Portal d’Occitània    Valli Occitane d'Italia

invia mail   print document in pdf format

Monviso: la montagna simbolo si racconta

Monviso: la montagna simbolo si racconta. Dal Pertuis de Viso alle guide di carta delle Alpi Cozie (N.2)

Lo Vísol: la montanha simbol se còntia. Dal Pertuis dal Vísol a las guidas sus papier des Alps Còcias (n. 2)

di Sergio Beccio
Liberamente tratto dai testi di C. Morello, S. Beccio, M. Bovero e H. Tranchero - Pastori di Montagne - Editore Graph Art - Manta 2017

Monviso: la montagna simbolo si racconta. Dal Pertuis de Viso alle guide di carta delle Alpi Cozie (N.2)
italiano

L’attività di accompagnamento in montagna, insieme al piccolo commercio transfrontaliero, alimentò fin dall’antichità le economie di confine, garantendo un minimo di benessere a territori altrimenti vocati alla mera sussistenza. Più in alto della paura: questa era la frontiera da superare. Fino alla metà del Settecento le vette alpine furono scrutate dalla pianura con timore: scenario immobile per un mondo che svolgeva la propria vita più in basso. In un contesto generale segnato dalla fatica e dal duro lavoro nessuno trovava il tempo, e tanto meno il motivo, per violare quella sfera di sacralità che avvolgeva le cime tentandone l’ascensione (fig. 1).

I flussi e gli scambi della Valle Po con la confinante Francia avvenivano lungo il vallone delle Traversette e sfumano nel mistero della preistoria; si dovette attendere il XV secolo per assistere al primo evento epocale per la storia del luogo teatro di un’opera ingegneristica all’avanguardia per i tempi: l’apertura del Buco di Viso, una galleria scavata nella roccia viva per una lunghezza di oltre 70 metri. Proprio dalla costruzione del Buco di Viso prende l’avvio il racconto della “Storia delle Guide Alpine del Monviso”.

Realizzato per volontà del Marchese di Saluzzo Ludovico II, il Pertuis fu il primo traforo delle Alpi situato a 2907 m slm di quota. I lavori furono coordinati dal Capomastro Baldassarre di Piasco che assoldò manodopera locale. Costruito con il solo impiego della forza umana, dell’aceto e del fuoco per rendere più friabile la roccia sotto i colpi di piccone, fu concepito per evitare il tratto più pericoloso del sentiero conducente al valico delle Traversette. Diminuendo i rischi fu agevolato il commercio del sale attraverso la Valle Po, evitando inoltre le vallate più soggette al brigantaggio e aprendo una via commerciale d’accesso alla Provenza esente dal pagamento delle gabelle imposte dal Ducato di Savoia a Nord e dal Delfinato a Sud (fig. 2).

Un documento siglato ad Arles il 22 settembre 1478 e conservato nella parrocchiale di Abriès sancì per la prima volta i contenuti del progetto: “Monsieur le Marquis de Saluce désirant eschiver les dangers occurents pour passer les endétroits de Mont Saint Bernard, Mont Cénise et Mont Genèvre en pratique de trouver manière de percer la montaigne de Viseul. Et pour faire la dépence de percer la dite montaigne ont ensemble conferencié le Roi Dauphin et le dict Marquis…”.

Nel 1480 la galleria fu terminata e appena sei anni dopo salvò la vita al suo ideatore: Ludovico II la attraversò il 16 dicembre, in compagnia di una scorta armata, e di qui riparò ad Aix en Provence, presso il Re di Francia, per organizzare la riconquista dei propri territori momentaneamente occupati da Carlo il Guerriero, Duca di Savoia. Indubbia fu l’importanza strategica del Pertuis, ma soprattutto il flusso commerciale condizionò le vicende dell’intera Valle Po come documentano i registri della gabella di Revello che registravano allora un traffico annuale di circa 20.000 sacchi di sale, unitamente al commercio di derrate alimentari e generi di lusso quali il vino e i broccati francesi.

