Portal d’Occitània    Letteratura occitana

LE NOTTI BIANCHE, notte prima (parte seconda) - Fëdor Michajlovič Dostoevskij

LAS NUECHS BLANCHAS, nuech premiera (2° part) - Fëdor Michajlovič Dostoevskij

di Peyre Anghilante

LE NOTTI BIANCHE, notte prima (parte seconda) - Fëdor Michajlovič Dostoevskij
italiano Ma tuttavia la mia notte fu migliore del giorno! Ecco come andò.
Rientrai in città molto tardi, e già erano suonate le dieci quando iniziai ad avvicinarmi al mio appartamento. La mia strada costeggiava il canale, sul quale a quell'ora non incontri anima viva. Vero è che abito nella parte più remota della città. Camminavo e cantavo, perché quando sono felice immancabilmente canticchio qualcosa tra me e me, come qualsiasi altra persona felice che non abbia amici, né buoni conoscenti, né qualcuno con cui dividere la propria gioia nei momenti di gioia. All'improvviso mi capitò l'avventura più inattesa.
In disparte, appoggiata al parapetto, c'era una donna, coi gomiti sulla ringhiera pareva guardare molto attentamente l'acqua torbida del canale. Aveva un delizioso cappellino giallo e una vezzosa mantellina nera. «E' una ragazza, una brunetta, senz'altro», pensai. Sembrava non sentire i miei passi, non si mosse neppure quando le passai accanto trattenendo il respiro e col cuore che mi batteva forte. «Strano!», pensai, «deve essere molto assorta in qualcosa», e all'improvviso mi fermai come impalato. Avevo sentito un singhiozzare sordo. Sì! non mi ero sbagliato: la ragazza piangeva, e un minuto dopo ancora più convulsamente. Dio mio! Mi si strinse il cuore. E per quanto io sia timido con le donne, quello, però, fu uno di quei momenti!... Tornai indietro, mi avvicinai a lei e avrei di certo detto: «Signora!» - se solo non avessi saputo che questa esclamazione era stata pronunciata già migliaia di volte in tutti i romanzi russi del gran mondo. Solo questo mi trattenne. Ma mentre cercavo un'altra parola, la ragazza tornò in sé, si voltò, si riprese, abbassò la testa e scivolò accanto a me per il lungofiume. Io le andai subito dietro, ma lei indovinò, lasciò il lungofiume, attraversò la strada e si avviò sul marciapiede. Io non osai attraversare. Il mio cuore palpitava, come quello di un uccellino preso prigioniero. Un caso improvviso mi venne in aiuto.
Dall'altro lato del marciapiede, non lontano dalla mia sconosciuta, apparve all'improvviso un signore in frac, di una certa età, ma non si può dire di passo certo. Camminava barcollando e appoggiandosi cautamente al muro. La ragazza, invece, camminava come una freccia, veloce e timorosa, come camminano in generale tutte le ragazze che non vogliono che qualcuno si offra di accompagnarle di notte a casa, e, naturalmente, il signore barcollante non l'avrebbe in nessun modo raggiunta, se il mio destino non gli avesse suggerito di cercare mezzi artificiosi. All'improvviso, senza dire una parola a nessuno, il mio signore scatta dal suo posto e vola a gambe levate, corre all'inseguimento della mia sconosciuta. Lei camminava come il vento, ma il signore barcollante la stava raggiungendo, la raggiunse, la ragazza gridò - e.... io benedico il destino per l'eccellente bastone nodoso che per caso quella volta avevo nella mano destra. In un attimo mi trovai dall'altra parte del marciapiede, in un attimo l'indesiderato signore capì di cosa si trattava, prese in considerazione l'inoppugnabile argomento, tacque, si fermò e solo quando eravamo già molto lontani protestò contro di me in termini piuttosto energici. Ma le sue parole giunsero a stento fino a noi.
«Datemi la mano», dissi alla mia sconosciuta, «e non oserà più molestarci.»
Mi diede silenziosa la mano ancora tremante per l'agitazione e lo spavento. O indesiderato signore! come ti benedicevo in quel momento! Le diedi un'occhiata di sfuggita: era una deliziosa brunetta - avevo indovinato; sulle sue ciglia nere brillavano ancora le lacrimucce del recente spavento o dell'amarezza precedente, - non so. Ma sulle labbra già scintillava un sorriso. Anche lei mi diede una rapida occhiata, arrossì leggermente e abbassò la testa.
«Allora vedete, perché mai prima mi avete allontanato? Se ci fossi stato io, non sarebbe successo nulla...»
«Ma io non vi conoscevo: pensavo che anche voi...»
«E forse adesso mi conoscete?»
«Un po'. Ecco, per esempio, perchè tremate?»
