L'Uncem Piemonte ha recentemente firmato un accordo con l'Università del Piemonte Orientale in merito a collaborazioni future. Che cosa ne pensi?
Premesso che non conosco i dettagli dell'accordo, mi pare che un'intesa tra università e territorio, montano in particolare, sia una buona cosa nella misura in cui apre alla possibilità di gettare le basi per un rapporto strutturato e duraturo tra ricerca e territorio. Penso che dotarsi degli strumenti più idonei per lavorare in sinergia su vari temi di interesse comune sia fondamentale, soprattutto in questo periodo di scarsità di risorse.
Gli sportelli linguistici della Città Metropolitana, soprattutto in area francoprovenzale, stanno facendo un importante lavoro in sinergia con te e l'Università. Pensi che sia la strada giusta?
Questo tipo di relazione si inserisce per certi versi in quelle che permettono la realizzazione dell'Atlante Toponomastico del Piemonte Montano: alla base c'è l'idea (e l'esigenza) di coinvolgere le realtà locali sia per responsabilizzarle rispetto agli obiettivi della ricerca, la cui prima ricaduta consiste nella salvaguardia di un patrimonio culturale fondamentale, sia nella sua restituzione alle comunità locale. Ma c'è anche l'esigenza di condurre un lavoro coinvolgendo in modo efficace e profondo coloro che hanno accesso ai saperi che si stanno indagando e che permettono dunque di adottare, dove necessario, un punto di vista interno alla comunità e non esterno. Nel caso specifico dell'esperienza di collaborazione con gli sportelli francoprovenzali, c'è in più il valore aggiunto di riuscire in questo modo a sfruttare anche le competenze specifiche, metalinguistiche, degli operatori coinvolti che si sono praticamente tutti laureati specializzandosi in materie linguistiche e discutendo tesi che studiavano la situazione del loro territorio proprio da questo punto di vista. Il coinvolgimento di persone formate in tal senso, capaci di coinvolgere i membri delle comunità e mantenere al contempo una visione sufficiente allargata, è peraltro la condizione fondamentale per poter realizzare un lavoro come il nostro che oltre alla documentazione e alla tutela della lingua ha anche l'obiettivo di realizzare uno strumento utile in una prospettiva di politica linguistica, vale a dire di intervento consapevole su una varietà linguistica al fine di allargarne i suoi orizzonti di impiego.
Alla luce della tua esperienza ci sono i presupposti per una connessione sempre più solida con il territorio? La comunità scientifica è disponibile?
I presupposti a mio parere ci sono tutti e, nell'ambito nel quale lavoro, quello della linguistica e della dialettologia, ci sono importanti esempi che ci precedono. D'altro canto tutti i bandi che finanziano progetti di ricerca, chiedono sempre più, anche per l'ambito umanistico, delle ricadute visibili sul territorio. Il che indirizza in modo decisivo la ricerca in prospettive che vedano il territorio sempre più coinvolto. La comunità scientifica a mio parere è andata maturando molto negli ultimi anni su questo piano. In realtà non è tutto rose e fiori, perché per esempio, non tutta la ricerca dà risultati immediatamente spendibili su un piano operativo, pur rimanendo fondamentale in una prospettiva più generale.
Quali prospettive e traguardi auspichi in tal direzione, anche grazie agli sforzi di associazioni culturali quali Chambra d'Oc?
Le prospettive nelle quali spero che si impegnino l'accademia da un lato e le istituzioni o le associazioni locali dall'altro sono quelle che devono portare a una sempre più fattiva collaborazione sul piano della realizzazione dei progetti, aumentando ad esempio la competitività progettuale, al fine di riuscire a intercettare fonti di finanziamento che permettano di supportare le ricerche e la diffusione dei risultati. Occorre, in particolare, individuare obiettivi chiari e condivisi e svolgere ognuno il proprio lavoro: da un lato l'accademia deve essere disposta a spendere parte delle sue energie nella divulgazione (lavoro purtroppo non premiante ai fini della valutazione dell'attività scientifica) e a mediare con le esigenze del territorio, dall'altra enti e associazioni dovrebbero cercare guardare all'accademia non come a un antagonista, ma come a un potenziale partner col quale condividere parte delle prospettive. Naturalmente il presupposto di fondo è la maturazione di un rispetto reciproco che non cerchi di cancellare quelli che devono rimanere approcci e obiettivi distinti (l'università deve principalmente spendersi nella ricerca e nella didattica, l'ente locale o l'associazione nella promozione di un patrimonio culturale e di una vitalità comunitaria).
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