L’inaccessibilità del Monviso e le nefaste conseguenze che avrebbero colpito chi avesse osato violarne i limiti erano le temibili conseguenze che la superstizione minacciava agli ardimentosi che avessero voluto salire la montagna.
“Per lungo tempo serbò pessima rinomanza, perché dà pastori, usi a condurre le mandrie per gli estremi pascoli, dicevasi che male incoglierebbe a chi temerario ne salisse la vetta. A questa nomea forse ed agli scoscesi dirupi ed al continuo rovinìo di massi debbesi accagionare se nessuno degli alpigiani si fé ardito ad ingolfarsi in quelle orride gole e scalare gli spacchi e le guglie che ne frastagliano l’arduo picco”1.
L’estraneità degli alpinisti inglesi a tale contesto culturale costellato di leggende, superstizioni e maledizioni, rappresentò un fattore di indubbio vantaggio: liberi da ogni condizionamento, dovettero affrontare esclusivamente le difficoltà oggettive della montagna. La conquista della vetta offrì ai più ambiziosi la possibilità di pianificare con razionalità una salita al Monviso: nella percezione comune, la vetta entrò a far parte dello spazio umano con l’impresa di Quintino Sella e la posa dei primi simboli della religione: per grazia di Dio e volontà della Nazione, l’uomo poteva ora legittimamente ambire a scalare il Monviso.
La Croce
Il 1° settembre 1896, dopo la benedizione rituale ricevuta in San Rocco a Crissolo e una notte di salita condotta nonostante il maltempo, Antonio Gilli e Claudio Perotti, supportati da sei giovani portatori, raggiunsero la vetta del Monviso e si adoperarono al montaggio della grande croce metallica, alta sei metri e larga due metri e mezzo, ideata dall’ingegnere Giuseppe Gastaldi di Torre Pellice. Alla base venne collocato un medaglione, dell’altezza di un metro e mezzo, raffigurante la Madonna Immacolata, opera dello scultore Callisto Gastaldi. La Croce e il medaglione furono benedetti l’estate seguente da Don Lantermino, in occasione della sua terza S. Messa di vetta, il 5 agosto 1897. (FOTO 1)
L’operazione di evangelizzazione continuò in occasione dell’anno giubilare. Nel 1900 venne costituito il comitato per l’erezione di un monumento al Cristo Redentore sul Monviso: grazie alle offerte raccolte sul territorio diocesano e al contributo dell’istituzione stessa, il grande medaglione fu realizzato nell’estate 1901 e inaugurato in vetta il 28 luglio, al termine di un lungo pellegrinaggio partito da Crissolo. In questa occasione venne ricollocata in vetta dall’intrepida Guida Perotti anche la Croce, precedentemente smontata e trasportata a braccia a Crissolo per la riparazione dei danni conseguenti alle intemperie.
Non dovette passare molto tempo perché la grande croce tornasse a far parlare di sé. Il 26 dicembre 1905, durante un’intensa nevicata, un gruppo di guide locali giocava alle carte nella locanda Monviso di Domenica Michina Gontero Serviteur. Complice la lunga serata di osteria, i fedeli amici Antonio Gilli e Claudio Perotti, in compagnia di Domenico Putto, si dichiararono capaci di salire il Monviso in condizioni invernali e di ritornare in paese prima di Capodanno: il premio della scommessa sarebbe stata una lauta cena da consumarsi da Michina prima della fine dell’anno. Contrariamente a quello che avrebbero potuto pensare i compaesani, l’idea sopravvisse all’euforia della serata e, il mattino seguente, i tre si misero in marcia.
Giunti in cima al termine di una salita durata probabilmente due giorni, le guide si trovarono sprovviste di qualsivoglia strumento utile a dimostrare in maniera inconfutabile l’impresa compiuta. Ai tre non rimaneva altro che quella Croce che Perotti e Gilli già conoscevano bene, avendo partecipato alla posa in vetta pochi anni prima. Così, il pomeriggio del 30 dicembre, comparvero in paese portando la grande Croce che trovò ricovero invernale nella Cappella di San Rocco, alla Villo di Crissolo, per tornare al suo posto solo a primavera. Accolta con stupore e ammirazione dai compaesani, questa curiosa rappresentazione di Cristo e il Cireneo fu festeggiata andando ben oltre i quattro conigli e le dodici bottiglie di buon vino pattuite nella scommessa.