«Oh, avete indovinato dalla prima volta!», risposi deliziato al vedere che la mia ragazza era intelligente: quando c'è la bellezza questo non disturba mai. «Sì, avete indovinato dal primo sguardo con chi avete a che fare. Infatti, sono timido con le donne, sono agitato, non lo nego, non meno di quanto lo eravate voi un minuto fa, quando quel signore vi ha spaventata... Provo un certo spavento ora. E' come un sogno, ma nemmeno in sogno avrei indovinato che un giorno avrei parlato con una donna.»
«Come? possibile?...»
«Sì, se la mia mano trema è perchè non l'aveva ancora mai tenuta una manina carina come la vostra. Mi sono del tutto disabituato alle donne; cioè non sono mai stato abituato a loro; sono solo... Non so nemmeno come parlar loro. Ecco, anche adesso non so se non vi ho detto delle sciocchezze. Ditemelo francamente; vi avverto, non sono permaloso...»
«No, affatto, affatto, al contrario. E se poi desiderate davvero che io sia franca, allora vi dirò che alle donne piace questa timidezza; e se volete sapere di più, allora anche a me piace, e non vi allontanerò da me fino a casa.»
«Voi fate sì che io perda subito tutta la timidezza», iniziai io, soffocato dall'emozione, «e allora - addio a tutti i miei mezzi!...»
«Mezzi? quali mezzi, per cosa? questo poi è male.»
«Sono colpevole, non lo farò più, mi è sfuggito di bocca; ma come potete volere che in un momento simile non ci sia il desiderio...»
«Di piacere, no?»
«Ma certo; e siate, in nome di Dio, siate buona. Considerate chi sono! Ecco che ho già ventisei anni, e non ho mai visto nessuno. Insomma, come posso parlare bene, con disinvoltura e a proposito? Sarà più vantaggioso per voi se tutto sarà chiaro, alla luce del sole... Io non so tacere quando in me è il cuore a parlare. Insomma, ma fa lo stesso... Credete, nessuna donna, mai, mai! Nessuna conoscenza! e non faccio che sognare, ogni giorno, che alla fine, chissà quando, incontrerò qualcuno. Ah, se sapeste quante volte sono stato innamorato in questo modo!...»
«Ma come dunque, di chi?»
«Ma di nessuno, di un ideale, di colei che mi appare in sogno. Io in sogno creo interi romanzi. Oh, voi non mi conoscete! Davvero, non ne posso fare a meno, ho incontrato due o tre donne, ma che donne erano? tutte delle tali despote che... Ma vi farò ridere se vi racconto che più d'una volta ho pensato di attaccare discorso con qualche aristocratica per la strada, così, senza cerimonie, quando era sola, s'intende; attaccare discorso, è ovvio, in modo timido, rispettoso, appassionato; dire che sarei morto da solo, che non mi allontanasse, che non avevo mezzo di conoscere nessuna donna; farle capire che è perfino nei doveri di una donna non respingere la timida preghiera di una persona tanto infelice come me. Che, in definitiva, tutto quel che desidero consiste in questo: che mi dica due qualsiasi parole fraterne, con sincerità, non mi allontani dal primo passo, mi creda sulla parola, ascolti ciò che dirò, mi derida magari, ma mi dia una speranza, mi dica due parole, solo due parole, poi non ci incontrassimo pure mai più!... Ma voi ridete... Del resto, sto parlando per questo...»
«Non vi offenderete: rido del fatto che voi stesso siete vostro nemico, e se aveste tentato, avreste forse avuto successo, sebbene la cosa fosse per la strada: quanto più è semplice, tanto è meglio... Nessuna donna buona, se solo non è sciocca o non è particolarmente in collera con qualcuno in quel momento, si sarebbe decisa a mandarvi via senza quelle due parole che voi implorate tanto timidamente... Del resto, che dico? è naturale, vi avrebbe preso per un pazzo. Io giudicavo su di me. Ne so molto io di che gente c'è al mondo!»
«Oh, vi ringrazio», mi misi a gridare, «voi non sapete cosa avete fatto ora per me!»
«Bene, bene! Ma ditemi, perchè avete pensato che io ero la donna con cui... be', che voi avete ritenuto degna... di attenzione e di amicizia... insomma, non una despota, come dite voi. Perché vi siete deciso ad avvicinarmi?»
«Perché? perché? Ma eravate da sola, quel signore era troppo audace, è notte: convenite voi stessa che era un dovere...»
«No, no, ancora prima, là, dall'altra parte. Perché volevate avvicinarmi, no?»
«Là, dall'altra parte? Ma io, davvero non so cosa rispondere: ho paura... Sapete, oggi sono stato felice; camminavo, cantavo; sono stato fuori città; non avevo ancora mai avuto dei momento tanto felici. Voi... forse mi è sembrato... Insomma, scusatemi se ve lo ricordo: mi è sembrato che voi piangeste, e io... io non ho potuto sentirlo... mi si è stretto il cuore... Oh, Dio mio! Insomma, è mai possibile che io non possa essere un po' triste per voi? E' mai possibile sia un peccato provare per voi una fraterna compassione?... Scusate, ho detto compassione... Ma sì, in una parola, potevo forse offendervi perché senza volere mi era venuto in mente di avvicinarvi?...»
