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FIORI (seconda parte) - Arthur Schnitzler

FLORS (2° part) - Arthur Schnitzler

di Peyre Anghilante

FIORI (seconda parte) - Arthur Schnitzler
italiano Vivo molto all'aperto, faccio lunghe passeggiate solitarie. Quando sono tra gli uomini non sento nessun vero legame con loro; tutti i fili si spezzano. Me ne accorgo anche quando la cara ragazza bionda siede nella mia stanza, chiacchierando di ogni cosa possibile di... sì, non so affatto di che cosa. Poiché, appena se n'è andata, è subito così lontana, come se fosse molto distante, come se il flusso della gente la portasse via subito per sempre, come se fosse sparita senza traccia. Se non ritornasse più, potrei difficilmente meravigliarmi.
I fiori sono nel vaso sottile dai riflessi verdi, i loro steli si allungano nell'acqua e la stanza profuma di loro. - Profumano ancora, - benché siano già da una settimana nella mia stanza e comincino lentamente ad appassire. - E comprendo ogni possibile assurdità di cui finora ho riso, comprendo che sia possibile dialogare con gli oggetti della natura... comprendo che ci si può aspettare una risposta, quando si parla con le nuvole e con le sorgenti; poiché anch'io fisso questi fiori e aspetto che comincino a parlare... Ah no, so bene che essi parlano sempre... anche in questo momento... che parlano di continuo e si lamentano, e che io sono sul punto di capirli.
Come sono contento che ora il rigido inverno stia per finire. Già è sospeso nell'aria un sentore della vicina primavera. Il tempo trascorre in modo strano. Non vivo diversamente dal solito, eppure mi sembra talvolta che i contorni della mia esistenza siano meno accentuati. Svanisce già l'ieri e tutto ciò che è trascorso da alcuni giorni assume il carattere di un sogno poco chiaro. Ogni volta che Gretel se ne va, e particolarmente quando non la vedo per parecchi giorni, mi sembra che questa sia una storia passata da tanto, tanto tempo. Lei viene sempre da tanto, tanto lontano! - Quando però comincia a chiacchierare, allora è ben presto tutto come prima e ho una chiara sensazione del presente e dell'esistenza. E allora quasi le parole sono troppo forti e i colori troppo chiari; e come la cara ragazza, appena mi ha lasciato, è rapita in una lontananza ineffabile, così improvvisa e ardente è la sua vicinanza. Altre volte mi restava ancora una risonanza e una impressione di momenti pieni di suoni e di luce; ma ora tutto si perde e si spegne all'improvviso; come in una sorda grotta. - E poi sono solo coi miei fiori. Sono già appassiti, del tutto appassiti. Non profumano più. Gretel non li aveva notati finora; oggi per la prima volta il suo sguardo si è fermato a lungo su di loro, e mi è sembrato che volesse chiedermi qualcosa. Ma a un tratto una timidezza segreta parve trattenerla; - non disse più neppure una parola, ben presto si congedò e se ne andò.
A poco a poco essi perdono i petali. Non li tocco mai; del resto, si polverizzerebbero tra le dita. Il fatto che sono appassiti mi procura un male indicibile. Non so perché non trovi la forza di farla finita con questa stupida storia. Questi fiori morti mi fanno ammalare. Talvolta non posso sopportarlo, e scappò via. E in mezzo alla strada quel pensiero mi assale, e devo tornare indietro, devo andare a vederli. Li trovo allora, tristi e stanchi, come li avevo lasciati, nello stesso vaso verde. Ieri sera ho pianto dinanzi a loro, come si piange su una tomba, e non ho affatto pensato a colei da cui in realtà provengono. - Forse mi sbaglio! ma mi sembra che pure Gretel senta la presenza di qualcosa di sbrano in camera mia. Non ride più quando è da me. Non parla ad alta voce, quella voce fresca e vivace che mi era familiare. Certo non la ricevo più come prima. Mi tormenta anche la paura continua che una volta o l'altra lei possa interrogarmi; e so che ogni domanda mi sarebbe insopportabile.
Spesso, quando viene da me, porta con sé il suo lavoro, e mentre sono ancora chino sui libri, siede vicino al tavolo in silenzio, lavora all'uncinetto o ricama, aspettando paziente ch'io metta da parte i libri, mi alzi e mi avvicini a lei per toglierle il lavoro di mano. Poi allontano il paralume verde dalla lampada presso cui stava seduta e per tutta la stanza scorre la luce serena e mite. Non mi sento a mio agio quando gli angoli sono al buio.
