Sesta edizione per il Premio Ostana.
“Scritture in lingua madre ” è ormai molto più di un Premio.
Forse bisognerebbe cominciare a chiamarlo con il nome che merita.
Perché i tre giorni di varia umanità e di letteratura che si vivono tra le borgate del piccolo e affascinante comune della Valle Po, noto per le sue architetture in armonia con l’ambiente alpino e per la sua magica visione sul Monviso, sono davvero diventati un’occasione imperdibile.
Merito di una formula, messa a punto dopo la prima edizione affidata al Premio Grinzane, che è risultata vincente non solo per le categorie dei premi (Speciale; Internazionale; Nazionale; Giovani; per la lingua occitana; per la traduzione), quanto per il fatto di aver saputo creare una simbiosi creativa tra il pubblico e gli autori, messi a contatto diretto in una relazione che finisce con l’essere empatica: alla fine, nonostante la brevità della frequentazione si finisce con il sentirsi amici.
E poi le emozioni, scintille che nella cerimonia finale si accendono come d’incanto, proprio per quel che è stato prima. Perché negli scrittori premiati sembra, a quel punto, scattare quasi un naturale moto d’istinto che si fa regalo, un dono di sè che va oltre la scrittura.
Si ricorda un Gavino Ledda alla fisarmonica, emozionato interprete delle canzoni raccolte in Padre padrone, piuttosto che lo scrittore maori Witi Ihimaera (la cui opera ha ispirato il noto film La ragazza delle balene, per intenderci) eseguire una haka, l’ancestrale danza tribale del suo popolo nativo dell’Oceania.
Quest’anno è toccato a Lance David Henson, nativo Cheyenne, una delle grandi voci della letteratura americana contemporanea, cui è andato il Premio internazionale.
Sulle note di Fiume Sand Creek di Fabrizio De Andrè ha regalato a tutti i convenuti una benedizione rituale, attinta dall’ancestrale tradizione del suo popolo per il periodo del solstizio estivo. E mentre il fumo generato dalle erbe sacre bruciate in un improvvisato braciere di carta stagnola veniva diffuso da Lance con il suo strumento fatto di penne del corvo imperiale, una concentrata commozione cominciava a farsi strada tra i partecipanti, per raggiungere il culmine nel momento delle parole a volte appena sussurrate, ma pronunciate con forza, che hanno raccontato l’esperienza di vita di un discendente di una donna uccisa nel massacro di Wuonded Knee.
E poi le sue poesie... Un crescendo emotivo che è stato capace di smuovere la parte più profonda e comunemente intima di ognuno, parlando con il cuore in mano di tradizione e di memoria. L’alchimia si è fatta canto, versi cesellati sui ricordi ancestrali delle sue laceranti perdite, a cominciare da una madre imprigionata e torturata, del suo impegno di attivista per i diritti dei nativi d’America, fino alla scelta del “mestiere” di poeta, passando attraverso l’amorevole cura dei nonni che lo hanno saputo sintonizzare sulle onde delle sue origini identitarie.
Ma la commozione ha allargato le sue onde nel momento in cui il Premio ha ricordato Franco Marchetta, scomparso da pochi giorni, divorato da una malattia tanto improvvisa quanto devastante. A ricordarlo, il video di uno dei suoi ultimi interventi a difesa della “sua” lingua friulana come di tutte le lingue madri; poi il momento di raccoglimento sulle note di Se chanta e infine la testimonianza toccante, delicatamente forte, dei figli Gloria e Gianmaria.
Il Premio Speciale a Marcel Courthiade ci ha ricordato la promessa, mai mantenuta, del Parlamento italiano che al momento della promulgazione della legge 482 si impegnava a occuparsi al più presto possibile della lingua dei Rrom, non territorialmente individuabile. Marcel ci ha fatto capire l’importanza della lingua Rromani e ci ha illustrato l’impegno pluridecennale per la sua salvaguardia, sino alla realizzazione del primo portale in questa lingua minorizzata. Non solo ma è emersa la lunga e singolare storia del popolo Rrom, dalle ricche tradizioni strenuamente difese. Un popolo orgoglioso e fiero della sua alterità, sempre più in difficoltà nel confronto con i modelli di sviluppo più diffusi. Un popolo perseguitato sino ad essere ricompreso nello sterminio scientificamente programmato del nazifascismo, e ancor oggi colpevolmente poco tollerato in vaste parti d’Europa. Conoscerne storia, memoria, cultura e civiltà sarà il modo per apprezzarne il contributo alla diversità culturale e in questo modo accoglierlo con gioia, senza più pregiudizi, nel nuovo progetto europeo dei popoli.
L’importanza del ruolo e della funzione del traduttore è stata ben rappresentata con il premio andato al maltese Anthony “Toni” Aquilina, mentre l’attiva editoria occitana ha visto premiata, quest’anno, la provenzale Danielle Julien, figlia d’arte, narratrice che non trascura l’impegno per la letteratura d’infanzia, seminando così buone tracce di lingua madre nelle terre d’Oc.
Che dire infine del giovane, ma già letterariamente affermato, scrittore romancio Arno Camenisch?
Spesso ci si sofferma sull’importanza del suono delle lingue: le sonorità diventano sintonie - si dice - spesso armonie, che catturano prima ancora del significato delle parole. Ebbene Arno ne ha data dimostrazione pratica. Accompagnando con la mano, quasi fossero i gesti di un direttore d’orchestra, il suono che via via assumevano le parole delle sue composizioni, ha documentato dal vivo che il miracolo di trasferire i suoni dell’oralità nella pagina scritta è possibile. E tutti sono rimasti appesi a quelle note distillate in lingua romancia.
Da questa sommaria cronaca avrete compreso che il Premio Ostana non è affatto un premio letterario qualsiasi.
Intanto perché non ha giurie, ma è a inviti.
Poi perchè va oltre le paludate cerimonie che, in ogni caso, segnano quasi sempre un profondo distacco tra pubblico e premiati.
Si è, una volta di più, apprezzata la ricchezza delle lingue madri non solo per la loro capacità di esprimere i sentimenti profondi delle popolazioni che le parlano, ma anche per la penetrante commozione che sanno destare.
Nelle giornate del Premio ci sono parole e abbracci spontanei, commozioni e lacrime vere, e non soltanto in chi è tra il pubblico.
Ci si sente un tutt’uno nell’atmosfera che piano piano si crea - senza artificio alcuno, nè tantomeno forzature - tra passeggiate con gli autori, cene con baraonde poetiche e canti condivisi, possibilità di contatti e scambio di idee fuori da ogni convenzione e ritualità...
Si rispetta, a Ostana, per il Premio come nella vita quotidiana della comunità, il principio dell’autenticità, del desiderio di conoscere e di conoscersi.
Una sfida che ha la pretesa di diventare modello almeno per i nostri territori montani, che il senso di comunità e di mutuo soccorso lo hanno nel Dna.
Non si diventa ricchi, materialmente, con il Premio: una croce occitana d’oro e una scultura in vetrofusione dell’artista Silvio Vigliaturo, che ha intrappolato nel vetro l’aucelon dell’inno Occitano “Sa Chanta” insieme alla croce d’Occitania.
Per tutto questo, per le suggestioni uniche che il Premio Ostana sa dare, si sta già pensando a qualche novità per le prossime edizioni.
Sì, perché davvero “Scritture in lingua madre” è ormai molto più di un Premio...
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