Il Monviso, fin dall’antichità, ha catturato l’attenzione dei popoli della pianura, ispirando scrittori, scienziati ed artisti ma è solo nel corso dell’Ottocento, con la diffusione della pratica alpinistica, che divenne un obiettivo ambito degli scalatori. E' la metà del XIX secolo, quando la montagna diviene una meta: una conquista da far propria per studio e diletto, in una sorta di virtuosismo culturale, scientifico e atletico, riservato alle classi sociali cittadine più agiate o ad eccellenti studiosi e letterati. Fu una tendenza di stampo romantico che accompagnò sulle Alpi gli studiosi del nord Europa che intraprendevano il Viaggio in Italia, il Grand Tour, tra visite ai luoghi dell’arte e rilevazioni di tipo naturalistico: menti poliedriche che fusero competenze artistiche e scientifiche con la passione per i territori alpini. La supremazia alpinistica straniera sulle cime di casa propria diffuse un sentimento di emulazione misto a rivalsa, soprattutto tra gli intellettuali della borghesia e nella classe politica italiana. L’onere e la responsabilità del "riscatto" nazionale furono assunti nel 1863 da Quintino Sella, motore trainante della prima spedizione tutta italiana in vetta al Monviso.
L’interesse per l’alpinismo mutò la sorte delle valli, offrendo nuove opportunità di lavoro e sviluppo: così i giovani alpigiani, esperti conoscitori dei propri territori, si scoprirono detentori di un sapere unico e prezioso, che diventò essenziale per i touristes interessati a scalare le vette di casa. I rapporti con gli alpinisti e i ricercatori del tempo (geologi, naturalisti, botanici, ecc.) modificarono il loro legame con la montagna e con la consapevolezza delle proprie capacità e professionalità arrivò l’età dell’oro delle Guide Alpine. Seguirono momenti bui di vuoto generazionale durante le due guerre mondiali e poi, finalmente, la rinascita con le Guide di oggi: conoscitori preziosi delle terre alte, appassionati e generosi animatori del Soccorso Alpino. Oggi le Guide Alpine sono esperti professionisti della montagna e dell'ambiente alpino, testimoni acuti e attenti delle modificazioni climatiche capaci di accompagnare in sicurezza gli alpinisti di oggi e di formare quelli di domani sulle vette delle Alpi e all'intima conoscenza di se stessi: forse la vetta più importante.
Ecco allora oggi gli uomini della Montagna Simbolo: il Gruppo delle Guide Alpine del Monviso.
Hervé Tranchero, Capogruppo delle Guide del Monviso (fig. 1-1bis). Hervé scrutò per la prima volta la sontuosa piramide del Monviso da San Bernardo di Verzuolo, aveva 11 anni e si chiese: «chissà se un giorno riuscirò a salire lassù?» Allora, non poteva certo presagire che di quel Monviso sarebbe diventato lui stesso un punto di riferimento: dapprima come alpinista, Consigliere del C.A.I. Saluzzo e Ispettore dei rifugi e successivamente come Custode del Quintino Sella. La passione per l’escursionismo divenne ben presto alpinismo vero, tecnico, che desiderava le salite più impegnative e le prime. Così nel 1967 Hervé, con Livio Patrile, era pronto per tentare la prima salita invernale sulla parete ovest del Monviso: l’occasione buona arrivò il 25 marzo, pochi giorni dopo l’inizio della primavera, tuttavia l’innevamento abbondante di quell’anno non lasciava dubbi sul valore invernale dell’impresa, culminata con un pernottamento in vetta. Di lì a pochi anni il tempo per le salite si sarebbe ridotto a discapito del lavoro al Quintino Sella, di cui è custode dal 1977. Per lavorare all’ampliamento della costruzione, infatti, Hervé rinunciò al Monviso per 5 anni consecutivi: le sue ascensioni al Monviso sono state poco meno di 300, spalmate su 13 vie: a mancare all’appello è soltanto l'impegnativa Diretta al Triangolo. La sua gestione quarantennale è un traguardo da condividere con la moglie Germana. L’indiscutibile esperienza accumulata da Hervé non sconfina mai nella spavalderia: «L’errore più grande in montagna è non avere paura, ed è un errore che si paga caro».
Pier Paolo Civalleri, Guida e sciatore (fig. 2). Nato e cresciuto a Verzuolo «negli anni in cui l’alpinismo era una cosa sentita», con Genovese, Colombero e Tranchero nel ruolo di grandi trascinatori. La Montagna divenne «più una passione che un mestiere», che lo portò a compiere lunghe traversate sciistiche tra le Alpi e il Delfinato, a seguire i corsi di alpinismo per il CAI, a tracciare percorsi e divulgare gli itinerari in quota. Fin da ragazzo, Paolo è membro del Soccorso Alpino: «credo nel Soccorso Alpino come esperienza di formazione tecnica e umana, durante la quale si impara dai più bravi e si instaurano rapporti forti» continuando a credere nel potenziale della professione di Guida Alpina come impegno totale: «se dovessi dare un consiglio ai giovani che si affacciano a questo mondo, direi loro di impegnarsi a fare le Guide come impegno a tempo pieno. Solo così è possibile trovare l’energia e la motivazione per affermarsi come autentici professionisti: sono finiti i tempi in cui si aspettava la telefonata del cliente per compiere l’ascensione, oggi si lavora su programmi, occorre promuoversi, essere innovativi, disposti a spostarsi sui molti scenari mondiali dell'alpinismo».