Costantemente esposta alle intemperie, la Croce andò progressivamente deteriorandosi, rendendo necessari numerosi interventi di manutenzione straordinaria. Tra i tanti, si racconta che, nell’estate 1900, Claudio Perotti e Mario Ceradini trovarono la croce abbattuta da un fulmine e cercarono invano di risollevarla, poco prima di cimentarsi nella prima discesa lungo la parete Est. (FOTO 2)
Nel 1925, una successione serrata di eventi mondani celebrarono il casato sabaudo a Racconigi, cittadina della pianura ma assoggettata al fascino della grande montagna che ne incornicia l’orizzonte2. Al Giubileo Cristiano andò sommandosi il Giubileo Reale, proclamato per festeggiare il venticinquesimo anniversario di Vittorio Emanuele III ed Elena di Montenegro sul trono del Regno d’Italia, la maggiore età di Umberto II e le nozze di Mafalda con Filippo d’Assia.
Tutto questo accadeva sotto il pontificato di Pio XI, il Papa alpinista: quale ricorrenza più adeguata, per portare un simbolo della città regale sulla regina delle cime? Una nuova croce in acciaio, dell’altezza di quasi tre metri, fu realizzata dalla Ditta Luigi Tribaudino e Figli di Racconigi e trasportata in vetta da una ventina di prestanti giovani appartenenti ai Circoli Giovanili Cattolici Fides et Ardor e Sensus veri, saliti a Crissolo con l’autocarro messo a disposizione dal Calzaturificio Eula.
Le scarne cronache dell’epoca attestarono, con una prosa tipica del ventennio, la partecipazione di Claudio e Giovanni Perotti in supporto alla spedizione organizzata dai parroci Carpano e Garavini, di Racconigi. Nelle settimane seguenti, la Gazzetta di Saluzzo raccontò: “E nell’immenso, profondo, solenne silenzio alpino, per mano del teologo Carpano e teologo Garavini, su quella cima impervia, salì a Dio la preghiera dell’Altare per le cristiane desiate fortune della Patria, a sicurezza della quale vegliano la roccia sicura e la Croce propiziatrice”3. (FOTO 3)
Danneggiata da un fulmine nel 1956 e immediatamente restaurata, la Croce fu nuovamente portata a valle, questa volta in elicottero, in occasione del Giubileo del 2000, con il prezioso supporto delle Guide e del Soccorso Alpino locali e un importante contributo economico della Diocesi di Saluzzo. Fu ricollocata in vetta dopo circa un mese, arricchita dal medaglione Giubilare dono del Vescovo Diego Bona. In quell’occasione venne fatta una grande pulizia attorno alla vetta del Monviso, con la raccolta di oltre due quintali di immondizia portati a valle dall’elicottero.
Prelati alla corte del Re
Fin dagli albori dell’alpinismo, le ascensioni furono sostenute da una componente spirituale, che attirò teologi e pensatori. Sul Monviso, le grandi imprese del reverendo Coolidge furono insignite di imperitura memoria con l’intitolazione del maggiore ghiacciaio della montagna e di un couloir della parete nord. Il teologo americano aprì infatti due importantissime vie, entrambe nell’estate 1887: alla parete nord del Monviso, ascesa con le Guide Almer, e al picco centrale del Visolotto, che porta anch’esso il suo nome.
Molto numerosi, seppur legati a imprese meno eclatanti, sono stati gli uomini del clero italiano che hanno raggiunto la vetta, a partire da Padre Francesco Denza, salitore del Monviso a fianco di Cesare Isaia.
Ancora prima, una bufera di neve impedì al futuro San Leonardo Murialdo di aggiudicarsi il merito di primo italiano sul Monviso, nel luglio 1862. Il fondatore dell’Ordine dei Giuseppini e degli Artigianelli poté raggiungere la cima soltanto nell’estate 1864 in compagnia del fratello: risulta, in ogni caso, il primo Santo in vetta al Monviso.
Nello stesso anno, anche due intrepidi parroci valligiani si cimentarono nell’impresa: Don Carlo Galliano di Casteldelfino, al seguito della prima cordata femminile Boarelli-Fillia, il 16 agosto, e Don Raimondo Garneri di Villar Sampeyre, il 19 agosto.
Nel 1923 fu la volta del Beato Pier Giorgio Frassati, accompagnato dall’amico e Guida Paolo Gilli e dal medico condotto di Paesana, dottor Gallo. Ammaliato dalla montagna in generale e, in particolare, dell’ascensione al Monviso, non mancò di raccontare l’impresa ai familiari e amici più cari.
