I video sono pubblicati in visione libera al fondo di questo articolo.
Un tempo c'era chi risaliva il Po per racchiuderne l'acqua in un'ampolla. Si trattava di un rito vero e proprio, che dava il via alla “Festa dei popoli padani”. Una motonave solcava l'acqua del fiume fino a Venezia. Là l'ampolla veniva vuotata, il rito era compiuto. Un insieme di gesti e cerimonie recenti, che a quanto pare negli ultimi anni è stato abbandonato e forse non si ripeterà mai più, ma che colpiva e impressionava anche il semplice spettatore (o telespettatore) e non solo chi aderiva al movimento politico che ne era il promotore. Non a caso: l'intero sistema mitico-simbolico era stato concepito da un antropologo nepalese, ovviamente dietro una commissione. Aveva messo insieme simbolismi e ritualità di ispirazione celtica e orientale, per dare risalto al fiume Po, pensato come una sorta di Spirito che attraversa e dà vita al territorio. Un chiaro esempio di invenzione della tradizione (nel senso – lasciatemelo dire – peggiore del termine).
Ma qual è il senso di questa insolita introduzione? Nel mio piccolo, senza seguito e bandiere, anch'io ho risalito la Valle Po. Se devo essere sincero, non ho badato granchè al fiume, anzi. Spinto dalla Chambra d'Oc e dall'Unione dei Comuni della Valle Po, ho cercato dei racconti, delle “tracce”, “voci e memorie” del territorio. Non ho faticato a trovarle. Non mi sono dovuto inventare niente, al massimo ho dovuto fare un po' di selezione, con buona pace dell'antropologo nepalese. Il merito non va a me, ma ai testimoni, alle persone che ho incontrato e che mi hanno regalato un po' del loro tempo. Ho sistemato la camera e il microfono, e sono stato ad ascoltare.
Il lavoro è di fatto diviso in due parti, che hanno coinciso all'incirca con due diversi giorni di riprese. Il primo ha visto la grande partecipazione di Sergio Beccio e Rosina Peiretti. Sono stati loro a indirizzarmi verso le storie, a scegliere quelle che ritenevano più significative, a contattare altri testimoni, a portarmi sui luoghi... chi legge penserà che l'elenco è lungo abbastanza, ma si sbaglia: devo ammettere che Sergio ha fatto anche il fonico! Con ottimi risultati, tra l'altro.
Rosina ha raccontato la storia delle Fantine di Roccabianca. Chi erano? Mitiche donne selvagge e pelose che vivevano là, tra le pietre della Rocciabianca, non lontano da Oncino. Esseri che sostituivano i neonati degli umani con i propri. Creature che segnavano un confine terribile, spaventoso, di cui tutti erano intimoriti: in fondo il confine tra natura e cultura, quel confine sottile su cui da sempre l'uomo ricama miti e leggende, trasmettendole di generazione in generazione. Rosina si è fatta splendida interprete di questo racconto. Io ho provato a creare un'atmosfera sospesa e un po' sospettosa, tra il mitico e il reale, grazie all'uso di suoni e musiche in montaggio.
Con Rosina e Sergio siamo andati alla borgata Eretta di Paesana. Al centro del video un dipinto del pittore Jòrs Boneto, nato nel 1746 in una piccola borgata di Pratoguglielmo. Credo si tratti di una Mistà tra le più complesse realizzate nelle nostre valli occitane. Raffigura la Passione di Gesù in ogni sua tappa, arricchita dall'immaginario dell'epoca e dal gusto naïf del pittore. Rosina, insieme a Sergio, ha partecipato all'edizione di un testo dell'Istituto di Cultura Alpina proprio sul Boneto, e per questo veste i panni di una guida seria e competente.
A Crissolo abbiamo incontrato Aldo Perotti. Due passi nel borgo di Crissolo, e di fronte ad un Monviso in tutto il suo splendore (per chi lo considera come tale in una giornata con il sole e senza nuvole) Aldo ha condiviso un suo ricordo da bambino, in particolare un racconto tramandato in famiglia durante le veglie d'inverno. E' la storia di una scommessa fatta da suo nonno, guida storica del Monviso. Un'occasione per riflettere sul rapporto tra Crissolo e la montagna, ieri ed oggi.
L'ultimo appuntamento con la coppia Sergio e Rosina l'ho avuto ad Oncino, dove oltre alla solita Rosina abbiamo coinvolto davanti alle camere anche Gianni Allisio e Fredo Allisio. Siamo entrati nel cortile de “Las Maisons dal Cucù”, una casa del tutto “particolare”, anche se definendola particolare si rischia di sminuire quel che è. L'abitazione di sei fratelli, tutti preti, tutti di nome Barreri, tutti vissuti ad Oncino tra il 1690 e il 1730. Per forza di cose il pensiero va subito ad un'epoca in cui quei luoghi erano ben più vivi e abitati di oggi. Anche questa è un'operazione di memoria.
Terminate le riprese con Sergio e Rosina, ho raggiunto Giacomo Lombardo ad Ostana, il luogo dove – forse è bene dirlo – mi sento più a casa in Val Po da quando ho seguito la Scuola di Cinema con Fredo Valla e Giorgio Diritti. Giacomo, che oltre ad essere sindaco del paese è sempre stato uno che le storie sa raccontarle, e bene, mi ha accolto verso sera, dando così ai suoi video una luce ed un sapore diversi dagli altri. Due video sono girati presso il municipio di Ostana. Uno di questi racconta proprio come al posto dell'edificio del comune un tempo vi era un mulino. Giacomo va indietro negli anni e ritrae la vita che ruotava attorno ad una delle attività più importanti del paese. Nel secondo video i ricordi vanno invece ai “Tempi balordi”, quelli della seconda guerra mondiale, quando ogni scelta aveva un rischio, quando ci si nascondeva al riparo delle bombe, quando si era vittime di qualcosa di più grande, forse di qualcosa di incomprensibile. Giacomo racconta un episodio che vede come protagonista il papà, ai tempi in cui lui era soltanto un bebè. Lo stesso papà è il protagonista di una parte del video ambientato nella penombra del sentiero che dalla Villa va a Ciampagna. Un luogo a metà tra due borgate, via di comunicazione e di incontro, una strada che talvolta poteva offrire un suo lato misterioso (luogo delle masche??).
È così che, con sette video, ho percorso un po' di “tracce” qua e là, raccogliendo “voci e memorie”.
Le tracce sono tante, e noi continuiamo a produrne altre. Ogni giorno produciamo nuove tracce. Ma a volte – quel che scrivo avrà un sapore di retorica ma non vedo come esprimerlo altrimenti - è bene guardare indietro, capire chi e cosa ci ha preceduto, per non perderci, per scegliere quali tracce continuare a percorre, quali lasciarci alle spalle. La lingua è l'anima di queste tracce. E' lei che contiene le voci, che contiene le memorie. Un ruolo tanto più forte tanto più è legata al territorio. Per questo ogni video è in lingua occitana: è lei la lingua che fino ad oggi ha lasciato le sue tracce in Val Po. Tocca a noi continuare a seguirle, e tracciarne altre. Se lo faremo onestamente sarà difficile inventarsi del tutto una tradizione. Sarà più facile darne voce e fondarne un'altra.
I video sono prodotti dalla Chambra d’oc per l’Unione Montana dei Comuni del Monviso e sono stati presentati nel corso di lingua occitana a Paesana e a Crissolo, devono ancora essere presentati a Oncino sabato 23 giugno alle ore 15,30 ed a Ostana sabato 30 giugno alle ore 15,30.
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