Le parlate occitane della Val Chisone hanno un verbo particolare per indicare un attrezzo da taglio, coltelo, accetta, falcetto, falce, dal taglio inefficace, che ha perso il filo; si tratta del verbo esmaruçar
Anche in val Germanasca e in bassa val Chisone abbiamo eimarusâ [ Pons Genre, smussare il tagliente di un attrezzo da taglio; ALEPO Pramollo].
Il verbo è pure presente nelle parlate della bassa valle piemontesizzate: Villar Perosa: zmarüsá (p. pas.,inf. Marco Ughetto 1971, loc. Vinçon) e a Prarostino ( inf. Erik Avondet 1973).
Nella vicina val Pellice J. L. Sappè riporta per Angrogna zmarousâ; pure Schüle-Marro e Wyss hanno registrato la forma zmarusá ( la lama) per Bobbio Pellice; Rorà zmarusâ ( inf. Matteo Rivoira 1975); Lusernetta kutél zmarusá “ coltello che non taglia” (inf. Barale Manuela 1961).
Un altro verbo di norma si accompagna a esmaruçar: è il verbo esberchar [il. sbreccare, fr. ébrécher] : eibercha, Moutier, Drôme; eibërchâ, Pons-Genre, val Cluzon e:berʧo: / i:berʦo:.
Si sa che,tra una falciola, una falce senza filo e una dalla lama sbreccata, vi è una grossa differenza. Un buon falciatore che deve battere la lama con martello e incudine per renderla ben molata non deve faticare molto ma davanti a delle sbreccature fatte dalle pietre, deve battere e ribattere e assottigliare per rendere nuovamente il filo regolare.
Sembra che questa parola non sia conosciuta al di la della val Chisone e della val Pellice dove però presenta una differenza fonetica.
Nelle altre valli il verbo esmaruçar non è presente, così come sul versante francese. A Rochemolles ( A. Masset 1997), abbiamo per indicare la stessa azione il verbo esourbâ “guastare il taglio di oggetti taglienti”, isurba “rovinare il taglio di una lama” a Salabertrand ( C.Baccon 2009); eisourbar “ rovinare il taglio ad una lama” a Blins ( Bernard, Lou Saber) e in base al AIS 979 pure a Chianale; questa forma è presente pure in area occitana: Mistral,eissourba ecc.”aveugler” ma pure “émousser un tranchant”.
Il verbo esmarussar/ esmarossar deve essere fatto risalire a marra [ lat. mārra, di origine preindoeropea ] “ zappa grossa, con ferro largo e corto, atta a lavorare in superficie il terreno“; marra Hacke zum Ausjäten des Unkrautes”, REW 5370. Lo REW riporta alcune parole come il lombardo marasa1 “Winzermesser”, il lòg. marrattsu “Messer”2, come dire coltello. Anche in val Chisone abbiamo una forma simile: marås “ coltello che non taglia molto”; in val Germanasca parimenti maras “ coltello, lama che taglia male o non taglia più ( Pons-Genre).
La base marra è ben presente in area occitana, Mistral : marra(r) , houer, piocher avec la marre; marraire , journalier qui houe, terrassier; marrana(r), travailler peniblement; Alibert: marra, houe, rabot de cantonier, hache pour fendre le bois; marrar; marratge, travail a la houe;
In qualche località italiana come in provincia di MacerataDins qualquas endreit comà dins la prov, de Macerata ( regione Marche, Serravalle di Chienti, inf. Adriano Quadrani), una sorta di lungo falcetto, una specie di machete, è denominato marraʧʧa e ogni attrezzo che perde il taglio si dice “ smarrato”.
Ecco le chiavi del nostro verbo esmaruçar/ esmaroçar che devono risalire a una forma del tipo *smarruʧʧare (smarrucciare).
Questa verbo deve essersi formato da ex-marrare attraverso il suffisso peggiorativo latino - uceare >-uʧʧare/ uʦʦare estremamente raro.
Franco Bronzat
1marasa “specie di scure di forma rettangolare ad un solo filo” in N. Magenta, Dizionario del Dialetto di Novi Ligure, BALI n.2, Supplementi, 1970
2In Calabria, a Ardore in prov. de Reggio Calabria, un falcetto senza punta è denominato : u marraʦʦu
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