I Mazatechi sono una popolazione del Messico meridionale di circa 250.000 persone. Vivono per lo più al nord dello stato di Oaxaca, ma anche in alcune regioni limitrofe degli stati di Puebla e di Veracruz, e parlano una lingua della grande famiglia Oto-Mangue. I Mazatechi conservano gelosamente le tradizioni culturali e le pratiche linguistiche, che si manifestano nell’ambito di situazioni cerimoniali ed eventi sociali, sotto forma di generi diversi della letteratura orale locale. Tramite questa letteratura orale e cerimoniale, i Mazatechi danno continuità ai loro valori, saperi e rappresentazioni del mondo e da questi generi orali scaturiscono modalità di creatività verbale.
È dunque in tale ambito che sta prendendo forma la loro letteratura scritta. Questa dà continuità ai valori linguistico-estetici dell’oralità, a modi specifici di narrare e di versificare. I principali generi orali sono: éhen chijnie, un genere cerimoniale con cui si intercede dal profano al sacro, én xcha, attraverso cui si spiega l’origine del mondo, degli umani, degli animali e delle cose, én kjan “parole per intrattenere”, dove abbondano le comparazioni giocose e l’ironia, e én kjuabotixoma, dove si aggruppano le norme e gli insegnamenti che si trasmettono alle nuove generazioni anche in pubblico, oltre che in privato. Sulla base di questi principali generi la letteratura mazateca si rinnova costantemente e i vari generi si costruiscono e ri-costruiscono con molta rapidità, arricchendosi e adattandosi alle nuove esigenze comunicative e ai nuovi orizzonti sociali.
Juan Gregorio Regino (1962), nato e cresciuto nell’ambito del popolo mazateco dello stato di Oaxaca, è scrittore conosciuto in Messico ed anche all’estero. Ha pubblicato due libri di poesia in mazateco con traduzione in spagnolo a fronte: Tatsjejin nga kjaboya “Non è eterna la morte”, e Ngata’ara Stsehe “Che continui a piovere”. Oltre che in spagnolo, parte della sua produzione poetica è stata tradotta in inglese, francese, portoghese, serbo, ungherese e catalano. Vari intellettuali di diversi paesi, come Eliot Weinberger, Jerome Rothenberg, Miguél León-Portilla, Carlos Montemayor, Earl Shorris, Philippe Ollé-Laprune, Elvira Dolores Maison, Donald Frischmann, Ramón Torrents e Ricardo Yáñez, hanno scritto sulla sua opera.
Ha tradotto in mazateco una scelta di scritti di Otavio Paz (Premio Nobel) per la casa editrice Artes de México (2016). Ha scritto saggi su letterature indigene e più specificamente sulla letteratura mazateca, pubblicati su diverse riviste nazionali e internazionali.
Le sue poesie fanno parte di diciassette diverse antologie, in cui sono riuniti scritti, in poesia e prosa, di scrittori come Juan Rulfo,
Inés Arredondo, Elsa Cross e Álvaro Mutis. In Spagna, Francia, Serbia, Brasile, Argentina, Ungheria, Cuba, Colombia, Stati Uniti, le sue poesie sono conosciute e lette. Nel 1996 ha vinto il prestigioso premio Nezahualcóyotl per letterature in lingue indigene, promosso dal Consiglio Nazionale per la Cultura e le Arti del Messico.
Nell’ambito educativo ha collaborato come autore al libro di testo di distribuzione gratuita in lingua mazateca di San Pedro Ixcatlán della Segreteria di Educazione Pubblica. Ha collaborato, inoltre, all’elaborazione dell’alfabeto mazateco per le varietà linguistiche della regione bassa.
La sua poesia ha radici nella tradizione orale tuttora ben presente nella cultura mazateca, in cui Juan Gregorio ha scavato, avvalendosi della memoria comunitaria, per trovare nuovi percorsi per quella che chiama “oralitura”, concetto che ha elaborato per organizzare gruppi di lavoro (promossi dalla Direzione generale di Culture Popolari, dove ha lavorato del 2010 al 2016) sulla poesia orale, e sulla narrazione grafica, per diverse lingue indigene del Messico.
Nel giugno 2016 è stato chiamato all’Accademia Messicana della lingua, come membro corrispondente da Oaxaca. Dal 16 gennaio 2017 ha assunto la carica di Direttore generale dell’Istituto Nazionale delle Lingue Indigene.
