In questo articolo vorrei parlare di una bella esperienza che ho avuto l’opportunità di vivere con un gruppo di insegnanti valdostani nel suggestivo comune di Emarèse.
L’iniziativa, voluta dal Centre d’études francoprovençales di Saint Nicolas e dalla sua direttrice Christiane Dunoyer in collaborazione con la Soprintendenza all’Istruzione della Regione Valle d’Aosta, è consistita in un laboratorio di due giornate durante le quali la lingua francoprovenzale è stata regina indiscussa.
Anche per me, abituato a muovermi in un contesto prettamente italiano (preferisco dire “panitaliano”), con rare incursioni linguistiche nell’ambito di qualche relazione interpersonale, tale momento ha rappresentato un vera fucina di scambi e di conoscenze.
Il laboratorio ha dunque previsto la presenza di numerosi insegnanti del primo ciclo di studi e di alcuni animatori culturali della valle che operano da anni nel settore della tutela e della ricerca linguistica. Erano presenti, oltre a me, due parlanti della Svizzera romanda: Lionel Fontannaz di Ginevra, metereologo di fama nazionale, e Marcel Gaspoz di Evolène, consigliere cantonale del Vallese.
Le due giornate di lavoro si sono svolte all’insegna della CONDIVISIONE. Partendo da questa parola abbiamo declinato le interazioni durante le singole attività, i momenti di confronto e di reciproca conoscenza, la forte volontà di costruire legami duraturi e arricchenti. Condividendo ci siamo scoperti, abbiamo compreso che il mondo linguistico dei francoprovenzalofoni non finisce attorno a noi e che ci sono numerose possibilità di crescita e di formazione.
Non voglio qui soffermarmi sul resoconto dettagliato di quanto fatto a Emarèse, conscio tuttavia che sarebbe alquanto interessante per stimolare riflessioni sui metodi laboratoriali impiegati e sulle pratiche di lavoro in piccoli gruppi. Mi interessa nella brevità di questo articolo, raccogliere qualche suggestione personale e qualche proposta di impegno comune nonostante tutte le difficoltà che incontriamo sul nostro cammino.
Innanzitutto le persone. Non c’è laboratorio e, soprattutto, non c’è situazione di vita soddisfacente e proficua, che non veda la partecipazione e la cooperazione delle persone. Persone che hanno obiettivi comuni e visioni a lunga gittata, persone corresponsabili e intraprendenti. Senza le persone e senza queste caratteristiche non si possono costruire percorsi, figuriamoci raggiungere risultati.
A Emarèse ho visto Christiane, Elmo, Jeannette, Andrea, Lionel, Natalia, Daniela, Marcel e gli altri di cui non ricordo il nome: tutti hanno saputo dare vita a un percorso in cui ciascuno ha apportato un contributo prezioso. Penso alla forza e alle competenze di Christiane, alla passione di Elmo e Jeannette, alla creatività e all’umorismo di Andrea, alla dedizione di Daniela, ma penso anche alle insegnanti, a coloro che lavorano nelle scuole affinché non manchi mai un presidio linguistico tra i giovani studenti, a coloro che non parlano il francoprovenzale ma che non hanno avuto timore di affrontare un laboratorio sulla lingua in lingua e hanno dimostrato una serietà e un attaccamento commoventi, e ancora, penso a chi arriva da lontano, a Lionel e Marcel che ci hanno parlato di loro e hanno detto che il forte trasporto per un ideale può tutto.
Le persone sono sinonimo di relazioni. Le attività laboratoriali di presentazione e di reciproca conoscenza sono state il motore di questi rapporti. In generale, tutto quello che è nato dal laboratorio o in esso è stato prodotto, senza dimenticare i momenti di convivialità legati ai pasti, ci ha condotti nella direzione di un più solido avvicinamento. La lingua è identità. Quante volte ce lo siamo detti. La lingua è relazione, la lingua sono persone, la lingua è stare bene, volersi bene, aiutare gli altri a stare bene. In tal senso la condivisione assume il carattere di una condizione fondamentale per chi opera nel settore della valorizzazione linguistica e culturale. Anche la lingua così come l’identità, le relazioni, le persone e il benessere personale e collettivo vanno nutriti e costruiti giorno dopo giorno. Il laboratorio è una metafora che ben sintetizza quanto facciamo noi operatori culturali. Agire individualmente ha senso solo nell’ottica di un bene partecipato e di un progetto a favore di tutti.
Emarèse mi ha restituito queste riflessioni. A volte pensiamo di essere soli e crediamo che i tempi e la gente ci contrastino e ci rendano impotenti. Abbiamo invece constatato che ci sono molti alleati, molte persone in ambito francoprovenzale che si interessano di lingua e di cultura e che hanno bisogno di non sentirsi soli. La parola con la quale ho intitolato questo articolo è alla base di un altro concetto fondamentale per tutti gli esseri viventi: comunità. Il laboratorio è una piccola comunità temporanea. Ciò che auspico è che i tanti laboratori e le tante iniziative intermittenti che facciamo con alacrità, piacere e senso del dovere, riescano a produrre comunità, casa e serenità. Spero vivamente che possa nascere una comunità di persone mature e collaborative, che trovino nel francoprovenzale un collante che lega e che, contestualmente, spalanchi le porte verso l’esterno. Una comunità che discute e si confronta e che sappia seminare bene per raccogliere meglio.
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