«Fermatevi, basta, non parlate...», disse la ragazza abbassando la testa e, stringendomi la mano. «E' colpa mia, ho tirato io fuori l'argomento; ma sono felice di non essermi sbagliata su di voi... ma eccomi già a casa; devo andare di qua, nel vicolo; sono due passi... Addio, vi ringrazio...»
«E' mai possibile, è possibile che non ci rivedremo mai più?... E' possibile che finisca tutto qui?»
«Vedete», disse ridendo la ragazza, «all'inizio volevate solo due parole, e ora invece... Ma del resto non vi dico nulla... Forse ci incontreremo...»
«Verrò qui domani», dissi io. «Oh, scusatemi, vi chiedo già...»
«Sì, siete impaziente... volete quasi...»
«Ascoltate, ascoltate!», la interruppi. «Scusate se vi dico nuovamente una cosa del genere... Ma ecco: io non posso non venire qui domani. Sono un sognatore; ho una vita reale talmente limitata che mi capitano momenti come questo, come adesso, tanto di rado che non posso non ripercorrere questi momenti nei miei sogni. Sognerò di voi l'intera notte, l'intera settimana, tutto l'anno. Verrò immancabilmente qui domani, proprio qui, in questo stesso punto, proprio a quest'ora, e sarò felice ricordando il giorno passato. Questo posto mi è già caro. Ho già due o tre di questi posti a Pietroburgo. Ho perfino pianto una volta nel ricordare, come voi... Chissà, forse anche voi, dieci minuti fa, piangevate nel ricordare... Ma scusatemi, mi distraggo nuovamente; voi, forse, un giorno siete stata particolarmente felice qui..»
«Bene», disse la ragazza, «magari verrò qui domani, sempre alle dieci. Vedo che ormai non posso più impedirvi di... Ecco come sta la faccenda, io devo essere qui; non pensate che vi stia dando un appuntamento; vi avverto che devo essere qui per motivi miei. Ma ecco... be', ve lo dico francamente: non sarà nulla se verrete anche voi; in primo luogo, potrebbero esserci altre spiacevolezza come oggi, ma a parte questo... insomma, avrei semplicemente voglia di vedervi... per dirvi due parole. Però, vedete, non mi giudicate male ora? non pensate che dia appuntamenti con tanta facilità... Non l'avrei nemmeno dato se... Ma che resti un mio segreto! Però anzitutto un patto...»
«Un patto! parlate, dite, dite tutto prima; acconsento a tutto, sono pronto a tutto», gridai io esaltato, «rispondo di me - sarò ubbidiente, rispettoso... mi conoscete...»
«Proprio perché vi conosco vi invito domani», disse ridendo la ragazza. «Vi conosco perfettamente. Ma, badate, venite a una condizione: in primo luogo (ma siate buono, fate quel che vi chiedo; - vedete, vi parlo con franchezza), non vi innamorate di me... Non si deve, vi assicuro. All'amicizia sono pronta, eccovi la mia mano... Ma non dovete innamorarvi, per favore!»
«Ve lo giuro» gridai afferrandole la manina...
«Basta, non giurate, so bene che siete capace di prendere fuoco come la polvere da sparo. Non mi giudicate male se vi parlo così. Se sapeste... Anch'io non ho nessuno con cui poter scambiare una parola, a cui chiedere consiglio. Naturalmente non è per strada che vanno cercati i consiglieri, ma voi siete un'eccezione. Vi conosco come se fossi amici da vent'anni... Non è vero che mi tradirete?...»
«Vedrete... non so come sopravviverò le prossime ventiquattr'ore.»
«Dormite sodo; buona notte - e ricordate che mi fido già di voi. Ma voi l'avte detto tanto bene poco fa: è mai possibile dare conto di ogni sentimento, perfino di una simpatia fraterna! Sapete, era stato detto tanto bene che mi è balenata subito l'idea di confidarmi con voi...»
«In nome di Dio, ma su cosa? cosa?»
«A domani. Che rimanga un segreto fino ad allora. Tanto meglio per voi; almeno da lontano vi parrà un romanzo. Forse ve lo dirò domani e forse no... Prima parlerò ancora un po' con voi, ci conosceremo meglio...»
«Oh, e io domani vi racconterò tutto di me! Ma cosa succede? un vero miracolo si sta compiendo in me... Dove sono, Dio mio? Insomma, dite, site forse scontenta di non esservi arrabbiata, come avrebbe fatto un'altra, di non avermi allontanato fin dall'inizio? Due minuti, e mi avete reso felice per sempre. Sì! felice; chissà, forse mi avete riconciliato con me stesso, avete risolto i miei dubbi... Forse, mi capitano momenti tali... Insomma, ma vi racconterò tutto domani, saprete tutto, tutto...»
«Bene, accetto; comincerete voi...»
«D'accordo.»
«Arrivederci!»
«Arrivederci!»
E ci separammo. Camminai tutta la notte; non potevo decidermi a tornare a casa. Ero così felice... a domani!
occitan