Mon Viso, 26 luglio 1923
Alla Madre
Di ritorno dal Mon Viso asceso per la parete Sud (senza corda) sotto l’ottima guida del mio amico Paolo Gilli invio mille baci.
Pier Giorgio4
Proprio di ritorno dal Monviso venne scattata dall’amico Paolo Gilli, la fotografia utilizzata nel 1990 per celebrarne la Beatificazione. Allo scopo, lo sfondo aspro delle pareti rocciose fu sostituito con un nevaio, risultando più dolce e consono al modello di Beato come uomo di tutti. L’immagine originale, si trova riprodotta anche nel monumento basale della croce al Viso Mozzo. (FOTO 4 e 4 bis)
Le Guide del Monviso a Roma
Ricordiamo infine la scalata al Monviso di Monsignor Achille Ratti, il 9 agosto 1898, sigillo di un legame che, molti anni dopo, porterà le guide alpine crissolesi in visita alla Capitale. A accompagnare Achille Ratti fu la Guida Giovanni Genre Doga costruttore con il fratello Raimondo dell’Albergo Rifugio del Pian del Re nel 1874. (FOTO 5)
Nell’autunno 1929, il C.A.I. organizzò una gita a Roma per le sue Guide Alpine e, ovviamente, la notizia arrivò in breve tempo anche a Crissolo. Le Guide di Crissolo parteciparono in gran numero, liete di tornare a stringere la mano a quel Papa alpinista, amico del Monviso. La presenza delle Guide Alpine nella capitale non passò certo inosservata per via dell’abbigliamento, delle dotazioni e, forse, anche per l’andatura tipica di chi non è abituato a passeggiare in città. Nei giorni immediatamente successivi, la Gazzetta del Popolo dedicò all’evento un articolo e una sequenza di otto caricature; ad aprire la carrellata due volti crissolesi: il Capo Guida Claudio Perotti Farina, con i baffi e l’inconfondibile cappello, e il giovane Paolo Gilli, capelli mossi e aria da intellettuale. (FOTO 6)
Don Luigi Destre, il Papa del Monviso
Don Luigi Destre, classe 1935, ha custodito religiosamente la storia del Re di Pietra. Parroco a Crissolo dal 1968, ha assunto contestualmente il ruolo di Rettore del Santuario di San Chiaffredo e di Capo Sezione del Soccorso Alpino, impegno proseguito sino al 1993. Promotore di S. Messe presso piloni e cappelle alpine, Don Luigi ha saputo avvicinare alla montagna anche i meno inclini, trascinati da quel senso di aggregazione e comunità che solo lui è in grado di trasmettere. Negli anni, non meno di 1.500 ragazzi hanno partecipato al Battesimo del Monviso accompagnati da Don Destre, da Tranchero, Bano e Fenoglio, Guide Alpine del Monviso, supportati dai volontari del Soccorso Alpino locale.
Sono circa 120 le sue salite al Monviso, una cifra di tutto rispetto e tuttavia non sufficiente per associare almeno una scalata ad ogni caro amico: «Non sono mai riuscito a fare il Monviso con Quintino Perotti. Quando gli proposi una salita in onore della nostra amicizia, mi disse che si era fermato a quota 749 e che non lo avrebbe più scalato per non superare numericamente il padre Claudio, che di ascensioni ne aveva compiute oltre 750».
Sulla vetta del Monviso, Don Luigi ha celebrato 2 matrimoni e ben 53 S. Messe; tra queste, la funzione del 15 settembre 1989 conserva un sapore del tutto speciale perché concelebrata con il Vescovo di Saluzzo, Monsignor Sebastiano Dho, e con il Parroco di Pontechianale. Quel giorno, alla presenza del Vescovo, tutti i Comuni che confinano con la grande montagna onorarono, sulla sua cima, un patto di unione e fratellanza.
Concluso l’incarico di Rettore del Santuario di San Chiaffredo e di curato della Parrocchia di Oncino, Don Luigi ha proseguito nella sua attività di parroco di Crissolo e Ostana, mantenendo un acuto interesse per gli studi di storia locale. È stato curatore di importanti pubblicazioni con l’amico Gianni Aimar; sua anche la statistica degli incidenti sul Monviso, costantemente aggiornata con suddivisione per luogo, nazionalità e sesso dei feriti. (FOTO 7-8)
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