Nato nel 1984, Erlend è perfettamente bilingue. Cresciuto nel nord-est norvegese a Bergen, nell’area linguistica del nynorsk , ha ricevuto l’educazione scolastica in bokmal (la lingua statale norvegese). A Bergen ha compiuto gli studi universitari dedicando il master alla Letteratura Nordica.
La sua prima raccolta di poemi Harudes è apparsa nel 2008, seguita da Bergens Beskrivelse nel 2011 e Trollsuiten nel 2014, che costituisce l’ultimo titolo di questa trilogia.
Le sue raccolte poetiche sono intessute di tradizioni letterarie, folclore e miti, e ambientate nei drammatici paesaggi dei fiordi del nord-est norvegese.
Dal punto di vista artistico Erlend O. Nødtvedt ha in qualche modo creato una propria lingua letteraria. I poemi nascono dall’incontro delle lingue bokmal e nynorsk che armoniosamente si mescolano a forme tradizionali arcaiche e dialettali.
La sua è un’opera a due livelli, in cui la singolarità della doppia situazione linguistica norvegese rende possibile una creazione che al contempo è poetica e linguistica.
Erlend combina il lavoro letterario a un’intensa attività scenica e accompagna le letture con il suono dell’hardingfele, strumento tradizionale dell’ovest norvegese che ricorda il violino ma è composto da otto/nove corde.
La poesia, la lingua, l’universo di Erlend, fanno di lui uno degli autori più originali del paese e della sua generazione.
ANTOLOGIA
I
quieto sonno di cavallo nel riparo
nel mio oblio finisce anche la mia solitudine
quando scopro che l’anemone è velenoso
l’autunno rinfresca sul lago delle mie estati
il mio sgabello da violino
la bionda sagoma azzurra della pilosella
il canto di luce rovente della digitale purpurea
la febbrile nota azzurra dello sfregamento
coperto di foglie troppo dimenticato
cuore di pulcino nel riparo
II
tanto mi commuovono le vecchie cose
e le pareti grigie
che tocco tutto quasi con prudenza
il cuore si fa caldo e freddo
oh da far risuonare
le corde delle progenitrici
tra i secondi in cui loro i miei amati
morti respirano nel batter d’occhio
della notte del Vestland adesso
la morte non esiste
nell’attimo eterno dell’eccesso
centomila anni in un ipnagogico minuto
l’ombra di un contorno sfocato
sul fulgido fiordo vicino
senza onda
senza la mia notte abbandonata
e il farsi blu dei fiori
che di nascosto mi sono stati tolti
in una chiara falciata
III
in soffici foglie nascosto
mio uccello più segreto
vedo la tua anca
dietro la diapositiva in controluce
nell’eterna nordica notte estiva
dell’attimo in cui scende il sonno
la serpe-sveglia in pancia mangia orizzonti azzurri
mi sveglio con gorgoglio e dolore
crescono querce dietro al mio bosco estivo
dove radure invecchiano e si chiudono morbide
labbra di huldra come lamponi
accolgono il sole e alzano ombre troppo cupe
lei ride fredda per la prima volta
nel remoto risuono afono
tutto è umido e oltre la notte
nell’autunno della huldra
nell’autunno della huldra
IV
la notte troll mi infila cauta
la mammella junghiana in bocca
per la strada superiore conduco una mucca troll
in mezzo alla strada c’è un cancello
in mezzo alla notte c’è un cancello
oh no oh no che brutto cancello
povero me e devo entrarci
seguo verso nord un acquitrino troll
sì seguo verso nord un acquitrino troll
dove tutti i corvi sì tutti i corvi
sanguinano sangue sanguinano sangue
sanguinano sangue dal becco
V
la gazza giaceva bella bianca nel lino
staccai il becco dalla testa
e lo riempii di vino
anche se il recipiente si è forato
balliamo finché tutto è sparito
bevi la gioia del violino lascia che il sangue
gocci sul viso
odia l’angolo nero della mezza barca
l’angoscia della gallina è cieca
calma nella mente
quando il falco della pioggia aleggia
e vuole entrare
un altro canta:
una gallina rossa
si china a salutare
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