Totun ma nuech es estaa melhora dal jorn! Vaicí coma s’es passaa.

Siu rintrat en vila pro tard, avia já sonat dètz oras quora siu arribat près de mon apartament. Ma charriera costeja un canal e an aquela ora rencòntres pas anma creaa. Mi isto, a dir lo ver, dins la part mai luenha dal centre la vila. Chaminavo e chantavo, perque quora siu content chantorleo sempre qualquaren dedins mi, coma chasque òme content que, en avent pas d’amís, ni de bòns conoissents, sa pas embe qui partatjar sa jai.

An un bòt m’es capitaa la causa mai inatendua. D’un cant, apojaa al parapet, lhi avia una frema; acodeaa a la brondana, pareissia gachar atentament l’aiga trebla dal canal. Portava un graciós bonet jaun e una coqueta mantelina niera. «Es una mendia, una bruneta sens autre», ai pensat. Semelhava pas auvir lhi miei pas, puei que s’es nimanc bojaa quora lhi siu passat da cant, en tenent lo flat e embe lo còr que me picava fòrt. «Estranh!», ai pensat, «deu aver qualquaren que la crucia», e d’un crèp siu arrestat coma empalat. Aviu sentut un sanglutear estofat. Bò! M’ero pas enganat: la mendia plorava, e mai sanglutava de tant en tant. Bòn Diu! Ai sentut mon còr se sarrar. Ben que sie crentós embe las fremas, aquel es estat un tal moment!

Siu tornat arreire, me siu aprochat an ilhe e de segur auriu dich: «Madama!», s’auguesse pas saubut qu’aquela exclamacion es estaa prononciaa de mila bòts en tuchi lhi romanç russes de la bòna societat. Aquel recòrd m’a retengut. Mas dal temp que cerchavo un’autra paraula, la filha es tornaa en ela, a virat l’esgard a l’entorn e, en s’avisant de ma presença, a baissat la tèsta e m’es esquilhaa da cant al lòng dal canal. Lhi siu anat après, mas ilhe, en devinant mon intencion, quitaa la riba, a traversaa la via e s’es enchaminaa lèsta sus l’autre marchapè. Ai pas encalat passar delai. Mon còr picava coma aquel d’un aucelet que sie estat fach preisonier.

