Portiamo nella natura profonda della nostra specie la capacità linguistica, la capacità di capire gli altri e farci capire attraverso parole e frasi che abbiamo appreso da altri. Sta in questa umana attività verbale l’esigenza di un continuo adattamento dei mezzi di cui disponiamo nella comunità in cui siamo nati e ci troviamo. E l’adattamento, l’innovazione, per essere efficace deve avvenire “addentellando” (diceva Machiavelli) il nuovo al patrimonio esistente. Ciò non può avvenire altro che in funzione delle particolari condizioni di vita di ciascuna comunità umana. Il linguaggio stesso, nella universalità della sua natura, porta in sé il seme della differenza, d’una differenza permanente quanto il linguaggio stesso. Ci troviamo così a ereditare, noi umani di oggi, un immenso patrimonio di lingue diversificate tra loro.
Nei confronti del patrimonio idiomatico ereditario in una società che aspiri a essere democratica, che voglia rispettare se stessa e i singoli, ciò pone a chi ne è parte un compito unico, ma a due facce. Una faccia è garantire a tutti l’accesso e l’uso di una stessa lingua perché ci si intenda in ogni suo strato o area, in ogni sua piega e anfratto, garantendo inoltre l’accesso ad ancora altre lingue di ampia circolazione. L’altra faccia è, di nuovo, garantire a tutti la conservazione e l’uso di quegli idiomi nativi che vi siano e abbiano un ambito d’uso più ristretto. Non c’è difesa dei diritti linguistici umani che non sia assolvimento di questo duplice compito.
In molti paesi e anche in Italia la faccia rivolta alle lingue locali, dialetti o lingue di minoranza che siano, è stata a lungo negletta e perfino osteggiata dalle istituzioni. Dobbiamo alla migliore pedagogia linguistica, da Graziadio Ascoli a Giuseppe Lombardo Radice, se tuttavia anche alle lingue locali è stato concesso qualche spazio nella pratica didattica, mentre è stato lo spontaneo atteggiamento delle comunità locali di parlanti che ha salvaguardato la persistenza degli idiomi locali finché, nell’ultimo quarto del Novecento, scuola e istituzioni si sono finalmente aperte al riconoscimento della funzione e ricchezza delle lingue locali.
Non è stato un cammino facile far valere questa parte dei diritti linguistici e ancora il cammino presenta difficoltà. Valter Giuliano ha vissuto da partecipe e protagonista momenti diversi di questo cammino e ci offre qui una schietta testimonianza delle sue esperienze. E la testimonianza stessa aiuterà l’ulteriore cammino. Dobbiamo dunque accogliere con gratitudine queste pagine e la fatica che Giuliano ha messo nel comporle e darcele.
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