Me vòlon ben? – A tu?

Bò.

Tu sies un’estèla.

Lhi a

pas de cèls

e n’i aurè pas.

Lo rire revelha lo silenci.



Se vos amatz decò vos

Se vos amatz decò vos

alora dins vos serei jamai una preiera, mi.

Ma un esgard azur es un don etèrn,

e l’ombra tòrz lo temp en rores.



Veïu un jove profeta

Veïu un jove profet

que se clinava sus de pels de veire

dins una cascada, dins un bòsc.

Dins lo ravin lhi avia un aire de montanha,

E de gigants, dins de mantèls vèrds,

Fachs de plantas gramas e velenosas,

Bojavon un rosari abo la man.



Участок — великая вещь!
Это — место свиданья
Меня и государства.
Государство напоминает,
Что оно все еще существует!

L’estacion de policia es una bèla causa!

Es lo ponch d’encòntre

entre mi e lo govèrn.

E al govèrn torna en ment

que aquel ponch exist encara.



Lhi peolhs tusament m’adoravon

Lhi peolhs tusament m’adoravon,

tuchi lhi matins se rampinhavon per lo vestit,

tuchi lhi matins mi lhi justiciavo –

sent lhi esclopets –

mas ilhs apareission mai coma una quieta ressaca.

Mon blanc divin cervèl

ai donat, Rússia, a tu:

sies mi, sies Chlebnikov.

Ai plantat de pilòts dins lo cervèl dal pòple e de pivòts,

ai bastit una cabana sus de palfics

«Nos siem aquilhi que serèn».

Tot aquò l’ai fach coma un paure,

coma un ladre, maledet ont se sie da lhi òmes.



Quora lhi avia Adam e Eva

Quora lhi avia Adam e Eva,

qui ganhava, qui perdia?