Tot d’un crèp la sòrt m’es vengua en ajut. De l’autre cant dal marchapè, pauc luenh de ma desconoissua, a l’emprovís es esponchat un senhor en frac, d’atge respectable, dal pas malsegur. Chaminava en trambaleant e en s’apojant cautosament al mur. La filha s’es butaa a córrer coma una fuseta, lèsta e entimoria, coma fan de costuma totas las filhas que vòlon pas que qualqu’un s’uefre de las acompanhar de nuech a maison; e, naturalament, lo trambaleant senhor l’auria pas agantaa de segur, se ma bòna sòrt lhi auguesse pas suggerit de recórrer a de meians artificiós. Sensa dir mot a degun, mon senhor a quitat son pòst e s’es enandiat a l’inseguiment de ma desconoissua. Ilhe escapava coma l’aura, mas lo senhor es arribaa a chapar-la ... La filha a possat un crit e... rengràcio la sòrt de l’excellent baston gropassut qu’aquel bòt aviu dins ma man drecha. Dins un ren me siu trobat de l’autre cant dal marchapè, sal colp l’indesirable senhor a intuït çò qu’anava se passar, a estudiat la causa e s’es arrestat en silenci. Masque quora érem já ben luenhs s’es butat a bramar còntra mi d’un biais putòst enèrgic. Mas sas paraulas nos son just arribaas.

«Donatz-me lo braç», ai dich a ma desconoissua, «e aquel òme encalarè pas pus vos molestar».

Sensa dir mot, ilhe m’a donat lo braç encara tramolant per l’espavent. Ò indesirable senhor, coma t’ai benesit en aquel moment! Ai campat un uelh sus la mendia: era una jòlia bruneta... aviu endevinat: sus sas celhas nieras lusion encara las grimas dal recent espavent, o dal dolor de derant? sai pas. Mas sus sa bocha lusia já un sorís. Decò ilhe m’a gachat de sotuelhs, a rosseat un pauc e a baissat la tèsta.

«Veietz donc, perqué derant m’avetz relunhat? Se lhi foguesse estat mi, seria pas capitat ren...»

«Mas mi vos conoissiu pas... creïu que decò vos…»

«E aüra, benlèu me conoissetz?»

«Un pauc. Mas perqué tramolatz?»

«Ò, avetz d’abòrd endevinat!» ai respondut complasut de veire que la filha era intelligenta. L’intelligença gasta pas jamai la beltat. «Bò, avetz comprés dal premier esgard embe qui avíetz a que far. Es ver, siu crentós embe las fremas, siu nervós, lo nego pas, mas pas menc de quant l’éretz vos fai un moment, quora aquel senhor vos a espaventaa… mas qué de paor qu’ai mi, aüra!. Es coma un sumi, mas nimanc dins un sumi auriu imaginat qu’un jorn auriu devisat embe una frema».

«Coma? Es possible?»

«Es pro coma aquò! Se ma man tramòla es perque jamai una man tan pichòta e graciosa coma la vòstra l’avia sarraa. Me siu dal tot desacostumat a las fremas; o mielh, lhi siu jamai estat acostumat. Vivo solet... sai nimanc coma parlar a una frema. Te aquí, nimanc aüra sai se vos ai dich una bestisa. Disetz-m’o francament; vos avierto que siu pas permalós…».

«No, pas dal tot, al contrari! E vist que me demandatz d’èsser sincèra, vos direi que a las fremas agrada aquesta timidessa. Se ne’n voletz sauber de mai, vos direi que decò a mi agrada, e vos empacharei pas de m’acompanhar fins a maison».

« Vos me fasetz pèrder sal colp tota ma timidessa», ai començat, estofat da l’emocion, «mas alora, adiu a tuchi mi vantatges!»

«Vantatges? De quals vantatges parlatz? Vantatges vèrs qui? Aquò es mal».

«Perdonatz-me, lo farei pus, m’es escapat de gola. Ma coma voletz que dins un moment parelh aie pas lo desir…»

«D’agradar, pas ver?»

«Es aquò, mas per amor de Diu, setz bòna. Consideratz qui siu. Ai já vint-e-sieis ans, e ai pas jamai vist degun. Coma poleriu parlar embe duech, desgenat? Serè mielh decò per vos quora tot serè al clar dal jorn.. Puei pas me tàser, quora es mon còr a parlar. Mas aquò empòrta pas… Creietz-me! Pas una soleta frema, jamai. Nimanc una conoissença! E fau pas que sumiar chasque jorn qu’un bòt encontrarei qualqu’un. Se saubéssetz qué de bòts siu estat enamorat parelh…!»

