Difendere la specificità linguistica è un compito ecologico. La studiosa e traduttrice Monica Longobardi cita Antonio Prete, critico letterario, scrittore e traduttore, in un appassionato dialogo con il professore Matteo Rivoira e lo scrittore occitano Joan Ganhaire. Ganhaire ci racconta di una “lingua maledetta” e delle sottili connessioni con il suo sguardo dentro i corpi delle persone, nel profondo degli organi. Ci racconta di un destino biologico, di emarginati e di malati, ci racconta del legame tra il suo passato professionale di medico e i suoi personaggi letterari e della principale qualità che un medico e un uomo, secondo lui, dovrebbe possedere: la compassione. Jaume Cabré, un altro grande scrittore, uno dei pilastri della letteratura catalana contemporanea, confida che avrebbe voluto essere musicista e che la musica per lui è assolutamente rilevante nel processo creativo, ricorrente nella struttura e nel tema dei suoi libri. Ci dice che l'anima della scrittura è nella propria lingua e a coloro che gli domandano perché non scriva in spagnolo lui risponde sempre e semplicemente che non capiscono.
Siamo nel mezzo del Premio Ostana, il festival delle scritture in lingua madre, alla sua XIII edizione nella speciale veste on-line, a causa delle restrizioni dovute ancora alla pandemia, ma all'insegna della condivisione, partatge in occitano. Ha incrociato il Premio la Giornata Mondiale dell'Ambiente, il 5 giugno, stessa data che per la minoranza linguistica occitana di Guardia Piemontese, in provincia di Cosenza, rappresenta anche la Giornata della Memoria, da quando nel 1561 tale comunità ha subito una sanguinosa e crudele repressione in quanto protestante di rito valdese, come hanno raccontato i guardioli Gabriella Sconosciuto e Francesco Treviso in uno dei tanti collegamenti in diretta durante il Premio.
Vi è un sottile filo conduttore che connette il Premio e i suoi ospiti all'ambiente, ai territori e alle rispettive lingue e culture che nelle differenze condividono problematiche e riflessioni e una sorta di casa comune. Un discorso ecologico dunque, un ecosistema da difendere, conoscere e in primis riconoscere per legittimarne i diritti e comprendere l'importante contributo che ogni lingua, nel proprio ecosistema, apporta alla varietà culturale e cura del territorio che vive. Una casa, la propria per ogni cultura linguistica, che troppe volte è stata profanata e perseguitata da una cultura altra, egemone e violenta. Così apprendiamo nelle toccanti conversazioni con “Chi” Suwichan Phattanaphraiwan, attivista Karen per la cultura e l'ambiente di lingua Pgaz k'Nyau, del nord della Thailandia al confine con la Birmania, che a scuola è d'obbligo parlare solo in thai e i bambini alla nascita devono essere registrati con nomi esclusivamente thailandesi, negando in questo modo la possibilità di chiamarsi e riconoscersi, minando all'origine del ciclo generazionale una cultura. La stessa storia si ripete e accomuna la maggior parte delle minoranze linguistiche del mondo. È stata raccontata anche dagli affascinanti interventi di due straordinari esponenti della cultura Navajo, considerata la più poetica delle lingue dei nativi americani: Luci Tapahonso, poetessa, e Walter Phelps, uno tra i principali rappresentanti politici Navajo. Essi ricordano di come i bambini di questa cultura dovessero parlare in segreto nelle scuole per non essere puniti dagli educatori della cultura dominante. Si è anche appreso però che quella stessa lingua “segreta” ha contribuito a portare pace nel mondo utilizzata come codice durante la II Guerra Mondiale e i Navajo ci insegnano che “il sacro inizia sulla punta della tua lingua”. Una sorta di riscatto lo racconta anche “Chi” Suwichan Phattanaphraiwan, quando testimonia una meravigliosa esperienza di solidarietà tra pescatori del sud della Thailandia e contadini di riso del nord che si organizzano in un progetto di scambio e baratto per far fronte alla carestia trascinata dalla pandemia e di come il recupero di un antico strumento musicale tradizionale abbia trasformato il suono in rinascita culturale.
In questa edizione molto si è parlato di diritti e di questioni politiche con interessanti interventi che hanno contribuito a una riflessione da più prospettive. Una voce corale per una pace tra le lingue. Lingue tagliate, come la complessa questione legislativa Francese di cui ha cercato di fare chiarezza il giornalista di France 3 Bretagne, Rónán Hirrien. L'attivismo concreto di Davyth Hicks, esperto nella rappresentazione delle lingue meno diffuse d’Europa di fronte alle istituzioni dell’UE e fondatore della ONG europea ELEN (European Language Equality Network) e Oliver Loode, attivista delle popolazioni indigene e difensore dei popoli e delle lingue uraliche, che hanno evidenziato i motivi per cui è essenziale agire e far sentire la voce dei popoli non rappresentati: “abbiamo bisogno dell'uso sociale delle lingue” hanno ribadito, e ancora: “abbiamo giovani che sono stati nelle scuole di immersione, ma manca l'uso sociale e una legislazione linguistica”. Molto lavoro ancora da fare, ma non mancano le proposte e le iniziative.
