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La condivisione

Lo partadzo

Il Francoprovenzale: che cos’è? Di Matteo Ghiotto (articolo n. 13)

La condivisione
italiano

In questo articolo vorrei parlare di una bella esperienza che ho avuto l’opportunità di vivere con un gruppo di insegnanti valdostani nel suggestivo comune di Emarèse.

L’iniziativa, voluta dal Centre d’études francoprovençales di Saint Nicolas e dalla sua direttrice Christiane Dunoyer in collaborazione con la Soprintendenza all’Istruzione della Regione Valle d’Aosta, è consistita in un laboratorio di due giornate durante le quali la lingua francoprovenzale è stata regina indiscussa.

Anche per me, abituato a muovermi in un contesto prettamente italiano (preferisco dire “panitaliano”), con rare incursioni linguistiche nell’ambito di qualche relazione interpersonale, tale momento ha rappresentato un vera fucina di scambi e di conoscenze.

Il laboratorio ha dunque previsto la presenza di numerosi insegnanti del primo ciclo di studi e di alcuni animatori culturali della valle che operano da anni nel settore della tutela e della ricerca linguistica. Erano presenti, oltre a me, due parlanti della Svizzera romanda: Lionel Fontannaz di Ginevra, metereologo di fama nazionale, e Marcel Gaspoz di Evolène, consigliere cantonale del Vallese.

Le due giornate di lavoro si sono svolte all’insegna della CONDIVISIONE. Partendo da questa parola abbiamo declinato le interazioni durante le singole attività, i momenti di confronto e di reciproca conoscenza, la forte volontà di costruire legami duraturi e arricchenti. Condividendo ci siamo scoperti, abbiamo compreso che il mondo linguistico dei francoprovenzalofoni non finisce attorno a noi e che ci sono numerose possibilità di crescita e di formazione.

Non voglio qui soffermarmi sul resoconto dettagliato di quanto fatto a Emarèse, conscio tuttavia che sarebbe alquanto interessante per stimolare riflessioni sui metodi laboratoriali impiegati e sulle pratiche di lavoro in piccoli gruppi. Mi interessa nella brevità di questo articolo, raccogliere qualche suggestione personale e qualche proposta di impegno comune nonostante tutte le difficoltà che incontriamo sul nostro cammino.

Innanzitutto le persone. Non c’è laboratorio e, soprattutto, non c’è situazione di vita soddisfacente e proficua, che non veda la partecipazione e la cooperazione delle persone. Persone che hanno obiettivi comuni e visioni a lunga gittata, persone corresponsabili e intraprendenti. Senza le persone e senza queste caratteristiche non si possono costruire percorsi, figuriamoci raggiungere risultati.

A Emarèse ho visto Christiane, Elmo, Jeannette, Andrea, Lionel, Natalia, Daniela, Marcel e gli altri di cui non ricordo il nome: tutti hanno saputo dare vita a un percorso in cui ciascuno ha apportato un contributo prezioso. Penso alla forza e alle competenze di Christiane, alla passione di Elmo e Jeannette, alla creatività e all’umorismo di Andrea, alla dedizione di Daniela, ma penso anche alle insegnanti, a coloro che lavorano nelle scuole affinché non manchi mai un presidio linguistico tra i giovani studenti, a coloro che non parlano il francoprovenzale ma che non hanno avuto timore di affrontare un laboratorio sulla lingua in lingua e hanno dimostrato una serietà e un attaccamento commoventi, e ancora, penso a chi arriva da lontano, a Lionel e Marcel che ci hanno parlato di loro e hanno detto che il forte trasporto per un ideale può tutto.