«Mas coma, de qui?»

«De degun, d’un ideal que m’apareis en sumi. Dedins mi sumis creo d’entiers romanç. Òh! Vos me conoissetz pas! Es ver, én pòl pas viure sensa sumiar. Ai encontrat doas o tres fremas, mas que fremas eron? Totas de talas déspotas que… Mas rirètz se vos diso que mai d’un bòt ai pensat de tacar discors parelh, simplament, embe qualque aristocràtica per la via, quora era soleta, s’entend; tacar discors, ben segur, d’un biais tímid, respectós, apassionat; lhi dir que seriu mòrt de solituda, que me relunhesse pas, qu’aviu pas ocasion de conóisser deguna frema; lhi far comprene que una frema a lo dever de pas repossar la crentosa preiera d‘un òme malaürós coma mi. Que tot çò que demandavo eron doas paraulas frairalas, dichas embe grinor, que me relunhesse ren al premier pas, mas creiesse a mas paraulas, escotesse çò que disiu, que m’enriesse se volia, mas me donesse un’esperança, me disesse doas paraulas, ren que doas paraulas, belà se nos foguéssem pas pus rescontrats!… Mas vos rietz… D’autre cant, es pr’aquò que parlo…»

«Prenetz-vos la pas: rio dal fach que vos mesme setz lo vòstre nemís, e s’auguéssetz temptat, benlèu lhi seríetz arribat, ben que la causa se passesse per la via; tant mai es simple, tan mielh es… Deguna frema de bòn còr, se es pas una estúpida o un’einhosa, se resolveria a vos mandar via sensa aquelas doas paraulas que vos emploratz tan timidament… D’autre cant, çò que diso! De segur vos preneria per un mat. Mi jutjavo da mon ponch de vista. Ne’n sai pro de que gent lhi a an aqueste mond!

«Ò! Vos rengràcio,» ai exclamat « saubetz pas çò qu’avetz fach aüra per mi!»

«Ben, ben! Mas disetz, coma avetz fach a sauber que siu una frema embe la quala… Bè, qu’avetz estimaa denha… d’atencion e d’amistat… enfin, ren una dèspota, coma disetz vos. Perqué vos setz decidats a m’aprochar?»

«Perqué? Perqué? Mas vos éretz soleta, aquel senhor tròp audaciós, e aüra es nuech: convenetz decò vos qu’era mon dever…»

«No, no, derant d’aquò, ailai sus l’autre marchapè. Volíetz pas já benlèu m’aprochar?»

«Ailai, sus l’autre marchapè? Da bòn sai pas çò que respònder; ai timor… Saubetz, encuei ero jaiós; chaminavo, chantavo; siu anat fòra vila; aviu pas encara agut de moments tant aürós. Vos… benlèu m’es semelhat… Bè, perdonatz se vos lo recòrdo: m’es semelhat que ploréssetz, e mi… poliu pas l’auvir… mon còr s’es sarrat… Ò! Bon Diu! Puei pas benlèu me chalmir per vos? Es benlèu un pechat provar un sens de compassion frairala?… Perdonatz, ai dich compassion… fin finala, poliu benlèu vos ofénder per aver sentut lo besonh de vos aprochar?»

«Pro, pro, tasetz-vos, disetz pas mai…» a dich la filha, en clinant la tèsta e m’estrenhent la man. «Es ma fauta, siu mi qu’ai començat a parlar d’aquò, mas siu contenta de pas m’èsser enganaa sus vòstre còmte… Mas vaicí, siu já a maison; me chal anar d’aiçai, dins la quintana; d’aicí lhi a dui pas … Adiu, vos remercio…»

Mas possible, possible que nos veierèm pas pus?... que tot finisse coma aquò?

