Tra i fenomeni fonetici che maggiormente intrigano coloro che sentono parlare il francoprovenzale, perlomeno alcune varietà, vi è sicuramente la presenza di un suono aspirato (quello che comunemente si sente chiamare “acca aspirata”) e di una -s- in fondo alle parole femminili per indicare il plurale (di cui parleremo nel prossimo articolo). Con buona probabilità, questi elementi caratteristici che contraddistinguono molte parlate della nostra area consentono a coloro che conoscono il francoprovenzale di discriminare la provenienza del proprio interlocutore.
Il suono aspirato che in fonetica si definisce fricativa laringale poiché si articola a livello della laringe e consiste in un semplice passaggio di aria attraverso la cavità orale, risulta essere assai esotico perché non presente nell’italiano e nel piemontese. A onor del vero occorre ricordare che esso si trova in Toscana per effetto della più nota gorgia, per la quale alcune consonanti vengono appunto “spirantizzate” o “aspirate”: per esempio la parola “mica” si pronuncia “miha” o ancora la parola “foca” si pronuncia “foha”. Ciò accade anche in contesto frasale: “la casa” si pronuncia “la hasa” e così via. Se non si conoscessero le caratteristiche e simpatiche abitudini articolatorie dei fiorentini o dei pisani, basterebbe ascoltare una canzone in inglese per ritrovare con facilità molti suoni aspirati: “hot”, “hat”, “home”, “high” che significano rispettivamente “caldo”, “cappello”, “casa” e “alto”. A questi potremmo aggiungere decine di altri esempi.
Tra le varietà della nostra area di riferimento che possiedono questo suono dobbiamo ricordare Novalesa, Venaus, Mompantero, Mocchie e Laietto. Nelle valli di Lanzo e in Val Sangone non è presente.
Ma vediamo alcuni esempi di ciascuna di queste località:
Novalesa: “hot” - alto, “hòt” - buco fatto nel terreno, “mahe” - mazza, “hire” - cera, “foheut” - roncola, “féha” - festa, “hur” - scuro; Venaus: “hecró” - zucchero, “honn” - questa cosa, “héla” - stella, “an-héŕ” - acciaio, “ahòt” - ramoscello secco; Mompantero: “tsahù” - cacciatore, “hinc” - cinque, “hi” - qui; Mocchie e Laietto: “hiné” - cenare, “hop” - zoppo, “hucre” - zucchero, “hità” - città, “quin-he” - quindici.
Da dove provengono queste acca? Per quanto riguarda la maggior parte delle parole esse provengono da una -s- precedente che, indebolendosi molto, si è trasformata in un soffio, un flebile passaggio di aria (peraltro, per provare a produrlo, è sufficiente alitare su un foglio di carta cercando di farlo muovere). Lo si vede molto bene in alcune parole summenzionate: “hucre” o “hecró” ove il piemontese ha un “sùcher” oppure “hire” ove sempre il piemontese ha “sira”, o ancora “foheut” “faussèt”, “hop” “sop” eccetera. Senza entrare nei tecnicismi, si tratta di un fenomeno che va sotto il nome di lenizione e che riguarda molte consonanti.
Tuttavia non è sufficiente sostenere che essa provenga da una -s- “sorda” (quella di “cassa” o “sacco”). In alcuni casi proviene da una -s- “sonora” (quella di “naso” o “peso”) basti pensare al numero “quindici” nella varietà di Mocchie che è parente prossimo del francoprovenzale o francese “quinze”. Mocchie e Laietto trasformano tutti i numeri da 11 a 16 in questo modo: “oun-he”, “douhe”, “teurhe”, “catorhe”, “quin-he”, “seuhe”…
Provengono altresì da nessi consonantici che ritroviamo in latino e subiscono nel tempo delle modifiche piuttosto importanti. Negli esempi considerati tali evoluzioni verso la fricativa laringale avvengono nelle varietà di Novalesa e di Venaus. “Féha” e “héla” nascondono le parole italiane “festa” e “stella”. In questo caso il nesso consonantico -st- si è trasformato in una acca aspirata a seguito della caduta della -t- e alla lenizione (indebolimento) della -s-. Ciò è peraltro avvalorato dal fatto che alcune varietà conservano proprio la sola -s-: per esempio “féssa” o “séla”. Di contro vi sono parlate che conservano la -t-. È il caso del giaglionese che dice “féta” e “eitèila” (il francese ha lo stesso comportamento). Oltre al nesso -st-, si traforma in acca aspirata anche il nesso -sc- “hur” nasconde la parola “scuro”, “eveuho” la parola “vescovo”, “ehola” scuola, “ahutar / ahoutar” ascoltare.
Dopo questa breve descrizione di tale interessantissimo fenomeno fonetico, nel prossimo articolo prenderemo in considerazione la -s- del plurale, di tutt’altra natura, che riguarda alcune varietà francoprovenzali sparse qua e là nella nostra area di riferimento.
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