Quando si esce dalla galleria, eccole lì maestose, bellissime, ieratiche. Si stagliano sullo sfondo azzurro del cielo: le tre Levanne.
Ai loro piedi il lago. Quell'acqua verde, piatta e brillante, che fa da specchio a quanto la circonda.
Questo è lo scenario in cui tre ragazzi (Andrea, Stefano e Marlene) hanno fatto rivivere il rifugio Massimo Mila di Ceresole Reale. Siamo nella stretta Valle Orco attraversata dal torrente cui deve il nome che nasce dai laghi Rosset e Leità, sopra il Colle del Nivolet. Valle nelle Alpi Graie dominata a nòrd dal massiccio del Gran Paradiso, cuore del Parco Nazionale omonimo nonché primo d’Italia.
Natura incontaminata, camosci, stambecchi, caprioli, marmotte, villaggi alpini di lingua e cultura francoprovenzale incastonati in scenari mozzafiato di boschi, rocce e alpeggi.
Qui, in questo luogo incantato, locus amoenus per eccellenza, ingegno, legami e amicizia, hanno creato bellezza. Ma anche speranza.
Ogni volta che si accende il "buon" vecchio tubo catodico, infatti, i dati che ci vengono somministrati sulla crisi e sulla disoccupazione giovanile lasciano spazio solo a visioni apocalittiche su noi, generazione di precari e senza lavoro.
Invece loro, Pigmalioni di oggi, hanno fatto moltissimo. E la ricetta sembra essere semplice. Sono bastate le loro idee e la loro voglia di fare per dare vita a un rifugio bellissimo in cui la gente si incontra, si rilassa, si conosce, gusta cibi curati, si ritempra dalle camminate. Concerti ed eventi per tutti i gusti (dalla festa della birra passando dall'Orcoblocco fino ad arrivare all'Orcofolk) ospitati nel Palamila, il tutto farcito con torte inebrianti che catturano gli occhi dei più golosi e con piatti ricercati che sfrecciano dalla cucina alla sala tra papille gustative palpitanti.
Chitarre e libri a disposizione degli ospiti sbucano su pareti e finestre: musica e cultura. Due ingredienti fondamentali per la vita di questo luogo dedicato al torinese Massimo Mila, professore, musicologo, giornalista, alpinista, antifascista. Allievo di Augusto Monti e amico di Giulio Einaudi, Cesare Pavese, Norberto Bobbio, Leone Ginzburg, Vittorio Foa, Ludovico Geymonat (solo per citarne alcuni). Incarcerato dal Regime, non esitò a unirsi alla Resistenza dopo l’Armistizio dell’8 settembre del 1943. Professore di Storia della Musica al Conservatorio Giuseppe Verdi di Torino e appassionato di montagna, disse: «L’alpinismo è cultura, è attività perfetta dell’uomo, dove l’uomo è uguale a Dio, perché è l’unica dove conoscere e fare sono una cosa sola…».
Dunque un rifugio dedicato a lui non poteva che essere in sintonia con tutto questo: una mescidanza perfetta di cultura, musica e passione per la montagna. Una creazione che ha richiesto pazienza e sacrificio. Ma che ora può essere vissuta da tantissime persone. Un dono per chiunque si trovi a fare tappa sulle rive del lago.
Insomma un esempio, un faro nel nero mare nostrum della crisi e della disillusione.
Ciò che può assurgere a emblema è quanto ha detto uno dei tre ragazzi, Stefano, durante un concerto ospitato in rifugio: "Capisci? Abbiamo creato tutto questo".
Eh sì, ci volevano loro, arrivati dalle parti di Como e di Milano in Valle Orco, per plasmare questo piccolo angolo di (Gran) Paradiso.
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