ogni armonia crea amore…noi salimmo ai monti per cercare quell’armonia e recarla agli altri uomini e trasformarla in amore…mi balenò imperiosa alla mente la vocazione: mi sarei fatto pastore, pastore di montagna!”
Guido Rey - Lettera a Ettore Zapparoli 14 marzo 1932
Introduzione
Il Monviso, con la sua maestosa forma piramidale e i 3841m. di altezza, fin dall’antichità ha catturato l’occhio dello spettatore e la penna degli scrittori ma è solo nel corso dell’Ottocento, con la diffusione della pratica alpinistica, che diventa obiettivo degli scalatori. Così, mentre il primato di vetta spettò agli inglesi, qualcosa si mosse nelle valli del Monviso: la frequentazione delle terre alte per diletto e studio stava offrendo un’opportunità di lavoro e sviluppo alla popolazione del luogo, che si fece ben presto protagonista della storia.
Obiettivo del volume è pertanto quello di ricostruire i volti e le storie dei primi valligiani che fecero dell’accompagnamento in montagna un mestiere, prima ancora che la guida alpina diventasse una vera e propria professione e rapportare quella storia con la professione delle guide alpine contemporanee fino alla rielaborazione del mito, rivisto in chiave moderna, di Crissolo: il paese delle Guide del Monviso.
Inquadramento storico
Per i popoli della montagna le Alpi non sono mai state barriera o frontiera, erano punto di sostentamento con le attività della caccia e dell’agricoltura, congiunzione con i popoli alpini di oltre confine, di scambio commerciale e culturale continuo, di emigrazione alla ricerca del lavoro: tanti buoni motivi per imparare a percorrerle queste montagne e le genti alpine appresero rapidamente a conoscere i passaggi e le tecniche di sopravvivenza sulle alte terre.
La fase storica da cui prende avvio il lavoro è il XV secolo, gli anni della costruzione del Buco di Viso, simbolicamente momento di avvio di una comunicazione transfrontaliera organizzata e istituzionalizzata ma è il XIX secolo, il momento in cui si costruisce questa grande storia: quando la montagna cessa di essere ostacolo e diventa meta dell’alpinismo, una conquista da far propria per diletto e studio, in una sorta di virtuosismo atletico e di stile riservato alle classi sociali più agiate, dagli esponenti del clero, ai più eccellenti studiosi e letterati.
È una tendenza di stampo romantico che invade le Alpi insieme agli studiosi del nord Europa che intraprendono il Viaggio in Italia (Le Grand Tour), tra visite ai luoghi dell’arte e rilevazioni di tipo scientifico: menti poliedriche che fondono competenze scientifiche a una nuova passione per le terre alte. Più che fra gli abitanti delle Alpi, soprattutto tra gli intellettuali della borghesia e nella classe politica italiana, tuttavia il primato alpinistico straniero sulle cime di casa propria, diffonde un sentimento di emulazione misto a rivalsa: “Tornando all'articolo dell'Alpine Journal, vi dirò ancora, che io son fra quelli che vedono sempre con grande, anzi con immenso piacere che gli stranieri visitino l'Italia nostra; […]Però, ciò che stento ad ingollare è che essi studino e conoscano il nostro paese meglio di noi. […] Badate: quando io vedo uno di quei bei lavori del Ball, o del Whymper, o del Tuckett, o del Churchill e Gilbert, o del Freshfield, per dire degli inglesi soli, che rivelano a noi le inesplorate bellezze di questa terra, che ci è patria; allora io mi sento arrossire sino alla cima delle orecchie” (G. Marinelli, Una Visita alle sorgenti del Livenza, Torino, Tipografia Editrice Candeletti, 1877).
L’onere e la responsabilità del riscatto nazionale furono assunti da Quintino Sella, nel 1863 Ministro delle Finanze e motore trainante della prima spedizione tutta italiana in Vetta al Monviso. Nella lettera indirizzata a Bartolomeo Gastaldi, pur celebrando l’impresa e auspicando la diffusione dell’alpinismo tra i giovani, il Ministro non può esimersi dal riconoscere il primato britannico anche sul Monviso: “Ma vedi la forza del pregiudizio: il Monviso era da tutti i touristes, da tutti gli arditi alpigiani che ne vivono ai piedi dichiarato affatto inaccessibile. Ed è singolare che per tanti secoli non se ne tentasse neppure la salita, mentre vennero montate parecchie cime meno rimarchevoli, e che io giudico assai più difficili. […] Era riserbata alla costanza ed all’ardire di un inglese la gloria di essere il primo a salirla” (Q. Sella, Una salita al Monviso - Lettera di Quintino Sella a B. Gastaldi segretario della Scuola per gli Ingegneri).
Contestualmente, lontano dai circoli intellettuali dove si alimenta lo studio scientifico, la letteratura e il dibattito sui temi della montagna, l’interesse per l’alpinismo muta silenziosamente la sorte delle valli, offrendo nuove opportunità di lavoro e sviluppo: così i giovani alpigiani, esperti conoscitori dei propri territori, si scoprirono detentori di un sapere unico e prezioso, che diventò essenziale per i touristes interessati a scalare le vette di casa loro.
Da pastori e cacciatori che erano, divennero guide alpine e portatori e poi a loro volta conoscitori profondi delle Alpi, il rapporto con i touristes e gli studiosi del tempo modificarono anche il loro approccio filosofico alla montagna, non più un fatto puramente fisico ma, per alcuni, anche di equilibrio psico-fisico e di approfondimento esistenziale sulle motivazioni che spingono gli uomini verso le cime. Da questo nuovo profondo cambiamento il titolo del volume: Pastori di Montagne, in un rapporto quasi mistico di conoscenza e di introspezione verso questo universo appena scoperto capace di modificare socialmente ed economicamente le vite degli abitanti delle valli del Monviso.