Primavera! - La mia finestra è spalancata. A tarda sera ho guardato fuori con Gretel nella strada oscura. L'aria intorno a noi era dolce e calda. E come volsi lo sguardo verso l'angolo della strada, dove c'è un lampione che diffonde una luce debole, ecco lì, all'improvviso, un'ombra. La vidi e non la vidi... So che non la vidi... Chiusi gli occhi. É attraverso le palpebre chiuse fui ad un tratto in grado di vedere, ed ecco lì la misera creatura, ferma sotto la luce debole del lampione, e vidi il suo viso con straordinaria chiarezza, come se fosse illuminato da un sole giallastro, e nello smunto, pallido viso scorsi i grandi occhi meravigliati... Mi allontanai lentamente dalla finestra e mi sedetti alla scrivania, su cui la fiamma della candela tremolava al soffio del vento che veniva da fuori. E restai seduto, immobile; poiché sapevo che la povera creatura stava lì all'angolo della strada e aspettava; e se avessi osato toccare i fiori morti, li avrei presi dal vaso e li avrei portati a lei... Questo era il mio pensiero, un pensiero fisso, ma al tempo stesso sapevo che era insensato. Ora anche Gretel si staccò dalla finestra, rimase un momento in piedi dietro la mia poltrona e mi sfiorò i capelli con le sue labbra. Poi se ne andò, mi lasciò solo...
Fissavo i fiori. Non sono più fiori, non sono più quasi che steli ignudi, secchi e miseri... Mi rendono malato e furibondo, - e ciò deve essere ben comprensibile; altrimenti Gretel m'avrebbe pure interrogato una volta; ma anche lei lo sente - a volte fugge, come se ci fossero spettri nella mia stanza.
Spettri! - Esistono, esistono! - Cose morte rappresentano la vita. E se fiori appassiti sanno di marcio, questo è solo il ricordo del tempo in cui fiorivano e profumavano. E i morti tornano, finché non li dimentichiamo. - A che giova che lei non può più parlare, io posso ancora sentirla! Non compare più, ma io posso ancora vederla! - La primavera di fuori, il sole che scivola chiaro sul tappeto, il profumo di freschi lillà che viene dal vicino parco, la gente che passa di sotto, e di cui non m'importa nulla: è proprio questa la vita? Posso abbassare le tendine e il sole è morto. Non voglio saper più niente di tutta questa gente, e la gente è morta. Chiudo la finestra, non c'è più profumo di lillà intorno a me e la primavera è morta. Sono più potente del sole, della gente, della primavera. Ma più potente di me è il ricordo, che viene quando vuole, e a cui non si può sfuggire. E questi steli secchi nel vaso sono più potenti di ogni profumo di lillà e della primavera.
Ero seduto dinanzi a questi fogli, quando Gretel entrò. Mai prima era venuta così di buon'ora; raramente prima del tramonto. Ero meravigliato, quasi confuso. Rimase qualche secondo sulla porta; la guardai senza salutarla. Allora lei sorrise e s'avvicinò. Aveva in mano un mazzo di fiori freschi. Poi, senza dire una parola, è venuta fino alla mia scrivania e mi ha posato i fiori davanti. E un attimo dopo prende quelli appassiti dal vaso verde. Mi sembrò che mi toccasse il cuore; - ma non potei dire nulla... E come sto per alzarmi per fermarle la mano, mi guarda ridendo. Tiene alto il braccio con i fiori appassiti, corre alla finestra passando dietro la scrivania e li butta semplicemente giù in strada. Sento che dovrei seguirli; ma lì c'è la ragazza, appoggiata al davanzale col viso rivolto verso di me. E sulla sua testa bionda scorre il sole, il sole caldo, vivo... Dal parco di fronte viene un forte profumo di lillà. Guardo il vaso verde, vuoto, che sta sulla scrivania; non so come mi sento; più libero credo; - molto più libero di prima. Allora Gretel mi viene vicino, prende il suo piccolo mazzo di fiori e me lo tiene davanti al viso; freschi, bianchi lillà... Un profumo così sano e fresco; - così dolce, così fresco; volevo nascondervi il viso. - Fiori bianchi che ridono e baciano - sentii che l'incantesimo era finito. - Gretel stava dietro di me e mi passava le sue mani irrequiete nei capelli. Pazzo che sei, disse. - Sapeva ciò che aveva fatto?... Io le presi le mani e le baciai. - La sera siamo usciti all'aperto, nella primavera. Proprio adesso sono tornato con lei. Ho acceso la candela; abbiamo camminato molto e Gretel si è stancata tanto che si è addormentata nella poltrona vicino alla stufa. È molto bella quando sorride così nel sonno.
Davanti a me nel sottile vaso verde ci sono i lillà. - Giù nella strada - no, no, da un pezzo non sono più lì. Il vento li ha già spazzati via con l'altra polvere.
occitan

