Avevamo parlato in un articolo di un precedente numero di Nòvas della consultazione popolare volta a scegliere il nome della nuova Regione, nata dalla fusione delle due Regioni Languedoc-Roussillon e Midi-Pyrénées, il cui risultato era stato che il 44% dei consultati aveva votato a favore del nome Occitanie. Bene, dopo essere stata validato dal Consiglio di Stato è stato emanato il decreto firmato dal primo Ministro Manuel Valls e dai Ministri dell’Interno e dell’Ordinamento dei Territori Bernard Cazeneuve e Michel Bayer che ha conferito ufficialmente e definitivamente il nome Occitanie alla nuova Regione.
L’atto fa discutere, ma comunque la si pensi, non può essere negato che è sicuramente una decisione storica, è la prima volta che nelle stanze della Repubblica francese il nome Occitania, da tanto tempo negato, viene ufficialmente riconosciuto. Aver riconosciuto il nome del paese come tale, un concetto che il nazionalismo francese si era storicamente sempre sforzato di negare, porta un potenziale innegabile di proiezione e di identificazione positiva.
Rispetto a questa scelta, io preferisco vedere il bicchiere mezzo pieno, anzichè vederlo mezzo vuoto, e voglio pensare che, partendo dal risultato ottenuto, la dirigenza politica regionale e la dirigenza occitanista territoriale siano così lungimiranti da considerare che si rendono necessarie iniziative volte ad includere in un processo innovativo le parti di Occitania rimaste fuori dal percorso sia in Francia che nelle parti italiana e spagnola.
Il nome, oggi diventato riferimento ufficiale di un 35% del territorio di lingua d’oc, può diventare leader di un contenitore che sappia elaborare una nuova strada transnazionale per l’Occitania intera. Un contenitore che abbia alcune azioni chiare da portare avanti, con costanza e con decisione e che sappia far frutto delle esperienze di enti, di associazioni e di intelligenze che sui territori vivono e operano. Con una sola discriminante: non sono ammessi i corvi, coloro che vogliono sempre che tutto vada male, che tutto finisca in un gran calderone del nulla.
Saranno capaci i politici e i dirigenti occitanisti della nuova Regione di avere una veduta ampia e un ragionamento che spazi sia nel tempo che nei territori coinvolgendo le forze vive che ci sono ad intraprendere un nuovo processo? Voglio sperare di si. Altrimenti questa sarà la solita occasione mancata.
In tutti i casi è indubbio che si apre una nuova strada in una grande regione centrale a tutto il territorio di lingua d’oc. Il fatto che essa abbia assunto ufficialmente il nome storico di un territorio molto piú vasto, situato su tre Stati e collocato al centro dell’Europa gli da onori, ma anche oneri. A parer mio è necessaria una iniziativa della Regione che chiami a raccolta coloro che vogliono lavorare per un nuovo processo positivo.
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