La prima guida cartacea conosciuta è quella dell’abate Valeriano Castiglione uomo di Chiesa autore del trattato Statista regnante, citato dal Manzoni nei Promessi Sposi come testo presente nella famosa biblioteca di Don Ferrante. Fu un personaggio noto e conteso dai potenti dell’epoca come intellettuale di grande fama e valore e involontariamente, fu anche il primo esploratore documentato del Monviso: lasciato il milanese, terra di origine, si stabilì nel Monastero di Savigliano intorno al 1618 in una sorta di confino, che pur egli descrisse come volontario. Nella sua Relatione de Monviso et dell’origine del fiume Po dove afferma: “… mi venne voglia di trasferirmi agli ultimi confini dell’Italia (dove) il Vesulo Gigante delle Alpi, che facendo meravigliare i popoli più lontani, ben merita esser visitato dai vicini”. (fig. 3)

Le modalità e i toni usati per descrivere i paesi all’ombra del Monviso avvicinano l’opera ad un modesto trattato di letteratura cortigiana, mentre l’indagine etnografica sconfinò spesso nella derisione delle genti incontrate, creando un’immagine grottesca di luoghi e persone poco avvezzi a presenze esterne alla Comunità. In alcuni brani del testo venne descritta una povera economia locale caratterizzata da agricoltura, allevamento, coltivazione di cave di ferro, marmo, e dalla presenza di fucine e mulini che lasceranno le loro tracce nella storia del territorio fino ai giorni nostri.

Nella “Relatione de Monviso” si trova la prima descrizione di tipo scientifico sulla morfologia della montagna: “è di figura piramidale alto trabucchi 544 accompagnato da altre cime di selce aspra e acuta”. Tale rilievo altimetrico, calcolò l’altezza del Monviso in 3825 metri sul livello del mare rivelando l’interesse per il Monviso come rilievo alpino e non per i passi o i colli di attraversamento come da sempre era avvenuto sui territori alpini fin dall’antichità. Un errore di appena 16 metri nella stima conferì un’indubbia valenza scientifica alla relazione del Castiglione, 150 anni prima che si misurasse, con certezza, l’altezza della montagna che segnò l’inizio ufficiale dell’alpinismo: il Monte Bianco. È di grande interesse la carta topografica allegata al trattato, realizzata dall’ingegnere militare di Savigliano Giacomo Antonio Biga, nella quale venne illustrato il percorso dell’autore fino al lago Chiaretto, luogo da cui fu rilevata l’altezza del Monviso attraverso gli strumenti dei topografi. Di notevole importanza è la rappresentazione del percorso verso il Buco di Viso, qui citato come Pertuis di Delfinato, nella quale vennero disegnati dei pellegrini con cavalcature e bagagli intenti a raggiungere la galleria: a testimonianza dell’importanza del percorso quale via di comunicazione per gli scambi commerciali tra il Marchesato di Saluzzo e la Francia (fig. 4).

Naturalmente sono state molte le carte geografiche che tratteggiano la geomorfologia del Monviso: la prima in assoluto conosciuta è del 1430, qui il Monviso compare nel “Mappamondo Borgiano” e nel 1457 è inserito nel “Mappamondo” di Fra’ Mauro. Per alcuni secoli si susseguirono cartografie militari e civili che poco a poco raggiunsero livelli di definizione dei particolari e delle morfologie sempre più affidabili (si consiglia di consultare l’opera di Laura e Giorgio Aliprandi - “LE GRANDI ALPI NELLA CARTOGRAFIA 1482-1885 - Priuli e Verlucca editore”) una interessante ipotesi però si sta facendo strada: a metà ‘700 risulterebbe da documenti in fase di studio (Carta della frontiera delle Alpi e del Delfinato 1749-1754) che Pierre Joseph de Bourcet, cartografo e matematico dell’esercito francese (originario della val Chisone) avesse raggiunto con i suoi topografi (e probabilmente con degli accompagnatori locali) la vetta del Monviso per il rilievo dei confini tra Francia e Regno dei Savoia in seguito al trattato di Utrecht del 1713. La prima ascensione documentata potrebbe quindi essere quella avvenuta 110 anni prima del Mathews.