Le persone sono sinonimo di relazioni. Le attività laboratoriali di presentazione e di reciproca conoscenza sono state il motore di questi rapporti. In generale, tutto quello che è nato dal laboratorio o in esso è stato prodotto, senza dimenticare i momenti di convivialità legati ai pasti, ci ha condotti nella direzione di un più solido avvicinamento. La lingua è identità. Quante volte ce lo siamo detti. La lingua è relazione, la lingua sono persone, la lingua è stare bene, volersi bene, aiutare gli altri a stare bene. In tal senso la condivisione assume il carattere di una condizione fondamentale per chi opera nel settore della valorizzazione linguistica e culturale. Anche la lingua così come l’identità, le relazioni, le persone e il benessere personale e collettivo vanno nutriti e costruiti giorno dopo giorno. Il laboratorio è una metafora che ben sintetizza quanto facciamo noi operatori culturali. Agire individualmente ha senso solo nell’ottica di un bene partecipato e di un progetto a favore di tutti.

Emarèse mi ha restituito queste riflessioni. A volte pensiamo di essere soli e crediamo che i tempi e la gente ci contrastino e ci rendano impotenti. Abbiamo invece constatato che ci sono molti alleati, molte persone in ambito francoprovenzale che si interessano di lingua e di cultura e che hanno bisogno di non sentirsi soli. La parola con la quale ho intitolato questo articolo è alla base di un altro concetto fondamentale per tutti gli esseri viventi: comunità. Il laboratorio è una piccola comunità temporanea. Ciò che auspico è che i tanti laboratori e le tante iniziative intermittenti che facciamo con alacrità, piacere e senso del dovere, riescano a produrre comunità, casa e serenità. Spero vivamente che possa nascere una comunità di persone mature e collaborative, che trovino nel francoprovenzale un collante che lega e che, contestualmente, spalanchi le porte verso l’esterno. Una comunità che discute e si confronta e che sappia seminare bene per raccogliere meglio.        

franco-provenzale

Din het arteuclho de vodrì parlar d’ina dzenta esperiense que d’é avoù l’opportunetà de vivre avó in groupe de magistre valdohein din la bela commeune d’Imareisa.

L’inissiative, volouò do Centre d’études francoprovençales de Saint Nicolas e de sa direttrisse Christiane Dunoyer an collaborashon avó la Surentendense a l’Educashon de la Val d’Ohe, lh’at prevù in laboratouéro de deuve dzornaie pandeunn lequinte la leinga francoprovensala lh’eut ihaie lo protagonisto prensipalo.

Asseu pre me, cohemà a boudzér delon din in contesto italian (de prefereisso dire “panitalian”), avó de sot languisticco din lo doméno de carque relashon enterpersonala, he momeunn ou l’at representà ina veretabla fesenò de sandzo e de cunussanse.

Lo laboratouéro ou l’at adonca ardzouì de la presense de bieunn de magistre do premiér seuclo d’eheudio e de carque animatour culturalo de la valada qu’ou l’ovro dipé briva din lo setour de la sovegarda e de la ressertse languisticca. Ou iéro preseunn, outre me, doueu parleunn de la Souihe romanda: Lionel Fontannaz de Dzenéva, metereologo cunussù a level nashonalo, e Marcel Gaspoz d’Evoleina, conselhér cantonalo do Valei.

Le deuve dzornaie de travalh ou se sont derolaie desòt la devise do partadzo. An modeunn de he mo d’ein declenà les enterashon pandeunn tsaque attivitaie, li momeunn de debà e de cunussanse, la solida volontà de batir de lieunn anretseunn din lo tein. An partadzeunn de no sein dehevert, d’ein comprein que lo mondo languisticco de hi qu’ou parlo francoprovensal ou freneit pa a l’antòrt de no e qu’i at in mohel de possibiletaie de creissanse e de formashon.

De vouì pa iheu traplantame dessù lo contio-randù pressiso de heunn fet a Imareisa, consaveunn totun qu’ou sareut bieunn enterisheunn pre anemiar de refleshon dessù le metode laboratoriale empleiaie e dessù le pratique de travalh an petiòt groupe. I m’enteréshe din la brievetà de het arteuclho, d’amassar carque empreshon personala e carque proposeshon d’angadzo commun camémo avó le difficultaie que de rancontrein dessù nohro tsemin.