Obiettivo, risultati e fonti della ricerca
Prima che la guida alpina diventasse una vera e propria professione, molti ragazzi delle valli Po e Varaita, di cui oggi abbiamo limitate informazioni, furono protagonisti di importanti ascensioni; di tal Michele Re di Paesana, che nel 1874 aveva già compiuto 18 ascensioni al Monviso, si conosce ben poco, così come dei giovani varaitini al fianco dello stesso Sella: “E sono Gertoux Raimondo di Casteldelfino, borgata del Puy, già soldato ed oggi, a momenti perduti, fortissimo cacciatore di camosci; Bodoino Giuseppe, anche di Casteldelfino, e parimenti antico soldato, ed Abbà Gio. Battista, contadino di S. Robert a Verzuolo” (Q. Sella, Una salita al Monviso - Lettera di Quintino Sella a B. Gastaldi segretario della Scuola per gli Ingegneri).
Attraverso l’analisi delle fonti, delle cronache del tempo e della raccolta del patrimonio fotografico ed epistolare ritrovati negli straordinari archivi del Museo Nazionale della Montagna e della Biblioteca Nazionale del CAI di Torino, negli archivi dell’ASTUT (Archivio scientifico tecnologico dell’Università di Torino), della Deputazione Subalpina di Storia Patria, della Sezione Monviso del CAI di Saluzzo, del Parco del Monviso, negli archivi parrocchiali, comunali, di ricercatori e fotografi locali e infine presso i discendenti delle Guide, si sono potute ricostruire queste figure di montanari e alpinisti.
Si tratta di una storia parallela tra evoluzione socio-economica di un territorio, modificazione delle motivazioni e dei modi di andare sulle Alpi ed è infine una storia umana di molte generazioni di guide che sono state riferimento dei saperi della montagna. Abbiamo ritenuto importante rappresentare questo quadro complessivo che oltre a raffigurare una lunga storia di passioni e passione per la e de montagna può indicare e suggerire quali potranno essere le strade del futuro e stimolare una discussione approfondita sui territori alpini del Monviso. E’ l’avvio di una ricerca che può ricevere in futuro ulteriori e significativi contributi dalla conoscenza del patrimonio diffuso, pubblico e privato, presente nei territori alpini del Monviso
I nomi dei giovani valligiani impegnati nel mestiere di portatore e guida sono stati individuati attingendo alle cronache locali, alle relazioni di salite trasmesse ai giornali o nella corrispondenza tra privati. I nomi così individuati hanno trovato riscontro nei registri parrocchiali e nei libri di stato civile (solo per il periodo successivo al 1866), sono state verificate le omonimie, per stabilire l’età e risalire alle rispettive famiglie. Scopo dell’indagine è stato quello di ricucire notizie di diversa provenienza per ricostruire i volti, le storie personali e delle comunità di appartenenza di questi alpinisti; laddove possibile, si è dato spazio alla testimonianza dei discendenti, con puntuali videoregistrazioni che saranno oggetto di ulteriori elaborazioni.
Anche l’analisi dell’evoluzione urbanistica di Crissolo e della rete viaria dell’alta valle Po sono state preziose per ricostruire le vicende dell’alpinismo essendo la storia delle attività commerciali, ed in particolare degli alberghi, legata alle figure degli albergatori-guide alpine e alla complessiva evoluzione sociale di Crissolo come paese delle Guide Alpine del Monviso. Il volume ripercorre la storia dell’alpinismo locale a cavallo tra due secoli, fino alla contemporaneità. Sono naturalmente comprese in questa lunga successione temporale di immagini, anche le guide alpine del Monviso contemporanee, che hanno testimoniato l’evoluzione del mestiere di guida con l’evolversi della tecnica e della tecnologia ma sempre in relazione ad una passione incrollabile verso la montagna.
Gruppo di lavoro
Il gruppo di lavoro e di ricerca è costituito dalla dott.ssa Caterina Morello, giornalista e ricercatrice, dall’Architetto Stefano Beccio, dal Geom. Marco Bovero, dal sig. Hervé Tranchero, responsabile e Capo-Guida del Gruppo delle Guide Alpine del Monviso della Valle Po e Varaita e gestore per alcuni decenni del Rifugio CAI “Quintino Sella”, con il coinvolgimento delle Guide Alpine del Monviso e dell’associazione isca (istituto superiore di cultura alpina di Ostana).
Il volume, composto da 448 pagine di formato 240 mm x 270 mm, rilegato in brochure ed edito da Graph Art di Manta, (prezzo di copertina 25,00 €) è anche corredato da immagini panoramiche a colori in doppia pagina, riprese con tecniche orbicolari per rendere la complessità e la bellezza dei paesaggi e degli ambienti che rappresentano questa montagna divenuta da poco un’importante area protetta regionale con la denominazione di Parco del Monviso.
I testi sono in versione bilingue (italiano e inglese) allo scopo di produrre uno strumento utile per il lavoro di divulgazione, conoscenza, studio e ricerca che le nuove tecniche del turismo e dell’ospitalità, oltre che della cultura, impongono, perché i territori diventino veramente stimolanti, capaci di parlare alle nuove sensibilità del mondo.
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