Prima di evocare la storia alpinistica di questo territorio, è interessante delineare la fase immediatamente precedente, che può dirsi “esplorativa”: quando, cioè, l’universo delle terre alte cessò di essere teatro di inquietanti maledizioni e si aprì a nuovi metodi di indagine scientifica, quali la geologia, la fisica, la geografia, le scienze naturali. L’avvio di questa fase venne convenzionalmente individuata con la prima salita del Monte Bianco di Balmat e Paccard nel 1776, da quel momento l’approccio razionale e illuministico e, successivamente, romantico di scienziati, artisti e letterati dei territori montani porterà sulle Alpi gli alpinisti inglesi che le considereranno il terreno di gioco dell’Europa (Leslie Stephen - The playground of Europe) e proprio negli anni prossimi alla prima salita in vetta da parte di Mathews percorsero le valli Po, Varaita e Pellice personaggi illustri dell’alpinismo da Whimper, a Forbes, da Tuckett a Ruskin, da Quintino Sella ad Alessandra Boarelli mentre l’Italia era percorsa dall’aristocrazia europea del Gran Tour quali Goethe, Nietzsche, Rousseau, ecc. alla ricerca di paesaggi, di vestigia romane dell’antichità, di letteratura e storia classica dell’Italia ottocentesca (fig. 5).

E’ in questo quadro che ritroviamo le prime guide di carta dei territori delle Alpi Cozie realizzate da John Murray nel 1840 e, successivamente, nel 1879, da John Ball in un bel volume dal titolo “Guida delle Alpi Cozie” (fig. 6). Da ricordare la relazione di Cesare Isaia del 1874 “Al Monviso per val di Po e Val Varaita. Reminiscenze alpine” scritta in occasione del VII Congresso del CAI svoltosi a Torino e a Crissolo. Fu questo il momento storico in cui gli abitanti delle valli si accorsero che una nuova professione di portatori e di guide stava nascendo: mestieri che poco alla volta assunsero connotazioni di professionalità sempre più profonde, facendoli diventare veri esperti delle montagne e trasformando radicalmente l’economia di borghi alpini dediti da sempre all’agricoltura e all’allevamento a luoghi per touristes e alpinisti. Nella guida del Ball troviamo già una serie di inserzioni pubblicitarie che promuovevano in modo moderno strutture, rifugi, locande e le nuove guide alpine delle valli. I montanari bistrattati dal Castiglione erano diventati guide alpine e imprenditori già perfettamente coscienti di dover comunicare queste nuove opportunità ai turisti e agli alpinisti che dalle città della pianura si avvicinavano alle montagne. Stava nascendo il mito delle Guide Alpine del Monviso, il Club Alpino Italiano e l’Alpinismo anche sul Monviso (fig. 7).

occitan

L’activitat d’acompanhament en montanha, ensem al pichòt comèrci transfrontalier, fins da l’antiquitat a alimentat las economias de frontiera, en garantent un mínim de benèsser a de territòris autrament destinats a la pura subsistença. Pus en aut de la paor: era aquela la frontiera da sobrar. Fins a la meitat dal ‘700 las cimas alpinas son estaas beicaas da la plana abo crenta: era un scenari immòbil per un mond que menava sa vita pus en bas. Dins un contèxt general marcat da la fatiga e dal dur trabalh degun trobava lo temp e encara menc lo motiu per violar aquela esfèra de sacralitat qu’envousava las cimas ne’n temptant l’ascension.

Lhi flux e lhi eschambis de la Val Pò abo la vesina França avenion al lòng dal valon des Traversetas e nuançon ental mistèri de la preistòria; a chalgut aténder lo sècle XV per assíster al premier eveniment epocal per l’estòria dal luec, teatre de un’òbra engenhierística a l’avantgarda per lhi temps: la dubertura dal Pertuis dal Vísol, una galeria chavaa dins la ròcha viva per una lonjor de passa 70 mètres. Pròpi da la contruccion dal Pertuis dal Vísol comença lo cònte de la “Storia delle Guide Alpine del Monviso”.

Realiza per volontat dal marqués de Salúces Loduvico II, lo Pertuis foguet lo premier tunèl de las Alps, situat a 2907 m d’autessa. Lhi trabalhs fogueron coordinats dal cap-mèstre Baldassarre di Piasco, qu’embauchet de man d’òbra locala. Bastit en emplegant ren que la fòrça umana, d’asil e de fuec per rénder pus friabla la ròcha dessot lhi colps de picon, foguet concebut per evitar lo tòc pus dangeirós dal viòl que menava al còl des Traversetas. En diminüent lhi riscs foguet aisiat lo comèrci de la sal a travèrs la val Pò, en evitant per de pus las valadas pus subjèctas al brigantatge e en durbent una via comerciala d’accès a la Provença, exemptaa dal pagament des gabèlas empausas dal Ducat de Savòia a Nòrd e dal Delfinat a Sud.