Si è evidenziato un interessante intreccio tra legislazioni e ambiente. Si declina durante il Premio, costantemente e in modi differenti, il tema dell'ecologia. Ad esempio con Pirita Näkkäläjärvi, attivista della cultura Sami e politica, e l’avvocato Oula-Antti Labba: “il vivere tradizionale è una sorta di dominio naturale che utilizza le lingue Sámi e, viceversa, le lingue Sámi sono portatrici della cultura. Quindi c’è un’interdipendenza e molte volte utilizziamo le lingue Sámi come uno degli argomenti per proteggere la nostra terra e per proteggere il nostro stile di vita tradizionale... Spesso questo legame è perduto e le persone non comprendono cosa abbia a che fare lo stile di vita con le lingue, ma per noi c’è un legame diretto, dal momento che è l’ambiente tradizionale il luogo nel quale si utilizza la lingua e nel quale le generazioni successive imparano facendo... c’è un legame veramente molto stretto”.
Ambiente è anche milieu culturale nella situazione sociolinguistica capoverdiana, studiata dalla giovane antropologa Maria Isabel Lemos, in cui “si conferma un passato di sfruttamento coloniale e continua a essere segnata da una forte disglossia che riflette le situazioni di potere in atto: la lingua madre nei contesti non istituzionali mentre rimane idioma ufficiale il portoghese”.
L'ambiente e il milieu culturale hanno caratterizzato anche le importanti riflessioni delle sociolinguiste Maite Puigdevall, cilena, e Macarena Dehnhardt, catalana, che indagano sulla frontiera fra migrazione e identità, fra integrazione e qualità della vita.
Come sempre avviene nel Premio Ostana molto spazio è dedicato alla dimensione estetica e creativa, altra via possibile e necessaria per dare linfa vitale a questo variegato mondo linguistico e culturale. Portare messaggi diretti attraverso altre forme, attraverso il mezzo cinematografico, la pittura, la musica, la meditazione.
Profondi messaggi sono arrivati dalla cinematografia di Fredo Valla con Bogre, il film-documentario che racconta del catarismo in chiave europea, insieme al giornalista Pietro Spirito, gli studiosi Enrico Riparelli e Francesco Zambon e il musicista Gerard Zuchetto. Pietro Spirito ha sottolineato che “noi siamo la nostra storia, ciascuno di noi è la nostra storia. La vicenda raccontata da Fredo propone una riflessione sulla libertà di pensiero: l'eretico è quello che ha il dovere di scegliere secondo la propria coscienza”.
Di libertà si parla anche in un altro film-documentario offerto in questa edizione e presentato dai registi Paolo Carboni e Marco Antonio Pani: Capo e Croce. Le ragioni dei pastori.
Attraverso le ragioni dei pastori e la loro realtà quotidiana si indagano le origini della grande protesta che nel 2010 porta migliaia di pastori provenienti da ogni parte della Sardegna a riunirsi nel Movimento Pastori Sardi, un film in lingua madre.
Un forte messaggio dall'intensa finalità didattica è arrivato dallo spettacolo musicale Dante Trobaire e le Trobairitz e Dante, promosso dal Premio stesso e ad opera delle musiciste Paola Bertello e Cecilia Lasagno: “questa lingua è la più nobile, l'altra l'artificiale, dice Dante a proposito delle lingue madri, quelle parlate in casa, che per prima apprendono i bambini”.
Le ragioni della dimensione estetica sono state oggetto di riflessione con l'esperienza del militante ladino Fabio Chiocchetti e il suo lavoro per “tornare alla dimensione emozionale della lingua”
attraverso musica e spettacoli in un intersezione tra “la forza della tradizione popolare orale e la nuova creatività produttiva in ambito colto”.
Creatività ed estetica sono state indagate e soprattutto condivise con l'esperimento del siriano Ammar Obeid in cui attraverso meditazione e sogno cerca di far emergere dall'inconscio dei partecipanti simboli e alfabeti linguistici. Un'idea, ci dice, che nasce dopo aver imparato tre lingue in situazioni terribili: dalla guerra in Siria all'esperienza di richiedente asilo politico in Germania.
Ritorna il legame con l'ambiente anche nella dimensione estetica nell'incontro curato dal CIRDOC (Institut occitan de cultura) con gli artisti Joan-Carles Codèrc, Florença Faure-Brac e Robin Chouleur uniti dal legame tra protezione della propria lingua madre e protezione della natura.
E di terra e di cultura risuona la musica del giovane gruppo musicale arbëreshe SHEGA che idealmente riunisce il proprio territorio, frammentato e sparso da un'antica diaspora, e si pongono come un ponte che collega la varietà e la moltitudine, di cui la propria cultura di fonda, alla nostra contemporaneità.
Il simbolo del ponte e di una moltitudine unita è anche l'essenza del Premio Ostana: connettere realtà che condividono, in fondo, una causa e una casa comune.
I tre giorni di quest'ultima edizione, dal 4 al 5 giugno, sono stati giorni intensi, carichi di parole, suoni e significati. Il successo di pubblico, nel seguire le dirette, nelle visualizzazioni delle registrazioni rese disponibili subito dopo e nei messaggi con i social network è stato straordinario.
Il Premio Ostana si pone come importante riferimento sulla tutela, diffusione e riflessione sui diritti delle lingue minoritarie ed indigene. Un evento di risonanza internazionale che coinvolge potenzialmente le lingue del mondo, un luogo reale e virtuale in grado di connettere realtà differenti ma che condividono una casa e una causa comune: un ambiente culturale e naturale che chiede con forza il diritto all'esistenza, limitando conflitti e aspirando all'armonia.
commenta