Giancarlo Fenoglio, Guida di valle (fig. 3-3bis). «Da ragazzini guardavamo Ernesto Bano in Piazza a Crissolo, ci sembrava un Dio». Giancarlo è stato fortemente legato al paese di Crissolo fin dall’infanzia, trasportato da una crescente passione per la montagna, che divenne pian piano vero alpinismo: «quando ho iniziato il praticantato da Geometra a Saluzzo, sono venuto a vivere a Crissolo e ho iniziato a frequentare l’alta montagna al seguito di alcuni amici-guida, come Eugenio Testa, che mi ha portato con sé sul Bianco e sul Rosa». Tra le diverse sfumature che la professione è in grado di offrire, Fenoglio prese la strada della Guida di valle: «paradossalmente è più facile essere una guida a tempo pieno a Torino che non a Crissolo. In città tutte le montagne sono quasi ugualmente vicine. In montagna, al contrario, dobbiamo affrontare lunghi spostamenti, oppure coniugare la professione con altri mestieri». Un percorso simile alle prime guide del Monviso, anche se geometra, anziché pastore o cacciatore: «Il vantaggio è che quando faccio la Guida, lo faccio con autentica passione. Nei primi anni prediligevo i clienti fisicamente più prestanti, oggi apprezzo lo sguardo e l’interesse. Amo accompagnare in montagna muratori e carpentieri; sulle pietre, si muovono con una particolare grazia e leggerezza, quasi come ballerine».
Marco Curti, nel solco della Guida Alpina Antonio Reynaud Rigadin (fig. 4-4bis). L’abilitazione a Guida di Marco assunse fin da subito il valore del recupero della tradizione familiare dei Rigadin (Antonio Reynaud padre e figlio, abili Guide Alpine e fondatori dell’Albergo Club Alpino a Crissolo): reinterpreta dunque, in chiave moderna, il binomio Guida alpina-albergatore, per di più nella cornice della stessa struttura ricettiva: «credo fermamente nel potenziale immenso di Crissolo e nella sua particolare vocazione al turismo per famiglie». Marco è oggi Tecnico di elisoccorso e Istruttore Nazionale dei tecnici del Soccorso Alpino, una qualifica che conta pochissimi abilitati in Italia: «la mia grande fortuna è che, svolgendo anche altre attività, quando faccio la Guida in montagna, lo faccio con autentica passione». La figura di Guida Alpina di riferimento all’interno dell’albergo dei Rigadin è un valore aggiunto: «chi arriva per salire il Monviso, solitamente, è già organizzato. I clienti dell’albergo che scelgono Crissolo come vacanza, tuttavia, apprezzano di potersi far consigliare da una Guida per le loro escursioni».
Alberto Fantone (fig.5-5bis). Giovane carismatico, è il cit del Gruppo: aveva 22 anni al momento del conseguimento del titolo ed è stata la Guida Alpina più giovane d’Italia. Per Alberto il mestiere di Guida è un’occupazione totalizzante, declinata nelle più svariate applicazioni: «non lavoro solo nell’accompagnamento, lo troverei monotono e pericoloso; nei comportamenti ripetuti può calare il livello d’attenzione». Si occupa di formazione per la sicurezza dei lavori in fune, è consigliere del Collegio Regionale Guide Alpine e Istruttore Nazionale del Soccorso Alpino, incarico che lo porta a frequenti spostamenti: «la cosa bella è che in questa zona non c’è differenza tra Volontari del soccorso e Guide Alpine. Di fronte all’emergenza la chiamata è rivolta a chi è in zona e disponibile, sia esso una Guida o un Volontario soccorritore». I primi passi sulla roccia sono stati quelli di ogni ragazzo in valle: con uno zio esperto salì la prima volta sul Monviso poi, sempre più spesso, al seguito delle Guide locali. Oggi è lui stesso a tenere corsi di roccia e freeride, particolarmente apprezzati dai giovani: «da ragazzino ho fatto alcune salite al rifugio Sella e mi è capitato di vedere arrivare Christophe Profit, tra i più grandi scalatori degli anni Ottanta. Aveva una camicia a quadretti e mi chiese con cortesia dove passasse il sentiero per il Monviso. Ho visto in lui l’umiltà dei grandi alpinisti».
Nel prossimo numero le altre Guide del Monviso per completare gli uomini che vivono la passione per la Montagna Simbolo.
DIDASCALIE
FIG. 1 Hervé Tranchero - Capogruppo delle Guide del Monviso
FIG: 1bis Hervé Tranchero - In vetta al Monviso - Archivio Tranchero
FIG. 2 Pier Paolo Civalleri - Nepal 2003 - Archivio Civalleri
FIG. 3 Giancarlo Fenoglio - In ascensione - Archivio Fenoglio
FIG. 3bis Giancarlo Fenoglio - In vetta al Monviso - Archivio Fenoglio
FIG. 4 Marco Curti - 2013 Rievocazione della prima ascensione italiana al Monviso
FIG. 4bis Marco Curti - In vetta al Monviso - Archivio Curti
FIG. 5 Alberto Fantone - 2013 Rievocazione della prima ascensione italiana al Monviso
FIG. 5bis Alberto Fantone - In azione su roccia
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