Deveunn tòt le presseneu. I at dzin laboratouéro e, dessutòt, i at pa de situashon de viò satisfeseinta e rantabla, que lhe vaisse pa la partissipashon e la cooperashon de le presseneu. Presseneu qu’ou l’ont de but commun e de vezhon a lon termo, presseneu corresponsable e entrepreneinte. Seinsa le presseneu e seinsa hi tret spesseficco ou se polo pa batir de parcour, figurein-no d’arevar a de resultà.

A Imareisa d’é vu Christiane, Elmo, Jeannette, Andrea, Lionel, Natalia, Daniela, Marcel e li otri diquin de m’ansevéno pa mé lo non: touit ou l’ont sou balhér la viò a in parcour aion que tsacun ou l’at apportà ina poulida contribushon. De sondzo a la forhe e a le competanse de Christiane, a la pashon d’Elmo e de Jeannette, a l’envantiva e a l’esprit d’Andrea, a la dedishon de Daniela, ma de sondzo asseu a le magistre, a hi qu’ou travalho din les ehole a fin qu’i manquisse zhamé in pressido languisticco entre li dzevenó, a hi qu’ou parlo lo francoprovensal ma qu’ou l’ont pa avoù pour e creinta d’anfrontar in laboratouéro dessù la leinga an leinga e ou l’ont mohrà ina serietà e in ahatsemeunn amoveunn, e encorò, de sondzo a hi qu’ou l’arivo de loein, a Lionel e Marcel qu’ou nos ont parlà de lhour mémo e ou nos ont deut que l’anviò de fare e lo créhre dedin in idealo ou polo tòt.

Le presseneu ou sont sinonimo de relashon e les attivitaie féte de presentashon e de cunussanse ressiproca ou sont ihaie l’endzin de héte relashon. An dzeneral, tòt heunn qu’ét neissù do laboratouéro on tòt heunn qu’ét ihà fet, seinsa iblar li dzen momeunn a trabla, ou nos ont portà o bié d’in plu fòrt aprotso. La leinga ét idantité. Véro de iadzo de z’ein deut. La leinga ét relashon, la leinga ou sont le presseneu, la leinga ét vivre bieunn, volésse bieunn, eidar li otri a vivre bieunn. Maheunn lo partadzo ou preunt lo caratéro d’ina condishon nesseséra pre hi qu’ou prého son ovra din la valorisashon languisticca e culturala. Asseu la leinga tal que l’idantité, le relashon, le presseneu, e lo bieunn-éhre personalo e collettif i fot que lhe sisse nuhriò e batiò o fil di dzòrt. Lo laboratouéro ét ina metafora que bieunn lhe sintetizhe heunn que de fasein an teunn qu’operatour culturalo. Fare endividualameunn ou pout avér in sanse rinque din la vue d’in bieunn partissipà e d’in prozhé an favour de touit.

Imareisa lhe m’at randù héte refleshon. Andecòl de sondzein d’iéhre soleut e de creiein que li tein e le dzenn ou nos ambaradzisso e ou no randisso empoteunn. Ampà d’ein armarcà qu’i at bieunn d’alià, bieunn de presseneu din lo doméno francoprovensal qu’ou s’enterésho de leinga e de culteura e qu’ou l’ont bosein de pa seintre-se soleut. Lo mo avó loquin d’é entitrà het arteuclho ou l’eut a la base d’in otro consepto fondamentalo pre touit li veveunn: communetà. Lo laboratouéro ét ina petiota communetà temporéra. Heunn que de souéto ét que li neumbro de laboratouéro e les inissiative que de fasein avó andio, pleisir e sanse do devouére, ou l’arsisso a prodouire communetà, moueizhon e treinquiletà. D’espéro fran que lhe polisse néhre ina communetà de presseneu moure e eideinte, qu’ou trovisso din lo francoprovensal ina pigolò que lhe gropisse e que, an mémo tein, lh’ambarnisse le porte o mondo. Ina communetà que lhe descourt, lhe partadze e que lhe sisse bieunn senar pre mioù amassar.