Vivo pro al dubèrt, fau de lònjas passejadas da solet. Quora siu al metz de lhi òmes sento pas degun ver liam embe lor; tuchi lhi fils s’eschancon. Me’n apercebo decò quora la chara filha blonda es setaa dins ma chambra, en chacharant de mila causas, de... mas sí, sai pas dal tot de çò que. Puei a pena se’n es anaa, es já tan luenha, coma se foguesse daluenh, coma se lo flux de la gent tot d’un còp la menesse via per sempre, coma se foguesse esvania sensa deguna traça. Se tornesse pus, dificilament poleriu m’esmaravilhar. Las flors son dins lo vas prim dai reflèxs vèrds, lors chambetas s’eslònjon dins l’aiga e la chambra sent d’elas. Profumon encara, ben que sien já aquí depuei una setmana e comencen a passir. E compreno chasque possibla absurditat dont fins aüra ai riüt, compreno que sie possible devisar embe lhi elements de la natura... compreno qu’én pòle s’aténder una responsa, quand én devisa embe las nívolas e las sorsas; perque decò mi agacho aquestas flors e atendo que comencen a parlar... Ah no, sai ben que parlon sempre... decò en aqueste moment... que parlon d’un contuni e se planhon, e que mi siu arramba a las compréner.

Coma siu content que lo freid uvèrn iste finent. Já dins l’aire es sospendut un sentor de la prima que ven. Lo temp passa d’una maniera estranja. Vivo pas diversament que d’abituda, e pura de bòts me semelha que lhi contorns de mon existença sien menc definits. Já l’ier esvanís, e tot aquò que s’es passat depuei qualque jorn pren la forma d’un sumi pas ben clar. Chasque bòt que Gretel se’n vai, e en particular quora la veo pas per tanti jorns, me semelha qu’aquesta sie un’estòria passaa depuei tant, tant de temp. Ilhe ven totjorn da tant, tant luenh! Mas quora comença a chacharar, alora tot es ben fito coma derant e ai una clara sensacion dal present e de l’existença. E alora esquasi las paraulas son tròp fòrtas e las colors tròp claras; e coma la chara filha, a pena m’a laissat, es rapia dins una luenchor inefabla, parelh emprovisa e ardenta es sa vesinança. D’autri bòts me restava encara una ressonança e un’impression de moments plens de sòns e de lutz; mas aüra d’un crèp tot se pèrd e se tupís; coma dins una sorda tuna. E puei siu solet embe mas flors. Son já passias, passias dal tot. Profumon pas mai. Fins aüra Gretel las avia pas notaas; encuei per lo premier bòt son esgard s’es pausat a lòng sus elas, e m’es semelhat que volguesse demandar-me qualquaren. Mas tot d’un crèp una secreta crenta es semelhat la retenir; a pus dich mot, ben fito s’es congedaa e se’n es anaa.

Pauc a pauc van pérder lors petals. Las tocho pas jamai; d’autre cant, se polverizarion al metz di dets. Lor passir me dona un mal tremend. Sai pas perqué trobe pas la fòrça de la quitar embe aquesta estúpida estòria. Aquelas flors mòrtas me fan emmalautir. De bòts puei pas l’endurar, e escapo via. E al metz de la via aquel pensier m’assauta, e me chal tornar arreire, me chal las anar veire. Alora las tròbo, tristas e patias, coma las aviu laissaas, dins lo mesme vas vèrd. Ier sera ai plorat derant elas, coma se plora sus una tomba, e ai pas gis pensat a la persona d’ont provenon. Benlèu m’engano! Mas me semelha que decò Gretel sente dins ma chambra la presença de qualquaren d’estrange. Ritz pas pus quora es en cò miu. Parla pus a vòutz auta, aquela vòutz frescha e jaiosa que m’era familiara. Es decò ver que la recebo pas pus coma un bòt. E siu tormentat da la paor que un bòt o l’autre me pòle interrogar; e sai que chasque demanda me seria insuportabla.

Sovent, quora ven en cò miu, mena après son trabalh, e mentre siu encà clinat sus lhi libres, s’asseta da cant a la taula en silenci, fai lo croquet o bròda, en atendent pacientosa que bute da cant lhi libres, m’auce e m’apròche a ilhe per lhi gavar lo trabalh de man. Puei elunho lo paralume da la lampa ente era setaa e per tota l’estància escor la lutz serena e dòuça. Me sento pas a mon aise quora lhi cantons son a l’escur.