Un document signat a Arla lo 22 de setembre 1478 e gardat dins la parroquiala de Arbries consacret per lo premier bòt lhi contenguts dal projèct: “Monsieur le Marquis de Saluce désirant eschiver les dangers occurents pour passer les endétroits de Mont Saint Bernard, Mont Cénise et Mont Genèvre en pratique de trouver manière de percer la montaigne de Viseul. Et pour faire la dépence de percer la dite montaigne ont ensemble conferencié le Roi Dauphin et le dict Marquis…”.

Ental 1480 la galeria foguet achabaa e just sieis ans après salvet la vita a son ideator : Ludovic l’atraverset lo 16 de desembre en companhia de un’escòrta armaa e d’aquí se refuget a Ais de Provença, en cò dal Rei de França, per organizar la reconquista de si territòris ocupats momentaneament da Carle lo Guerrier, Duc de Savòia. Indubitabla foguet l’importança estratègica dal Pertuis, mas sustot lof flus comercial condicionet lhi eveniments de l’entiera Val Pò, coma documenton lhi registres de la gabèla de Revèl, que registravon alora un tràfic anual de a pauc près 20.000 sacs de sal, ensem al comèrci de produchs alimentars e de genres de lux coma lo vin e lhi brocats francés.

La premiera guida sus papier conoissua es aquela de l’abat Valeriano Castiglione, òme de gleisa autor dal tractat Statista regnante, citat dal Manzoni enti Promessi Sposi coma tèxt present dins la famosa bibliotèca de Don Ferrante. Foguet un personatge conoissut e disputat dai potents de l’època coma intellectual de grand renom e valor e involontariament foguet decò lo premier explorador documentat dal Vísol: quitet lo milanés, sa tèrra d’origina, e establiet ental monastèri de Savilhan a l’entorn dal 1618 dins una sòrta de confin, que totun el descrivet coma volontari. Dins sa Relatione de Monviso et dell’origine del fiume Po l’òme afèrma: “… mi venne voglia di trasferirmi agli ultimi confini dell’Italia (ente) il Vesulo Gigante delle Alpi, che facendo meravigliare i popoli più lontani, ben merita esser visitato dai vicini”.

Las modalitats e lhi tòns adobrat per descriure lhi país a l’ombra dal Vísol avesinon l’òbra a un modèst tractat de literatura cortisana, dal temp que l’enquèsta etnogràfica enchambet sus la derision des gents encontraas, en creant un’image grotèsca di luecs e de personas gaire acostumat a de presenças exterioras a la Comunitat. En cèrti tròç dal tèxt ven descricha una paura economia locala caracterizaa da l’agricultura, l’enlevatge, l’extraccion de fèrre e marmo e la presença de fusinas e molins que laissarèn lor traças dins l’estòria dal tèrritòri fins a nòstri jorns.

Dins la “Relatione de Monviso” se tròba la premiera descripcion de tipe scientífic sus la morfologia de la montanha: “è di figura piramidale alto trabucchi 544 accompagnato da altre cime di selce aspra e acuta”. Aquel relèu altimètric calculet l’autessa dal Vísol en 3825 mètres sal livèl de la mar en revelant l’interès per lo Vísol coma relèu alpenc e ren per lhi pas o lhi còls d’atraversament, coma da sempre era avengut sus lhi territòris da l’antiquitat. Un error de a pena 16 mètres dins l’estima conferiet un’indubitabla valença scientífica a la relacion dal Castiglione 150 ans derant que se mesuresse abo certessa l’autessa de la montanha que marquet lo començament oficial de l’alpinisme: lo Mont Blanc. Es de grand interès la carta topogràfica joncha al tractat realizaa da l’engenhier militar de Savilhan Giacomo Antonio Biga, ente ven illustrat lo percors de l’autor fins al lac Claret, luec d’ente foguet pilhaa l’autessa dal Vísol a travèrs lhi instruments di topogràfs. De remarcabla importança es la representacion dal percors vèrs lo Pertuis dal Vísol, aicí citat coma Pertuis di Delfinato, ente veneron dessenhats de pelegrins abo de cavalcaduras e de bagatges en tren de rejónher lo tunèl: aquò per testimoniança de l’importança dal percors en tant que via de comunicacion per lhi eschambis comercials entre lo Marquesat de Saluces e la França.

