Della Carta europea delle lingue regionali e minoritarie in Italia non se ne parla proprio. E’ dal 1992 che si aspetta la sua ratifica; a tutt’oggi su 47 Stati del Consiglio d’Europa solo 33 l’hanno firmata e 25 ratificato questo trattato che obbliga gli stati membri a tutelare le minoranze interne.
Ora arriva una notizia dalla Francia che ci lascia stupiti: nell’assemblea nazionale francese il 28 gennaio 2014 è stata approvata, con 361 deputati a favore e 146 contro, una proposta di legge costituzionale che autorizza la ratifica della carta. Questo plebiscito traduce in concretezza, ad appena quattro mesi dalla sua adozione la “Risoluzione sulle lingue minacciate di disparizione e la diversità” del Parlamento Europeo dell’11 settembre 2013, conseguenza del rapporto dell’Eurodeputato R&PS (Régions et Peuples Salidaires) François Alfonsi, che palesemente “Invita gli Stati membri che ancora non l’hanno fatto a firmare ed a ratificare la carta delle lingue regionali o minoritarie del 1992”. Bisogna anche dire che con la confusione che regna in italia sull’argomento (basta vedere la proposta di legge della Regione Piemonte che mescola le lingue con i dialetti in un unico calderone infischiandosene allegramente della L. 482/99) non sappiamo se augurarci che l’argomento venga preso in considerazione. Nonostante i rischi di un dibattito disordinato e anche pesante ci auguriamo di si perchè con il voto Roma prenderebbe seri impegni internazionali di tutela.
D’altra parte se continuano ad ignorarla rischiano ad un certo momento di incorrere in una multa dell’Unione Europea, come sta succedendo in questi giorni con l’obbligatorietà dei pagamenti alle ditte entro 30 giorni dall’emissione di fattura. L’Unione Europea sembra intorpidita su alcuni argomenti in certi momenti, ma poi basta che qualcosa assurga a simbolo per far si che se ne parli e che l’argomento venga messo all’o.d.g.
In tutti i casi per la Francia questo voto costituisce una tappa per il rispetto della promessa n. 56 del candidato François Hollande che ora deve essere confermata dal Senato affinchè, quindici anni dopo la firma della Carta da parte della Francia, il Governo si metta a livello dello standard europeo, incluso nei criteri di Copenaghen.
lo strappo francese lascia gli altri in retroguardia: Grecia e Italia in testa. Mentre i nuovi stati che aderiscono all’Unione sono obbligati alla ratifica, ai fondatori viene lasciata la libertà di ignorare un diritto fondamentale.
Vogliamo augurare alle lingue “diversamente abilitate” quali l’occitano, il francoprovenzale, il bretone, il catalano, il basco, il corso, il germanico di avere la soddisfazione di vedere presto questo cambiamento di vedute dello Stato francese. Il cammino sarà sicuramente lento ma l’importante è che si sia scalfito il tabù del francese come lingua unica dello Stato.
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