Motivazione
Il premio viene conferito a Juan Gregorio Regino in quanto innovatore e, di fatto, fondatore della poesia Mazateca scritta. Infatti, la sua poesia può e deve essere apprezzata oltre che per la sua intrinseca qualità, per il valore aggiunto che ogni sua composizione acquisisce nelle performances orali, dove si evidenzia il complesso gioco dei toni della lingua mazateca. È fondamentale, tenere in conto anche il contesto storico-culturale in cui la scrittura dell’Autore si realizza. Per un poeta le cui origini linguistiche e stilistiche si trovano in una lingua dalla complessa struttura tonale, e in un insieme di generi già precostituiti, l’adozione della comunicazione creativa scritta rappresenta un passo doppiamente forte: la scrittura infatti non può convogliare la complessità formale ed estetica di una lingua tonale, costituendo, dunque, in questa prospettiva una perdita del valore intrinseco della lingua stessa (sarebbe come se noi passassimo a scrivere in una varietà dell’italiano in cui sia proibito avvalerci delle cinque vocali grafiche, ma solo di tre); in secondo luogo, la composizione di versi dalle varie forme e contenuti rappresenta una salto di assoluta innovazione rispetto ai generi verbali-poetici preesistenti, qualcosa di simile a quello che è avvenuto nella storia della nostra tradizione poetica con il passaggio dalla versificazione tradizionale (in terzine, in sonetti, o in endecasillabi organizzati in “ottava rima”, con schema compositivo come AB AB AB CC) alla versificazione, o alla metrica, “libera”, come quella adottata da poeti del primo ’900, come Gabriele D’Annunzio (ad es. in La pioggia nel pineto).
Non può però non essere apprezzata nella sua pienezza senza tenere in conto il suo valore di vigorosa continuità scritta in relazione ai generi della letteratura orale mazateca, che sono parte centrale delle celebrazioni e dei rituali, dell’insegnamento ai giovani, dell’intrattenimento giocoso.
ANTOLOGIA - TESTO ITALIANO
Il Cielo cambia il suo azzurro
Non è invano il giorno,
il cielo cambia il suo azzurro.
Le figure scritte nel cielo
si spargono, ci dicono già
il racconto del nostro vagare.
Le foglie e i semi caduti
mentre faceva tempesta ricrescono:
si cavano precipizi,
germogliano le foglie e gli amaranti
che van su verso l’infinito.
Pazienta nell’ascoltare la voce
di coloro che sono nell’oblio.
Non ne vuoi sapere, tu
delle lettere, e le disprezzi.
Il parlato che sorse con il sole
non perde la sua forza
richiamando il suo spazio nel cielo e nei libri.
Segui le mie parole, ascoltami;
giorno dopo giorno ho raccolto la tua verità,
le conosco, mentre tu
la mia non conosci.
Guardiani della terra
Sotto forme umane vagano
nella notte solitaria.
Cavalieri su dorati cavalli
che si portano via spiriti ingenui.
Guardiani della terra
raccolgono tributi.
Occhi della luna
vigilano nella notte.
Riflessi di stelle
illuminano il cielo.
Ombre del mondo
spiano la terra.
Se ne vanno dal mondo quando
le ombre si vestono a lutto.
Sono i signori della notte.
Sono i signori del silenzio.
Non è eterna la morte
Non è eterna la morte
spiriti miei che scendono dal cielo
Sento presenze qui nell’imperfetto
dove noi che abbiamo vita siamo morti,
e son morti coloro che hanno vita.
Viviamo un giorno festoso
sfuggendo per un attimo la morte,
per un solo momento aggrappati alla vita.
Condividete pure la nostra mensa,
mangiate i nostri frutti e beveteli,
poi danziamo con la morte
che si occulta in ogni maschera.
Spiriti vivi.
Spiriti morti.
È questa la nostra festa,
per un istante mostriamo i nostri mondi.
Un cuore noi abbiamo, e voi anche.
In questa vita che non è eterna.
In questa morte che non è eterna.
Chiamami
Chiamami, quando sentirai che il soffio
della fredda notte e solitaria ti denuda
o quando il silenzio baci la tua bocca
riempiendola d’inquietudine, chiamami.
So denudare la solitudine
in mille forme, belle, riempiendo la notte
vibrante di carezze appassionate.
Stendermi con sogni infedeli
silenti alla luce del giorno.
Chiamami, solo un istante della mia vita basterà
per rendere eterna la gioia di sapere che esisti.
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