Naturalament son istaas tantas las cartas geogràficas que descrivon la geomorfologia dal Vísol. La premiera conoissua en absolut es dal 1430. Aquí lo Vísol apareis ental “Mappamondo Borgiano” e ental 1457 es inserit ental “Mappamondo” de Fra’ Mauro. Per qualqui sècles se succederon de cartografias militaras e civilas que a pauc a pauc rejonheron de livèls de definicion di particulars e des morfologias sempre pus afidables (se conselha de consultar l’òbra de Laura e Giorgio Aliprandi - “LE GRANDI ALPI NELLA CARTOGRAFIA 1482-1885 - Priuli e Verlucca editore”). Una ipòtesi interessanta, pasmenc, fai son chamin: a la meitat dal ‘700 resultaria dai documents en fasa d’estudi (Carta della frontiera delle Alpi e del Delfinato 1749-1754) que Pierre Joseph de Bourcet, cartograf e matemàtic de l’armada francesa (originari de la Val Cluson) auguesse rejonch abo si topografs (e benlèu abo d’acompanhators locals) la poncha dal Vísol per lo relèu di confins entre la França e lo Rènhe de Savòia après lo tractat de Utrecht dal 1713. La premiera ascension documentaa poleria èsser aquela avengua 110 anni derant dal Mathews.

Derant d’evocar l’estòria alpinística d’aqueste territòri, es interessant traçar la fasa immediatament precedenta, que se pòl dir “explorativa”: quora es a dir, l’univèrs des tèrras autas quitet d’esser lo teatre d’inquietantas malediccions e se durbet a da nòus metòdes d’enquesta scientífica coma la geologia, la física, la geografia, la scienças naturalas. Lo començament d’aquesta fasa es estat identificat convencionalament abo la premiera montaa dal Mont Blanc de Balmat e Placcard ental 1776. Da aquel moment l’apròch racional e illuminístic e puei, successivament, romàntic de scienciats artistas e literats di territòris montans menarè sus las Alps lhi alpinistas anglés, que las considerarèn coma lo terren de juec de l’Euròpa (Leslie Stephen - The playground of Europe) e pròpi enti ans après la premiera montaa al som complia da Mathews percorreron las valadas Pò, Varacha e Pelitzde personatges illustres de l’alpinisme, da Whimper, a Forbes, da Tuckett a Ruskin, da Quintino Sella a Alessandra Boarelli mentre que l’Itàlia era percorrua dall’aristocracia europea dal Gran Tour coma Goethe, Nietzsche, Rousseau, etc. a la recèrcha de païsatges, vestigi romanas de l’antiquitat, literatura e estòria clàssica de l’Itàlia dal ‘800.

Es dins aqueste quadre que retrobem las premiers guidas sus papier di territòris des Alps Còcias realizaas da Jonh Murray ental 1840 e puei, ental 1879 da Jonh Ball dins un bèl volum dal títol “Guida delle Alpi Cozie”. Da recorda la relacion de Cesare Isaia dal 1974 “Al Monviso per val di Po e Val Varaita. Reminiscenze alpine”, escricha en ocasion dal del VII Congrès del CAI se passat a Turin e a Criçòl. Aquel foguet un moment estòric ente lhi abitants des valadas s’aperceberon que una nòva profession de portaires e de guidas era en tren de nàisser: de mestier que pauc a pauc assumeron de connotacions de professionalitat sempre pus profondas, en lhi fasent devenir de vers expèrts des montanhas e en transformant radicalament l’economia di borgs alpins, voat da sempre a l’agricultura e a l’enlevatge, en de luecs per touristes e alpinistas. Dins la guida dal Ball trobem já una seria d’insercions publicitàrias que promovion d’un biais modèrn d’estructuras, de refugi, de locandas e las nòvas guidas alpinas des valadas. Lhi montanhards maltractats dal Castiglione eron venguts de guidas alpinas e d’imprenditors já perfectament conscients de dever comunicar aquestas nòvas oportunitats ai toristas e a lhi alpinistas que da las vilas de la plana s’aprochavon a las montanhas. Naissia lo mite des guidas alpinas dal Vísol, lo Club Alpino Italiano e l’alpinisme decò sal Vísol.




Condividi