La prima! Ma fenèstra es esbalazaa. Lo sera tard ai gachat defòra embe Gretel dins la via escura. L’aire d’entorn a nosautri era aimable e chaud. E coma ai virat l’esgard vèrs lo canton de la via, ente un lampion fasia un feble clar, te aquí d’un crèp, un’ombra. L’ai vista e l’ai pas pas vista... sai que l’ai pas vista... Ai sarrat lhi uehs. E a travèrs las parpelhas sarraas an un bòt siu arribat a veire, e ve-tu aquí la paura creatura, rma sot lo feble lume dal lampion, e ai vist sa chara embe una claressa estonanta, coma se foguesse illuminaa da un solelh jaunastre, e dins lo morre palle e estench ai vist si grands uelhs esmaravilhats... Me siu elunhat lentament da la fenèstra e me siu assetat a l’escrivania, ente la flama de la chandèla tramolava al buf de l’aura qu’arribava de defòra. E siu restat setat, immòbil; perque saubiu que la paura creatura istava aquí al cant de la via e atendia; e se auguesse encalat tochar las flors mòrtas, las auriu pilhaas dal vas e las auriu portaas a ilhe... Aquel era mon pensier, un pensier fix, mas al mesme temp saubiu qu’era dessenat. Decò Gretel s’es desarrambaar da la fenèstra, es restaa en pè un moment darreire ma poltrona e m’a esflorat lhi pels embe las bochas. Puei se’n es anaa, m’a laissat solet...

Fixavo las flors. Son pas pus de flors, son gaireben pus que de chambetas nuas, sechas e miserablas ... Me rendon malate e furiós, e aquò se deu ben comprene, senon Gretel m’auria ben interrogat un bòt; mas decò ilhe lo sent. De bòts escapa via, coma se lhi auguesse d’espèctres dins ma chambra!

Lhi espèctres! Existon, existon! Causas mòrtas representon la vita. E se de flors passias flairon de març, aquò es masque lo recòrd dal temp ente florion e profumavon. E lhi mòrts retornon, tant que lhi desmentiem pas. Çò qu’empòrta se ilhe pòl pas pus parlar, mi la puei encara auvir! Apareis pas pus, mas mi la puei encara veire! La prima es defòra, lo solelh qu’esquilha clar sus lo tapís, lo profum fresc de lillà qu’arriba dal parc vesin, lo monde que passa aval, e dont m’empòrta pas ren; es pròpi aiçò la vita? Puei baissar las tendinas e lo solelh es mòrt. Vuelh pas pus sauber ren de tota aquela gent, e la gent es mòrta. Sarro la fenèstra, a mon entorn lhi a pas mai de profum de lillà e la prima es mòrta. Siu pus potent dal solelh, de la gent, de la prima. Mas pus potent de mi es lo recòrd, que ven quora vòl, e al qual én pòl pas escapar. E aquelas chambetas sechas dins lo vas son pus potentas de tot profum de lillà e de la prima.

Ero setat derant aquesti fuelhs, quora Gretel es intraa. Jamai derant era vengua tan bon’ora; rarament derant lo trescòl. Ero estonat, coma perdut. Es restaa un moment sus l’uis; l’ai gachaa sensa la salutar. Alora ilhe a soriüt e s’es aprochaa. Avia de flors freschas dins la man. Puei, sensa dir mot, es vengua a l’escrivania e m’a pausat derant las flors. E just après pren aquelas passias dal vas vèrd. M’es semelhat que me tochesse lo còr; mas ai pas polgut dir ren... E coma fau per m’auçar per lhi fermar la man, m’agacha en rient. Ten aut lo braç embe las flors passias, cor a la fenèstra en passant darreire l’escrivania e las campa simplament aval dins la via. Sento que las deuriu seguir; mas aquí lhi a la filha, pojaa a la codiera embe lo morre virat vèrs mi. E sus sa tèsta blonda escor lo solelh, lo solelh chaud, viu... Dal parc denant arriba un fòrt profum de lillà. Agacho lo vas vèrd, vueit, qu’es sus l’escrivania; sai pas coma me sento; pus libre creo; ben pus libre de derant. Alora Gretel me ven da cant, pren son pichòt boquet de flors e me lo ten derant lo morre; de frescs, blancs lillàs... Un profum tan fresc e sanitós; tan dòuç, tan fresc, voliu lhi estremar lo morre dedins. De flors blanchas que joïsson e baison... me siu apercebut que l’encantesme era finit. Gretel era darreire mi e me passava sas mans inquietas dins lhi pels. Mat que sies, a dich. Saubia çò qu’avia fach?... Ai pres sas mans e las ai baisaas. Lo sera sem salhits al dubèrt, dins la prima. Just aüra siu tornat embe ilhe. Ai aviscaa la chandèla; avem chaminat un baron e Gretel s’es guichia tant que s’es endurmia sus la poltrona derant l’estua. Es tan jòlia quora soritz parelh dins lo sòm.

Derant a mi dedins lo prim vas vèrd lhi a lhi lillàs. Ailen dins la via... no, no, da una peça lhi son pus. Lo vent lhi a rabelats via embe l’autra pols.