Nato nel 1975 e vive a Nimes. Docente di provenzale di arti visuali a Orange, si occupa di lettere moderne, lingua d’oc e cinema. Scrive testi per la cantante Liza l’Occitana come Solèu Roge, premio del pubblico 2006 durante l’Eurovisione delle Lengas Minoritàrias.
La sua raccolta di novelle Esperit de Sau (edizioni L’Aucèu Libre), vincitrice del premio per la narrazione nel 2014 in Val d’Aran, è un omaggio autobiografico e fantastico alla città medievale di Aigues-Mortes, mentre Joseta Kroner (l’Aucèu Libre, 2017), scritto in comunione con i lettori che hanno partecipato alla sua creazione su internet, è un romanzo parodistico e comico sull’ambiente del cinema.
Di Sus lei Piadas de l’Absenta (edicions Atelier Baie, 2016), volume fotografico di Stéphane Barbier dedicato a Nimes, Matthieu Poitavin è autore dei testi. Attraverso i luoghi della città della sua infanzia, lo scrittore s’interroga sull’identità dell’uomo, facendo trasparire l’eco del suo amore per un’occitanità che pare perduta.
Obiettivo di Poitavin è trovare il lettore del futuro e proporgli una linea chiara, dunque attraversare i generi nella lingua d’oggi per aprirsi al mondo che ci circonda: “La prosa che voglio è ispirata alla cultura pop: una scrittura semplice, veloce, narrativa. Nessun confine di generi. Io stesso ho esplorato nuovi equilibri fra il fantastico per i bambini, la fotografia, la scrittura di testi per una cantante (il mestiere di paroliere è affascinante), le escursioni nel popolare...
Ed è paradossale: una scrittura più classica è buona sia per i testi di una mostra fotografica quanto per raccontare le ferite del tempo che passa”.
Motivazione
La letteratura occitana del ventesimo secolo è caratterizzata dai grandi nomi di Robert Lafont, Bernard Manciet, Max Rouquette, Jean Boudou... Questo nuovo secolo ne assicura la continuità con l’opera di scrittori già riconosciuti, ma anche attraverso le voci più giovani che vogliono e sanno farsi ascoltare.
Matthieu Poitavin è tra questi. Nel decimo anno del Premio Ostana questo riconoscimento al suo nome e al suo lavoro sono un segno di ottimismo e di apprezzamento verso una nuova letteratura occitana capace di sperimentare nuovi linguaggi, nuove esperienze artistiche, e di vivere appieno la contemporaneità.
ANTOLOGIA - Testo italiano
Una marionetta – capitolo 9
da Esperit de sau / Esprit de sel (Spirito di sale)
Ed. L’Aucèu libre
Un personaggio di carne e di legno. Un tronco che parla. Data la densità del testo, è un libro : e dunque una storia vera. Vorrei essere quella marionetta che parla, quel tipico delinquente che oggi assomiglia a uno studente monello che bisogna redarguire, che fugge e se ne infischia della scuola, che ha il naso che s’allunga quando non dice il vero.
Imparo la parola “menzogna”. Apprendere un libro è apprendere la vita. Non sono mai uscito dalla mia stanza verde, ma questo burattino realista viaggia per me. Una magnifica Odissea in un’Italia povera (il paese dei cannelloni e del tiramisù, papà lo dice perché me ne ricordi). Un periplo fino al mare, in fondo alla pancia della balena-draghessa. Ma, intanto, ogni sera mi chiedo: perché Pinocchio agisce così male? E perchè, allora, voglio esserlo io? Segretamente, quella marionetta mi trasporta in un mondo di giochi, di incontri con volpi e gatti parlanti, di buone e cattive frequentazioni, una fata azzurra in un mondo di divertimenti dove spuntano orecchie d’asino grandi come quelle delle pareti. Vi sono qui due mondi nel sentire, alquanto manichei. Il mondo del male è attraente. E se ciò mi tenta, altrettanto mi fa tremare.
Ascolto voracemente mio padre. Vive ogni personaggio, si ferma e indispettisce i miei capelli di paglia, con la sua mano forte, i miei capelli elettrizzati dal suo grosso pullover di lana invernale e dall’entusiasmo per la storia. Resiste al bacio per non rompere il ritmo. Mio padre, che pudico osserva le mie reazioni, i suoi occhi brillano come stelle. Lo guardo a bocca aperta, gli occhi tesi alle immagini. Deglutisco, devo assorbire le parole. E quando il capitolo finisce ho sempre il desiderio d’inghiottirne un’altro. Il mio maestro-lettore non cede. Rispetta la sua regola: lasciare sempre un sentore d’incompiuto, non coricarsi a pancia piena. Mantenere la suspense. Riuscirà Pinocchio a scappare dal maestro delle marionette? Saprà ascoltare la fata azzurra senza essere celiare? Vorrà consolare l’affanno di suo padre, che non può fornirgli la necessaria educazione?
Prima di dormire non penso che a questo. Il bambino che sono, scoprendo nel pieno il romanzo, mormora fra sé: questo libro è senza fine, è un libro fitto di pagine! Vedrò il personaggio di legno crescere, farsi ragazzo? Di legno, o di carne? E si sposerà? Voglio che venga da me. Voglio un compagno. Amo talmente stare da solo che mi sorprende questo sentimento. Se Pinocchio venisse a vivere qui potrei andare a spasso con lui. Pensa. Il mio voto che si realizza. Avrei un fratello. A scuola di certo l’invidia di tutti. Farei lo spaccamonti. Io, che non invito mai nessuno, che sono così tranquillo da solo, egoista e selvaggio, voglio un Pinocchio.
Traduzione a cura di Peyre Anghilante
Da "Sus les piadas de l’absenta”
Ed. Atelier Baie Editori
Fermata
Il treno che si ferma alla stazione di Nimes mi obbliga ad uscire. Il capo stazione me lo accerta: un incidente ci impedisce di proseguire fino a Orange, dove finisce il mio viaggio. Mi consumo. Con dubbi e timori devo ritrovare la città romana della mia infanzia.
Non le sono molto amico. Ci sono nato senza affetto. Serbo il ricordo di una famiglia di cioccolatai che tribola e cade come foglie, poco a poco, come sabbia in un’arena, in quella dimora d’infanzia felice divenuta dimora di lutto. Quell’orrendo casolare del Mas dau Diable. Non v’è dubbio. Non per niente porta quel nome. Mas dau Diable. No. Lassù. Perso fra le altezze.
Non ci tornerò più.
Via Bonfa
Come un baleno nella foresta dei ricordi, vedo il luogo: via Bonfa, dove la nonna scende a comprare del pane. Una strada è curiosamente in pendenza per sua schiena ricurva.
Luce
Poso, ebbro di calore, la valigia all’albergo. Ma non mi barrico. Esco. Senza mappe. La città mi sfugge. È una ricerca sensitiva. Il sole mi sussurra:
«Seguirai prima i sentieri dell’acqua...». Illumina il mio viso bruno di camarghese. Sentieri d’acqua?
«Certamente!» Risponde il sole. sentiero illogico. Ascolto quella voce divina. Seguo i liquidi labirinti. Quelli ispirati segretamente dalla lingua d’oc. Nimes riprende vita. Ricordi e voci si mescolano.
Traduzione a cura di Peyre Anghilante
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