«Veietz,» a dich la filha en rient, «d’en premier volíetz masque doas paraulas, e aüra… Mas totun, vos diso pas ren… benlèu nos tornarèm encontrar…»

«Venerei aicí deman», lhi ai dich. … «Ò, perdonatz, pretendo já…»

«Es ver, setz impacient… e pretendetz esquasi…»

«Escotatz, escotatz!», l’ai interrompua. «Perdonatz se vos lo diso torna… Mas vaquí, deman puei pas far a menc de venir aicí. Siu un sumiaire; dins ma vita lhi a tant pauc de realitat, e de moments coma aquesti m’arribon tant de raire que puei pas ren lhi reviure dins mi sumis. Vos sumiarei tota la nuech, tota la setmana, tot l’an. Deman tornarei aicí, immancablament, al mesme luec, a la mesma ora, e serei aürós en sovenent lo jorn passat. Queste luec m’es já char. N’ai já dui o tres dins Peireborg. Un bòt ai fins plorat dins lo recòrd, coma vos…. Puei que benlèu decò vos, fai dètz minutas, ploràvetz per un recòrd… Mas perdonatz, me confondo já mai…; vos, benlèu, un jorn setz estaa particularament aürosa aicí …»

«Vai ben,» a dich la filha, «venerei aicí deman, a dètz oras, coma encuei. D’aüra enlai veo que puei pus vos l’empedir… Vaicí coma es la question; mi, me chal èsser aicí. Creietz pas que vos vòle donar un apontament; vos avièrto que me chal èsser aicí per de rasons mias. Mas vaquí… vos lo diso francament: se venerètz, lhi aurè pas ren de mal; d’abòrd, aurèm, benlèu, qualque gena, coma encuei, mas lhi farèm pas cas… enfin, voleriu simplamement vos reveire… per vos dir doas paraulas. Mas me jutjatz pas mal, aüra? Pensatz pas que done d’apontaments embe tant de facilitat… L’auriu pas fach se… Mas qu’aquò reste un miu secret! Mas derant tot nos chal far un pact…»

«Un pact! Parlatz, disetz, disetz tot d‘abòrd: consento a tot, siu prèst a tot», ai criat extasiat, «respondo de mi, serei obedient, respectós... vos me conoissetz...»

«Justament perque vos conoisso, vos envido deman», a dich en rient la mendia. «Vos conoisso perfectament. Mas, fasetz a ment, venetz a una condicion: d’en premier (setz bòn, fasetz çò que vos demando; coma veietz, vos parlo a còr dubèrt), enamoratz-vos pas de mi… chal pas, creietz-me. Siu prèsta a vos acordar mon amistat, vaquí ma man… mas l’amor, aquò chal pas. Vos prego!»

«Vos lo juro!», ai exclamat, en agantant sa pichòta man…

«No, juratz pas, sai ben que poletz vos enflamar coma la polvre. Me jutjatz pas mal se vos parlo coma aquò. Se saubéssetz… Decò mi ai pas degun embe lo qual eschambiar una paraula, al qual demandar conselh. Ben segur es pas per la via que van cerchats lhi confidents, mas vos setz un’ excepcion. Vos conoisso coma se foguéssem amís depuei vint ans… Mas chambiarètz puei pas?…»

«Veierètz... solament, sai pas coma farei a passar aquestas vint-e-quatr’oras.»

«Durmetz de bòns sumis; bòna nuech, e recordatz que me fio já de vos. L’avetz dich ben derant: chal rénder còmpte de chasque sentiment, mesme frairal! Saubetz, l’avetz dich tan ben que sal colp m’es vengua l’idea de me confiar embe vos...»

Al nom de Diu, mas de çò que, de çò que?

«A deman. Per aüra es un secret. Tan mielh per vos: coma aquò, de luenh, benlèu vos semelharè un romanç. Benlèu deman vos direi tot, benlèu no... Derant vos parlarei encara un pauc, nos conoisserèm mielh».

«Sí! E deman vos contiarei tot de mi! Mas çò qu’es? Un miracle… Bon Diu, ente siu? En soma, benlèu setz descontenta de pas vos èsser encoleria, coma auria fach un’autra frema, de pas m’aver repossat fins dal premier moment? Doas minutas, e m’avetz rendut aürós per sempre. Bò, aürós; perque, saubetz-lo, benlèu m’avetz reconciliat embe mi, avetz resolvut mi dúbits… benlèu, m’arribon de moments tals…. Mas deman vos direi tot, sauberètz tot…»

«Vai ben, accepto. Començarètz vos...»

«D’acòrdi».

«A reveire!»

«A reveire!»

Nos sem separats. Ai rodoleat tota la nuech; poliu pas me decidar a tornar a maison. Ero talament aürós… a deman!